Michele Lacko S. J.

Il metodo missionario dei SS. Cirillo e Metodio: la liturgia slava

 

PREFAZIONE

Prima di iniziare la missione presso i popoli slavi,(1) San Cirillo aveva già compiuto una missione presso gli Arabi della Mesopotamia,(2) e, insieme col suo fratello Metodio un altra presso i Chazari,(3) che nel secolo IX avevano formato un grande stato, dal basso Volga fino al Caucaso. Queste missioni, è vero, furono piuttosto ambasciate alla corte dei regnanti e di una durata limitata, ma ai Ss. fratelli Cirillo e Metodio offrirono l'ocasione di conoscere diverse nazioni, i loro costumi, e specialmente il fatto, che tutte le nazioni culturali d'Oriente avevano una propria scrittura per la propria lingua, e le nazioni cristiane inoltre se non già un rito speciale, almeno la liturgia nella propria lingua. La vita paleoslava di San Cirillo ci ha conservato alcuni passi della sua disputa a Venezia. A coloro che ammettevano solo tre lingue nella liturgia, San Cirillo ribadisce: « Noi conosciamo molte nazioni, che hanno la propria scrittura e che cantano lodi a Dio nella propria lingua, come per es. gli Armeni, Persiani (Caldei), Abasghi, Iberi (Georgiani), Sugdi, Goti, Avari, Tyrsi, Chazari, Arabi, Egiziani, Siri ed altri ».(4)

Un'altra circostanza doveva essere molto utile ai Ss. Cirillo e Metodio per la missione slava: già a casa, fin dalla loro giovinezza avevano imparato la lingua slava. E' vero, che intorno a Tessalonica si parlava il dialetto macedone, ma in quel tempo le diverse lingue slave cominciavano appena a differenziarsi dal ceppo comune, cioè dal paleoslavo.

L'imperatore Michele III inviandoli nella Grande Moravia, fra l'altro disse loro: « Voi siete Tessalonicesi, e tutti i Tessalonicesi parlano bene lo slavo ».(5)

 

SUL CAMPO MISSIONARIO NELLA GRANDE MORAVIA

La vita slava di San Cirilo riferisce: (6)« Quando arrivò in Moravia, Rastislao lo ricevette con grande onore. E subito radunò un manipolo di discepoli, glie li consegnò per essere istruiti. Ed egli si mise a tradurre i libri liturgici, e insegnò ai discepoli il matutino, le ore diurne, il vespro, il completorio(7) e la liturgia mistica(8) (cioè la liturgia eucaristica). E si aprirono, secondo quanto dice il profeta, gli orecchi dei sordi per ascoltare la parola della [Sacra] Scrittura, e la lingua dei balbuzienti si sciolse ».(9)

La Vita Italica ci fornisce qualche altro particolare: « Quando, coll'aiuto di Dio vennero in quel paese, gli abitanti avendo appreso il loro arrivo, si rallegrarono immensamente, specialmente udendo che portavano seco le reliquie di San Clemente, cd il Vangelo, tradotto nella loro lingua da [Cirillo] il Filosofo. Uscirono dunque dalla città per incontrarli, e li ricevettero con ingente letizia [I missionari] subito si diedero all'opera, per la quale erano venuti: istruire la gioventù nelle lettere, insegnare gli uffici ecclesiastici, e colla falce della loro eloquenza tagliare da quel popolo diversi errori trovativi, e dopo aver estirpato da quel campo molteplici spine dei vizi, seminare il seme della parola Divina ».(10)

In questi passi abbiamo brevemente espressi i principali elementi del metodo missionario dei Santi Cirillo e Metodio.

Essi sono:

  1. La predicazione della parola Divina
  2. L'istruzione della gioventù nelle lettere
  3. La liturgia in lingua slava vernacola
  4. L'educazione del clero indigeno
  5. Lo spirito di adattamento

 

1. LA PREDICAZIONE SACRA

Il primo elemento, cioè la predicazione del Vangelo, non è qualche cosa di speciale ai nostri missionari, ma comune a tutti i missionari. Qui è da rilevare soltanto, che le Vite paleoslave ascrivono certi errori o usi pagani, trovati da loro nella Grande Moravia, alla condiscendenza dei missionari germanici: per es. che essi permettevano matrimoni illegittimi, che tutti gli animali rettili venivano tenuti come creati dal diavolo, che per l'uccisione di un serpente venivano perdonati nove peccati ecc. Ma possiamo piuttoso pensare, che si trattasse di usi pagani molto radicati, e che i missionari germanici non poterono subito togliere. Fra queste

