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Dejan AjdaÄić
I riflessi del sonetto di Petrarca:
"Benedetto sia l’giorno.." nella poesia dei petrarchisti ragusei
Porta slava -
Cultura dei popoli slavi su Internet
Nei diversi periodi della storia della letteratura il rapporto nei confronti
dell'uso degli elementi delle opere degli altri autori non era costante, di
conseguenza, nella ricerca degli influssi e dei legami tra le opere d'arte è
necessario prendere in considerazione anche gli atteggiamenti specifici delle
diverse epoche nei confronti dell'autorità. Nel Rinascimento non soltanto era
permesso, ma era esemplare imitare grandi poeti riconosciuti. L'esempio per
tutti i poeti in lingua popolare era Francesco Petrarca, secondo il quale
un'intera serie di suoi successori e imitatori in Italia e fuori dall'Italia
prese il nome di petrarchisti.
Se si parla degli influssi del Petrarca sulle letterature scritte in lingua
straniera, bisogna includere anche le specificità che provengono dalla
corrispondenza dei mezzi espressivi, dall'inclusione e costruzione delle forme
specifiche e dalla formulazione della tradizione dentro la lingua che non è
italiana. Sulla vita letteraria di Ragusa e dei petrarchisti ragusei non si
possono applicare le concezioni moderne sulla traduzione e sugli influssi. I
poeti di allora, infatti, maggiormente non si adoperavano a tradurre le poesie,
ma usavano soltanto alcuni loro elementi. Nel presente contributo saranno illuminati
i riflessi del famoso sonetto di Petrarca Benedetto sia 'l giorno e 'l mese
e 'l anno nella poesia dei poeti rinascimentali ragusei - a partire dal
poeta ignoto e da Å iÅ¡ko MenÄetić, Džore Držić, Marin Držić, Nikola NaljeÅ¡ković,
Dinko Ranjina, come pure dei poeti del barocco - Dživo Bunić e Ignjat ÄurÄ‘ević.
I primi tra questi influssi possono essere datati nella seconda parte del XV
secolo. Nelle opere storico letterarie ha attirato la maggiore attenzione soltanto
il rifacimento di Å iÅ¡ko MenÄetić.
Nel suo contributo Il problema del sonetto nell'antica letteratura croata,
Svetozar Petrović scrive: La scelta del petrarchismo nelle letterature europee
prima del romanticismo, significò la scelta del sonetto, ma ha anche
auspicato che questa scelta non viene confermata anche presso i petrarchisti
di Ragusa e della Dalmazia. Non ci fu un sonetto di Petrarca che era parafrasato
o rifatto a forma di sonetto, e non lo fu neanche Benedetto sia. I sonetti
di Francesco Petrarca erano rifatti o parafrasati nelle altre forme letterarie.
Nel Canzoniere di Petrarca questa poesia è inclusa nella storia
dell'amore per Laura che è oggetto di numerose poesie di questa celebre
raccolta. Le poesie si intrecciano, si illuminano reciprocamente e si completano
costruendo un'immagine unica. Così I versi del terzo sonetto (Era il giorno
ch’al sol si scoloraro) nei quali si canta il giorno del primo incontro
del Venerdì Santo, giorno del dolore per la sofferenza del fattore, possono
essere legati al sessantunesimo sonetto che benedice il giorno in cui il poeta
fu legato dai due occhi della amata donna. Nelle raccolte dei nostri
petrarchisti le poesie nelle quali si riconoscono I riflessi e I frammenti del
sonetto di Petrarca sul giorno benedetto, generalmente parlando, non cantano un
solo amore, persino quando esistono alcuni cenni sul desiderio di esprimere il
romanzo d'amore. Così anche le allusioni riconoscibili non hanno quel
significato della dedizione a una donna come nel Petrarca. È certo che I
petrarchisti ragusei nella formazione delle poesie nelle quali si rispecchia uno
dei più celebri sonetti di Petrarca - Benedetto sia, hanno avuto nella
loro esperienza anche I versi dei loro predecessori petrarchisti che avevano
elaborato lo stesso motivo a loro modo.
