Niccolò Tommaseo
Alla Dalmazia
Spregio o pietate alle superbe genti,
o poveretta mia, suona il tuo nome.
Siccome il braccio che, da corpo vivo,
mezzo reciso, dolorosa noia
spenzola, in te così la vita altrui
scarsa, o Dalmazia, e con dolor s'infonde
Serbica e Turca, ed Itala e Francese,
né ben d'altrui né tua ben fosti mai:
patria viva non ha chi di te nacque.
Ma se non mente al mio doglioso affetto
il ciel sereno, e negli aperti venti
libero il cedro, e l'odorata neve
dei mandorli affrettanti primavera;
vedrai, sincera mia, stagion più lieta.
Vedrai gl'ignudi poggi rivestirsi
d'irrigua selva e di feconde nubi:
selva nuotante i porti; e nube ratta
(respir di barche nella foga ansanti)
nel puro aere gettar nera favilla.
Siccome uccel che in lieta ombra di verde,
dopo lungo volar, cala e riposa;
tal, da Borea moventi o dall'Occaso,
volte alla calda luce d'Oriente,
sosta faranno a te navi e pensieri.
Né più tra 'l monte e il mar povero lembo
di terra e poche ignude isole sparte,
o patria mia, sarai; ma la rinata
Serbia (guerriera mano, e mite spirto),
e quanti capi, all'italo sorriso
nati, impaluda l'ottoman letargo,
teco una vita ed un voler faranno,
e darann'entro alle tue vene stanche
vigor novello. E tu, porgendo fida
la destra a Italia, ad Ellade la manca,
in sacre le unirai danze ed amplessi.
Forse che in te degl'inimici orgogli
svestan la mente e l'Unghero e il Germano,
ed a' petti ove il sol mesce più caldo
sangue ed amor, si sentano fratelli.
Ché in te, seconda Italia, Iddio compose,
Serbica stirpe, delle umane forme
e degli affetti le diverse tempre,
e mise in armonia gl'impeti e il senno:
lingua ti diè di giovanili ardiri
che in quante Europa suoni, orma maggiore
tien delle forti età quand'era il mondo
bambino al dubbio, e nell'amor gigante.
Soffri gli spregi e la miseria, e spera,
o poveretta mia. Mal nota sei,
ma la dimessa tua fronte non cinge
ladra ricchezza immonda, o gloria infame.
Nel volger dell'età sarai più grande,
ma più matura a' gran dolor' sarai.
Датум последње измене: 2008-01-27 12:50:54