« empietà » è menzionata anche la credenza, che, sotto la terra vivono uomini con grandi teste, cioè gli antipodi. Quest'opinione, oggi a tutti noi evidente, fu probabilmente portata in Moravia dai missionari germanici, essendo stata insegnata già nel sec. VIII dal vescovo di Salisburgo Virgilio (754-784).(11)

 

2. L'ISTRUZIONE DELLA GIOVENTÙ

La seconda caratteristica: l'insegnamento della gioventù nelle lettere, in se non è qualche cosa di straordinario, perchè lo facevano e lo fanno anche gli altri missionari, ma qui l'insegnamento aveva un'importanza speciale. Si trattava di insegnare alla gioventù la scrittura slava da Cirillo stesso escogitata, detta poi glagolitica, così da poter leggere i primi testi tradotti in slavo. Siamo agli inizi della cultura slava.

La Vita di San Clemente di Ochrida ci descrive, come egli più tardi insegnava gli stessi primi elementi della cultura in Macedonia: « Egli, mentre agli uni spiegava la forma delle lettere, ed agli altri il loro significato, ai terzi prendendo la loro mano nella sua, faceva disegnare quelle lettere ». E' ben probabile, che Clemente abbia visto fare così il suo maestro Cirillo nella Moravia. E non era tanto facile imparare la scrittura glagolitica. Agli studiosi è noto, che quella scrittura è assai complicata, sicchè dopo alcuni decenni fu in Bulgaria sostituita dalla scrittura più semplice, detta poi impropriamente « cirillica ».

San Cirillo con questo suo lavoro diventò il fondatore e padre della cultura slava. Doveva cominciare proprio dal nulla; egli, una volta professore di filosofia nella più rinomata scuola superiore di Costantinopoli, ora doveva insegnare a scrivere, e leggere alla gioventù slava.

Questa eredità vive fino ad oggi. La stessa scrittura glagolitica è in uso in Croazia fino ai nostri giorni, nei libri liturgici di rito romano-slavo. Benchè l'ultima edizione del messale romano-slavo, stampata a Roma nel 1927 fu trascritta in caratteri latini, ci sono ancora sacerdoti i quali usano i messali stampati in carateri glagolitici. La scrittura detta cirillica poi, è comunemente usata dagli Slavi di rito bizantino, e benchè essa non sia opera di San Cirillo, fu fatta dai suoi discepoli.

 

3. LA LITURGIA SLAVA

Tuttavia la nota più importante del metodo missionario cirillometodiano è senza dubbio la introduzione della lingua slava vernacola nella liturgia. Ciò si deve all'ingenio e allo zelo apostolico di San Cirillo. Benchè i Greci celebrassero la liturgia nella loro lingua, non erano molto propensi a concedere lo stesso privilegio agli Slavi stabilitisi sul territorio dell'Impero d'Oriente. Ma Cirillo, che aveva visto, come quasi tutte le nazioni di Oriente avevano la liturgia nella propria lingua, voleva dare la stessa prerogativa anche agli Slavi. La liturgia doveva essere uno strumento di insegnamento e di catechesi continuo e ciò può essere solo se è capita dal popolo.

Da parte dell'Imperatore e del Patriarca bizantino non vi furono molte difficoltà, dato che gli Slavi della Grande Moravia si trovavano fuori dell'impero bizantino. Per farsi bene accetti e graditi i missionari bizantini vollero portare con se qualche cosa di attraente e utile. Se avessero portato la liturgia in lingua greca, gli Slavi non l'avrebbero capita più di quella latina. E perciò prima ancora della partenza e dopo aver composto l'alfabeto glagolitico, Cirillo cominciò a tradurre il Vangelo ed altri libri liturgici di prima necessità. La Vita slava ci dice, che le prime parole da lui tradotte furono quelle del Vangelo di San Giovanni: « In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio — Iskoni bě Slovo, i Slovo bě u Boga i Bog bě slovo » Con queste eccelse parole comincia la letteratura slava.(13)

Sorge ora la questione, in quale rito Cirillo abbia introdotto la lingua slava? In quello bizantino o in quello romano? Di fatti fino ad oggi esistono: e la liturgia bizantino-slava e la liturgia romano-slava.