Josip Torbarina, l'autore del libro Italian influence on the poets of the
Ragusan Republic, che fino ai nostri giorni è l'opera che di più
illumina questo oggetto e lo fa più dettagliatamente, ci rinvia ai versi
dell'autore sconosciuto che esistono nella prima edizione di Jagić, della collezione
Stari pisci hrvatski (Antichi scrittori croati), e non nella seconda,
edita da Milan Rešetar. Mentre nel Petrarca ogni verso inizia con l'epiteto
beato - nei quaternari benedetto, nelle terzine benedette - che alla poesia
nel suo insieme dà la ritmicità solenne, il poeta sconosciuto
nei due versi tre volte ripete l'epiteto beato, blažen, ma legandolo soltanto
all'amore vissuto come la sofferenza per l'amore negato: blaženi plaÄ i cvil,
ki prolih krozi te / Blažena boljezan, blaženi nepokoj (SPH II-1, str. 518).
I versi testimoniano che il poeta sconosciuto è già arrivato alla
contrazione ed alla pressione delle espressioni facendo già un contrasto
più forte tra quello che è beato e tra I propri sentimenti - mentre
lo stesso Petrarca parla ossimoricamente primo dolce affanno, il poeta
nello spirito della concezione dell'amore come malattia dice blažena boljezan
(beata malattia).
Gli studiosi delle varianti ragusee del sonetto di Petrarca sono stati maggiormente
attirati dallo strambotto di uno dei primi poeti ragusei, del nobile Å iÅ¡ko MenÄetić
(SPH II-2, 262). Frano ÄŒale scrive che MenÄetić si rivolge alla persona amata
nella seconda persona, che non manca di contenuto affettivo, e che Petrarca
non lo fa (solo che il suo sonetto forse anche per questo è armonico,
innico e classico). Questa poesia comincia con il distico:
Blaženi иas i hip najprvo kad sam ja
vidil tvoj obraz lip od koga slava sja. (MenÄetić 262, 1-2)
Nello stesso modo in cui tutte le strofe della poesia di Petrarca iniziano
con la parola beato, blažen, così tutti I distici di MenÄetić iniziano
con la stessa parola, naturalmente, nei vari generi e numeri, e si lega a Äas
i hip, Äas i vrime, boljezni, jed i vaj, vapinje, trak od uze ljuvene, ljepos.
Siccome I distici dodecasillabi sono degli insiemi completi, otto espressioni
poetiche hanno il ritmo simile, che in confronto al sonetto di Petrarca è
più varieggiato nella descrizione delle situazioni e delle idee poetiche.
Nella Storia della letteratura croata rinascimentale (Povijest hrvatske renesansne
književnosti (1983) Martin FraniÄević dice che la traduzione di MenÄetić
non è letteraria e aggiunge: Già nel primo verso invece del giorno
e del mese e dell'anno appare il nostro ‘Äas i hip’ rinascimentale che troveremo
spesso da Vidulić a Zlatarić.
Nel secondo distico, MenÄetić ritorna al primo verso della poesia di Petrarca,
benché con un altro significato, perché la sua specificazione del tempo non
serve alla fissazione del momento dell'incontro stesso, ma alla durata della
dedizione amorosa dopo l'incontro - dni, noći, godišta koja te slidih
(MenÄetić 262, 4). Nell'interpretazione di questo verso Marin FraniÄević auspica
che nel Petrarca non esiste la parola ‘sledeti’ e la interpreta come un nuovo
suono liutista. Tornando allo stesso inizio del sonetto del Canzoniere,
si può paragonare anche la formulazione poetica e il seguito prima graduato
nel crescendo delle lemme temporali (giorno, mese, anno) affinché il
poeta italiano continuando cominci a contrarre il tempo fino al momento stesso
dell'incontro - la stagione, e ’l tempo e ’l ora e ’l punto. MenÄetić
non effettua affatto queste estensioni e contrazioni temporali con le quali
si auspica l'unicità dell'incontro stesso in tutte le dimensioni temporali.