Per parecchi secoli, fino al secolo scorso, l'opinione generale era, che San Cirillo avesse introdotto la lingua slava soltanto nella liturgia bizantina. Ciò sarebbe stato naturale, essendo egli un Greco di rito bizantino. Che il rito bizantino-slavo proviene da San Cirillo, è fuori dubbio. Il fatto, che egli cominciasse la versione dei testi evangelici da S. Giovanni, indica il rito bizantino, perchè in quel rito il ciclo delle letture evangeliche comincia il giorno di Pasqua proprio col primo capitolo di San Giovanni. Ci sono pervenute, almeno frammentariamente, le antichissime versioni slave dei testi di rito bizantino risalenti fino all'epoca cirillometodiana per es. Euchologium Sinaiticum, Psalterium Sinaiticum, Folia Sinaitica,(14) Folia Pragensia.(15) Inoltre nella Vita di San Clemente di Ochrida viene detto, che egli tradusse in slavo il Pentekostarion, dato che questo libro mancava ancora. Ciò significa, che gli altri libri liturgici di rito bizantino erano già stati tradotti in slavo nella Grande Moravia.

Se poi analizziamo l'indicazione sopra citata, che cioè Cirillo poco dopo il suo arrivo nella Grande Moravia intraprese ad istruire i discepoli insegnando loro tutta l'ufficiatura liturgica, fra l'altro vi troviamo l'espressione « tajnaja služba » traduzione slava del greco « mystikè leiturgia » espressione bizantina, per indicare la liturgia eucaristica. Fra poco vedremo, che per indicare la liturgia del rito romano, le fonti paleoslave usano il termine «mša » . Altro termine è « povečernica » per significare il Completorio. Anche questa parola, tradotta dal greco « apodeipnon », indica l'ufficio secondo il rito bizantino.

Tutto questo prova, che Cirillo introdusse la lingua slava nel rito bizantino. Ma soltanto nel rito bizantino?

Nell'anno 1872 l'archimandrita russo Antonio Kapustin trovò in Palestina alcuni fogli, scritti in glagolitico e dunque in lingua paleoslava, detti poi Fogli di Kiev i quali contengono la versione slava dei testi liturgici di rito occidentale, o romano. Secondo gli slavisti, questi fogli risalgono al Secolo X, e contengono i « propria » di 10 messe, cioè l'Oratio, Secreta, Postcommunio e Praefatio.

Il Padre Cuniberto Mohlberg OSB, professore emerito dell'Ateneo Pontificio di Sant'Anselmo, ha scoperto il testo prototipo di questi Fogli di Kiev nel Sacramentario di Padova (D-47). Ma certe differenze lo condussero ad assumere, che sia i Fogli di Kiev, sia il Sacramentario di Padova procedono da un comune archetipo, che il dotto benedettino pone nel Secolo VII.(16)

I Fogli di Kiev appartengono dunque alla liturgia romano-slava. Le più antiche parti immutabili di questa liturgia, cioè l'« 0rdo Missae » furono tradotte non direttamente dal latino, ma dal testo greco, dalla così detta « Liturgia di San Pietro ».(17)

Questa è nella sua sostanza liturgia occidentale-romana, che tradotta in greco e corredata di alcune aggiunte locali, fu in uso almeno temporaneamente a Tessalonica, essendo stato l'Arcivescovo di quella città dal Sec. IV « Vicarius Domini Pape per Illyricum ». Esiste la versione slava e georgiana di quella liturgia di San Pietro.

I Fogli di Kiev secondo tutte le probabilità furono tradotti da San Cirillo durante il suo soggiorno a Roma, il quale aggiunse all' « Ordo Missae » le parti variabili, appunto per poter celebrare la liturgia romano-slava. Ciò è provato per esempio dal fatto, che nella Messa di San Clemente oltre alla orazione in onore di questo Santo, vi si trova un altra oratio, secreta e postcommunio in onore di Santa Felicità, una Santa romana, che aveva culto soltanto a Roma.

La scoperta dei Fogli di Kiev colse di sorpresa gli slavisti, ed altri autori non cattolici, i quali pretendevano, che i Santi Cirillo e Metodio non avessero niente da fare col rito romano-slavo. Dopo questa scoperta, seguita dagli studi di Mons. Giuseppe Vajs sui più antichi messali glagolitici,(18) oggi è dimostrato, che anche il rito romano-slavo è di origine cirillometodiana.

L'andamento degli avvenimenti può dunque essere così ricostruito. Cirillo aveva udito dagli ambasciatori del principe Rastislao, che in Moravia i missionari germanici avevano, almeno inizialmente, introdotto la liturgia ocidentale. Per ogni eventualità Cirillo si procurò l'esemplare della Liturgia di San Pietro, usata nella sua patria, Tessalonica, e Forse prima ancora della sua partenza per la Moravia tradusse in slavo almeno l'« Ordo Missae ».

Arrivato poi nella Grande Moravia, e vista la situazione, si decise difatti ad adottare anche il rito occidentale, ma in lingua slava. Ciò fu da lui fatto con una straordinaria larghezza di spirito, per evitare la confusione presso i neofiti.

Quando cominciò Cirillo a celebrare il rito occidentale in lingua slava? Probabilmente soltanto durante il suo soggiorno a Roma. Siccome per introdurre la lingua slava nella liturgia bizantina egli aveva bisogno del permesso del patriarca bizantino, così per introdurre la stessa lingua slava nella liturgia occidentale, egli aveva bisogno del permesso del Pontefice Romano. L'ottenere questo permesso, fu uno degli scopi del suo viaggio a Roma nell'867.

E non fu del tutto facile conseguirlo. Era una idea del tutto originale e straordinaria. Nessuno prima di lui aveva tentato una cosa simile e nessuno dopo di lui l'ha ottenuta. La liturgia romano-slava è l'unica eccezione dalla regola generale, secondo la quale la liturgia occidentale si deve celebrare in lingua latina.

Da ciò possiamo capire l'opposizione, che l'idea di Cirillo suscitò sia nel clero germanico, sia in quello di Venezia, e anche in quello di Roma. La vita slava di Cirillo ci riferisce il pensiero del clero germanico: « Dio non va lodato così! Se ciò gli fosse gradito, certamente avrebbe fatto, che anche questi [cioè gli Slavi] nella loro liturgia lo lodassero. Ma Dio elesse soltanto tre lingue nelle quali gli si devono tributare lodi: l'ebraica, la greca e quella latina... Ma Cirillo lottando con loro, come David coi Filistei, li redarguì con le parole della Sacra Scrittura e li chiamò cultori delle tre lingue o trilinguistì, o Pilatiani, perchè in queste tre lingue Pilato fece scrivere il titolo sulla croce del Signore ».(19)

E quando si trovò a Venezia dovette sostenere una animata discussione defendendo la liturgia in lingua slava: La medesima Vita slava ci riferisce: « Mentre si trovava a Venezia, lo attaccarono vescovi, presbiteri e monaci, come i corvi un falcone, e sollevarono l'eresia delle tre lingue dicendo: Uomo spiegaci come mai hai escogitato la scrittura [e la liturgia] slava e la insegni? Questo è un fatto, che prima di te nessuno ha trovato: nè gli apostoli, nè nessun Papa Romano, nè Gregorio il Teologo (cioè Nazianzeno), nè Girolamo, nè Agostino. Noi conosciamo soltanto tre lingue nelle quali è lecito lodare Dio: l'ebraica, la greca e la latina »(20) E la vita slava di Metodio parla di una simile disputa anche a Roma.(21)

Cirillo difendeva dovunque coraggiosamente la liturgia in lingua slava, adducendo copiosa argomentazione. Oltre che dal fatto delle Chiese cristiane d'Oriente, menzionato sopra, argomentava dalla Sacra Scrittura, per es. « Dio fa piovere ugualmente su tutti, ed il sole nello stesso modo risplende per tutti » (cfr. Matt. 5,45), «Andate, ammaestrate tutte le genti» (Mt. 18; 20). «Lodate Dio tutte le genti, lodatelo tutti i popoli» (Ps. 150.5), o citando San Paolo nella lettera ai Corinzi: «Così pure voi, se con la lingua non emettete frasi di chiaro significato, come si potrà capire ciò che dite? Parlerete al vento!» (I. Cor. 14,9).(22)

La cosa più importante fu, che Cirillo colla sua argomentazione guadagnò il Papa all'idea della liturgia slava. La sua Vita slava ci dice: « E presi i libri [liturgici] slavi, il Papa li benedisse e li depose [sopra l'altare] nella chiesa di Santa Maria, che si chiama « Phatne », [cioè « ad praesepe », cioè Santa Maria Maggiore], e con questi libri fu cantata la sacra liturgia ».(23) Ciò accadde nei primi mesi dell'anno 868.