Il poeta al posto del mese dopo il giorno include le notti, mentre il punto
appare espresso nelle parole Blažen Äas i vrime najprvo kad Äuh. MenÄetić si
è allontanato di più dal Petrarca includendo l'idea edonista,
che si evidenzia nel modo più esemplare negli ultimi versi e con il distacco
totale dal modello italiano. Alla fine formata in un modo del tutto nuovo il
poeta ci rappresenta la beatitudine del desiderio accontentato Blažena ljepos
tva, blažena tva mlados, / pokli se meni darova za rados (MenÄetić 262, 13).
ÄŒale scrive: In fine bisogna dedicare l'attenzione alla riuscita fine della
poesia , a quei due graziosi versi che con la tenera, appena scoperta sensibilità
dimostrano la variante edonistica del petrarchismo di Šiško. Anche questo
esempio può testimoniare sull'allontanamento dei petrarchisti dalla poesia
del Petrarca, nonché su come i significati indicati, ma non espressi sono diventati
la parte integrante della tradizione petrarchista. Lo si può vedere in
particolar modo nelle poesie nelle quali si riconoscono I riflessi diretti dei
versi del Petrarca.
Nella raccolta di poesie di Džore Držić, anche lui promotore della poesia in
lingua popolare, nella sessantaseiesima poesia si trova il motivo della beatitudine.
Questa poesia non rappresenta il rifacimento o l'elaborazione, ma usa soltanto
l'epiteto caratteristico del sessantunesimo sonetto di Petrarca e della tradizione
petrarchista. Per Džore Držić beati sono la servitù, il destino (sud
oni i ures od zvizda), i tormenti e gorki uzdasi (amari sospiri)
, e lo stesso amante è beato, perché la fata l'ha accolto ljubeći vrh
svega. Benché sia più "timido" di MenÄetić, il poeta si domanda
se qualcuno veće blaženi na sviti / Može se od sreće kako ja diÄiti.
Oltre ai versi di questa poesia, nel canzoniere di Držić si riconoscono gli
elementi del sonetto di Petrarca nei versi intonati con tono antipetrarchista
nei quali, al posto dell'attributo beato incontriamo l'attributo dannato. Nella
cinquantottesima poesia si maledice brime i prvi stupaj, stril ki s tvoga
pogleda srce mi rani, il desiderio, così che nei motivi si possono
individuare maggiori similitudini con il sonetto di Petrarca, nel quale è
presente la fisiologia dell'amore di quell'epoca rappresentata poeticamente
con lo sguardo, con le saette e con il cuore. La dannazione del momento e dell'attimo,
degli occhi ed altro appare nei versi dell'autore sconosciuto (SPH II-2, 735,
3), di Nikola Nalješković (br. 35, 40) e di Horacije Mažibradić (19).
Tra I poeti ragusei Marino Darsa (Marin Držić) ha trasformato ancora di più
il motivo della beatitudine allo spirito del piacere. Questa trasformazione
non è stata del tutto difficile, perché la beatitudine non è lontana
dalla bellezza e dall'amore. Nella quarta poesia, cantata nello spirito pastorale,
Marin Držić chiama beata l'acqua gelida, l'erba e I fiori e l'albero che fa
onda alla persona amata, per arrivare al punto: Ma blažen zadosti komu da
dobra Äes / nje rajske liposti i rajski nje ures / u slatkoj ljubavi uživat
na travi (Marin Držić 4, 19-21). Simili a questi sono I versi dal dramma
pastorale di Držić di contenuto mitologico Venere e Adone - dove vengono
nominati beati vjeÄni raj, cvitak, zemlja blažena i trava zelena -
blažen je i pogled taj ki pozri tvoj ures (143) Blaženim vrh svih je
onaj komu u dar dala jes nje ljubav svoj ures (Marin Držić 5, 25-27).
La prima parte della ottantacinquesima poesia di Nikola Nalješković sviluppa
I motivi della beatitudine. Nalješković accanto a questo epiteto nomina soltanto
le sofferenze - dieci anni perduti, lacrime senza fine, notti insonni. L'amante
- poeta nomina se stesso beato perché le sue preghiere perché si riposi non
sono esaudite, perché la signora alla fine - è stata misericordiosa.
La beatitudine qui non è il ricordo al magico primo incontro, ma il premio
per la perseveranza e per le sofferenze nel calvario amoroso.