L'approvazione ufficiale fu data da Papa Adriano II anche per iscritto nella lettera, consegnata a Metodio quando stava per partire da Roma nell'autunno del 869 e indirizzata ai tre principi della Moravia, Slovacchia e Pannonia: Rastislao, Svatopluk e Kocel. La lettera ci è conservata solo in lingua slava, inserita nel capitolo VIII della Vita di Metodio: In essa il Papa dichiara: « Vi mandiamo Metodio… affinchè vi insegni, usando(24) i libri nella vostra lingua, secondo tutto l'ordine liturgico, anche colla Santa Messa (cioè la liturgia) e col battesimo, come aveva cominciato il Filosofo Costantino, per la grazia di Dio e la intercessione di San Clemente . . . Dovete però usare questa consuetudine, di cantare nella Messa l'epistola ed il Vangelo prima in latino e poi in slavo » ..... In fine il Papa oppone le sanzioni contro tutti coloro, che osassero opporsi a queste disposizioni.(25)

Come si vede, la lettera non precisa, se si tratta del rito romano o bizantino. Ma dal fatto, che per dire la Messa si usa la parola « mša », e l'autore subito spiega questo termine aggiungendo « cioè liturgia », si deduce, che si trattava del rito romano. Lo provano poi tutti gli argomenti che abbiamo addotto sopra, spiegando i Fogli di Kiev.

Metodio partì da Roma come arcivescovo della Grande Moravia e della Pannonia. Dopo aver trascorso tre anni relegato lontano dalla sua diocesi, egli fu ncll'873 liberato per l'intervento del Papa Giovanni VIII. In quell'occasione però il legato pontificio, il vescovo Paolo di Ancona, gli portò anche una sgradita sorpresa. Il Papa gli vietava di usare la lingua slava nella liturgia. Questo fatto lo sappiamo da una susseguente lettera del medesimo Papa, colla quale Metodio fu citato a Roma per scolparsi da diverse accuse, fra le quali appunto il fatto, che egli continuava a celebrare in lingua slava.(26)

Possiamo domandarci, come mai Giovanni VIII si decise a vietare la liturgia slava solennemente approvata pochi anni prima dal suo predecessore Adriano II? Da varie indicazioni possiamo concludere che Giovanni VIII non fu un gran fautore della liturgia slava. Ma sorge un altra questione: Sè il Papa l'aveva vietato, come Metodio poteva continuare a celebrare in lingua slava? Penso che Metodio era persuaso, sia che il divieto della liturgia slava sarebbe stato un colpo mortale per la sua missione, sia che il Papa non fosse stato bene informato. Perciò probabilmente Metodio diede le sue richieste al Legato Pontificio Paolo d'Ancona, pregandolo di sottoporle al Papa. Dato poi che non gli pervennero altre direttive da Roma, Metodio poteva bene supporre che il Papa avesse cambiato pensiero.

Ma ecco Metodio di nuovo a Roma nell'880 per scolparsi da diverse accuse, fra le quali, come fu detto, quella della liturgia slava.

Metodio spiegò di nuovo personalmente tutto l'affare al Papa Giovanni VIII ed ottenne, che egli cambiasse parere. Nella bolla « Industriae Tuae» abbiamo infatti una nuova approvazione della liturgia slava, benchè in termini molto più ristretti. Il Papa loda la scrittura slava, la versione dei testi sacri in lingua slava, come anche la predicazione in quella lingua, e poi aggiunge: « Nec sanae fidei vel doctrinae aliquid obstat sive missas in eadem sclavinica lingua canere, sive sacrum Evangelium vel lectiones divinas novi et veteris Testamenti bene translatas et interpretatas legere aut alia horarum officia omnia psallere ».(27) Le citazioni dei testi sacri che Adriano II adoperò per la convenienza della liturgia slava, Giovanni VIII li adopera solo per provare la convenienza della predicazione in quella lingua. — Ma l'importante è che anche questo Papa approvò la liturgia slava.

Si vede dunque, che a Roma si era generalmente assai restìi a condiscendere a una tale innovazione quale era la liturgia romano-slava, che soltanto mediante la loro argomentazione personale sia Cirillo che Metodio avessero ottenuto dai Pontefici Romani questa grande eccezione, e cioè l'approvazione della liturgia slava. Venuti a mancare più tardi sia Cirillo che Metodio, Papa Stefano V vietò di nuovo quella liturgia nell'885.(28)

Cirillo e Metodio erano dunque profondamente persuasi della necessità e dell'eflicacia della liturgia slava per il loro apostolato. Essi la difendevano, e per essa hanno anche sofferto, specialmente Metodio. Il Papa Adriano II nella sopracitata lettera di approvazione della liturgia slava, ne dava anche la seguente ragione : « da by ste udob zapovědi Božija navykli affinchè più facilmente impariate la legge di Dio ».(29) La liturgia quindi deve essere, oltre che l'atto del culto, anche lo strumento di un insegnamento continuo della dottrina cristiana. Di ciò si parla oggi molto. L'importanza del metodo cirillometodiano della liturgia in lingua vernacola spicca poi alla luce delle discussioni emerse durante il primo periodo del Concilio Vaticano II. Senza dubbio essi sono stati i primi e fin'ora i soli nel campo della liturgia occidentale a proporre ed ottenere l'introduzione della lingua vernacola nella liturgia.

 

4. L'EDUCAZIONE DEL CLERO INDIGENO

Cirillo e Metodio dalla loro patria portarono con se alcuni discepoli, probabilmente Slavi nati nella Macedonia, per poter lavorare più efficacemente. Ma una Chiesa non è impiantata solidamente finchè non ha sufficiente clero indigeno. Perciò Cirillo si mise subito a formarlo. Abbiamo visto sopra, che poco dopo il loro arrivo, il principe Rastislao raccolse un gruppo di giovani e li diede a Cirillo perchè li educasse. Egli doveva cominciare da capo; insegnando loro la scrittura slava. I primi testi di lettura furono i libri liturgici. Il menzionato passo della Vita slava di Cirillo ci narra che egli insegnava loro tutto l'ordine liturgico: il matutino, le ore ecc.. L'insegnamento procedeva alacramente sicchè dopo tre anni e mezzo Cirillo potè prendere seco un manipolo di alunni scelti, i quali potessero ricevere i sacri ordini a Roma. La Vita slava di Cirillo ci dice: « Dopo aver trascorso 40 mesi in Moravia, partì, per far ordinare i suoi discepoli ».(30) E la Vita italica precisa: « Messisi in viaggio, condussero seco alcuni dei loro discepoli, i quali ritennero degni di ricevere ordini sacri, incluso anche l'episcopato ».(31) Passando poi attraverso la Ponnonia ricevette dal principe Kocel un altro gruppo di discepoli, che istruì e parimente condusse seco a Roma.

L'ordinazione dei discepoli fu l'altra grande causa perorata a Roma, e anche quì Cirillo ottenne l'approvazione del Papa. La Vita slava di Cirillo ci dice: « Poi il Papa diede ordine ai due vescovi: Formoso [di Porto] e Gauderico [di Velletri] di ordinare i discepoli slavi. E dopo essere stati ordinati, cantarono la liturgia in lingua slava nella basilica di San Pietro. Ed il giorno seguente la cantarono nella chiesa di Santa Petronilla, poi in quella di Sant'Andrea, e poi nella basilica di San Paolo, dopo avervi salmeggiato durante tutta la notte. E durante la celebrazione erano assistiti da Arsenio, uno dei sette vescovi [suburbicari] e da Anastasio il Bibliotecario.(32) Il fatto, che questi personaggi li assistevano durante la celebrazione, prova che si celebrava in rito romano, ma in lingua slava.

Cirillo volle far ordinare a Roma i suoi discepoli, perchè nella Grande Moravia e nella Pannonia non si trovavano altri che i vescovi germanici dai quali non aveva voluto lasciarli ordinare, per non farli loro sudditi. E' da supporre, che Metodio, una volta consacrato vescovo, abbia ordinato molti altri candidati slavi al sacerdozio. La Vita di Clemente di Ochrida ci informa, che nell'anno della morte di Metodio, vi erano nella Grande Moravia 200 sacerdoti slavi. Metodio in punto di morte, designò uno di loro di nome Gorazd, per suo successore. In genere possiamo dire, che i discepoli cirillometodiani assimilarono bene lo spirito dei loro maestri, e benchè poi furono espulsi dalla Grande Moravia, continuarono altrove l'opera dei loro maestri.