Nella canzone di Dominko Zlatarić Kad godir mjesto ja spomenem i vrime
si incontrano e intrecciano due sonetti di Petrarca: Benedetto sia...
e Quando mi vene inanzi il tempo e ’l loco. La beatitudine appare soltanto
in un verso O misto blaženo na saj svit, mentre nel cinquantatreesima poesia
si dice che beato è quello che brama - blažen je tko blidi želeći
nje dike (Zlatarić 53, 8). La solita figura blažen hip, blažen Äas
appare da Zlatarić in una lunga poesia (n. 85, 73).
Dinko Ranjina ritorna al sonetto di Petrarca indirettamente, tramite il petrarchista
italiano Bernardo Cappella. Josip Torbarina ha trovato che la decima poesia
di Ranjina è il rifacimento della poesia di Cappella il qiuale, seguendo
l'esempio del suo maestro Pietro Bembo, aveva preso due sonetti di Petrarca
- il tredicesimo (Quando fra l’altre donne ad ora ad ora) e il sessantunesimo
(Benedetto sia ’l giorno e ’l mese e l’anno) - e ne ha creato uno nuovo,
il suo sonetto Sara sempre da me donna lodato, che Ranjina ha tradotto letteralmente.
La poesia nella quale il motivo della beatitudine è più sviluppato
è la poesia centosettantaquattro di Ranjina nel cui elenco delle cose
beate si intrecciano diverse sensazioni di amore, qualche volta anche opposti.
FraniÄević dimostra come nei versi di Ranjina appaiono I sintagmi della poesia
di MenÄetić. Già nel primo verso ha suonato forte il rifacimento di MenÄetić.
Come una traccia particolare del poeta, l'autore esalta blaženu muku nerednu,
studenu sumnju i gluhu smrt.
È noto sia nella letteratura italiana che nelle altre letterature che
erano sotto l'influsso del Petrarca e del petrarchismo che quest'ultimo non
si esaurisce nel Rinascimento, ma che tramite la poetica manieristica continua
la sua vita anche nella poetica barocca. Così il sonetto Benedetto
sia ha avuto I suoi riflessi anche nella poesia barocca dei poeti ragusei.
Dživo Bunić "si ricorda" del sessantunesimo (61) sonetto con I versi
Blažen dan, hip i Äas u ki me postavi / pod tvoju slavnu vlas, moguća ljubavi.
Il poeta si rivolge all'Amore, dove esiste la vicinanza con l'evocazione del
Petrarca del beato arco e delle saette che l'hanno colpito, ma Bunić aggiunge,
nello spirito dell'abbellimento manieristico anche la seguente aggiunta:
Blažene tve strile, luk, trkaÄ blažen tvoj,
blažene tve sile, cvil i plaÄ, blažen moj (Bunić 21, 3-4)
e inoltre, Bunić nel quarto e nell'ultimo distico chiama la sua signora - l'unico
tesoro.
Nela terza egloga di Ignjat ÄurÄ‘ević, il poeta canta: Ah da si blažena,
o sladka ljubavi / od srca stravljena životu gizdavi, da bi potom blaženim nazvao
i bole i suze koje je prolio rekama.
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Il sonetto di Petrarca Benedetto sia ’l giorno e ’l mese e l’anno
ha molti riflessi nella poesia ragusea, prima di tutto quella rinascimentale.
Non c'è un poeta di questo periodo che abbia tradotto un sonetto di Petrarca
letteralmente, il fatto che per la concezione di allora dell'imitazione poetica
era del tutto comprensibile. Questa celebre poesia è entrata nella poesia di
Ragusa non soltanto tramite il Petrarca, ma anche tramite I suoi successori
italiani, e maggiormente nelle allusioni frammentarie nelle quali la parola
caratteristica benedetto si legava alla concezione petrarchista
dell'amore. Di conseguenza è possibile spiegare anche le manifestazioni
poetiche affini che non possono essere interpretate richiamandosi al sonetto
stesso di Petrarca, ma si possono interpretare con l'influsso dei petrarchisti
italiani, come pure della tradizione che si è formata nella lingua popolare e
nella quale I poeti susseguivano l'un l'altro.
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