 

5. LO SPIRITO DI ADATTAMENTO

Guardando in sintesi l'opera missionaria dei Ss. Cirillo e Metodio, dobbiamo ammirare in loro la larghezza di spirito e l'ammirevole volontà di adattamento. Benchè figli di Bisanzio e quindi educati in una civiltà superiore, essi non pretesero di imporla al popolo di cui divennero apostoli e maestri, ma cercarono di formare per esso una civiltà tutta propria. Nel nostro tempo più volte si sente rimproverare certi missionari cristiani perchè oltre alla fede cristiana, introducono presso i neofiti anche la civiltà del proprio paese. I Santi Cirillo e Metodio sono invece un esempio splendido anche per i missionari d'oggi di come formare una civiltà propria ai popoli da loro evangelizzati.

Lo spirito di adattamento si manifesta specialmente nel fatto, che essi, benchè bizantini, adottarono per ragioni apostoliche anche la liturgia occidentale o romana, ma in lingua slava. Come abbiamo accennato, prima della scoperta dei Fogli di Kiev, un simile fatto non si voleva neanche in teoria ammettere. E pure i Fogli di Kiev ce lo provano. Metodio poi, accettando la consecrazione episcopale del Pontefice Romano, eo ipso passava dal patriarcato bizantino a quello romano. Anche questo prova lo stesso spirito di adattamento, benchè prevedeva, che ciò non sarebbe stato molto gradito a Costantinopoli, specialmente in quel periodo, in cui divampava la controversia fra Fozio ed il Papa Nicolò I.

In quel frangente i due Fratelli dettero prova del loro spirito cattolico. Il Papa Adriano II attesta di loro che essi « nihil contra canonem fecerunt »(33) ma vennero a Roma e rimasero sempre attaccati alla Sede Romana.

I Ss. Cirillo e Metodio possono dunque ancor oggi essere modelli per i missionari, ed i loro metodi: specialmente la liturgia nella lingua vernacola, l'educazione del clero indigeno e lo spirito di adattamento, sono più che mai di grande attualità.

Il Papa Pio XI, buon conoscitore di quel mondo dove Cirillo e Metodio avevano esercitato il loro apostolato, ha lasciato un bel ritratto delle loro anime nella Lettera Apostolica ai Vescovi di Jugoslavia e Cecoslovacchia: «….. Figli dell'Oriente, di patria Bizantini, di nazionalità Greci, di missione Romani, per frutti del loro apostolato Slavi fatti tutto per tutti, per poter guadagnare tutti all'unità della Chiesa Cattolica ».(34)

 

  1. Le principali fonti della storia cirillometodiana sono state pubblicate recentemente nel volume: F. GRIVEC - F. TOMŠIČ, Constantinus et Methodius Thessalonicenses: Fontes. Radovi Staroslavenskog Instituta, knjiga 4. Zagreb 1960. Citazione abbreviata: GRIVEC, Fontes. Alcune di queste fonti sono divise in capitoli e si citano anche per la citazione interna: Vita Constantini (paleoslava) - abbrev. VC; Vita Methodii (paleoslava) - abbrev. VM;
  2. VC cap. VI; GRIVEC, Fontes p. 178-81.
  3. VC cap. VIII-XII; GRIVEC, Fontes p. 182-198.
  4. VC cap. XVI; GRIVEC, Fontes p. 205.
  5. VM cap. V; GRIVEC, Fontes p. 223.
  6. VC cap. XV; GRIVEC, Fontes p. 202.
  7. La parola slava è « povečernica » corrispondente al greco « apodeipnon ».
  8. l'espressione slava è « tajnaja služba » corrispondente al greco « mystiké leiturgia »
  9. Cfr. Is. 35, 5; 32, 4.
  10. Vita Italica cap. VII; GRIVEC, Fontes p. 62.
  11. I. DUJČEV, Un episodio dell'attività di Costantino Filosofo: Ricerche slavistiche 3 (Roma 1954) 90-96; Fr. REPP, Zur Erklärung von Kap. 15 der Legende von Konstantin: Zeitschrift für slavische Philologie 26 (1957) 114-118; F. GRIVEC, Konstantin und Method Lehrer der Slaven, Wiesbaden 1960, p. 67.
  12. N. L. TUNICKIJ, Grečeskoje prostrannoje žitije sv. Klimenta Slověnskago, Sergiev Posad 1918, Nr. 58.
  13. VC cap. XIV; GRIVEC, Fontes p. 201.
  14. Contengono frammenti del Liturgikon - Služebnik e precisamente alcuni testi della Liturgia di San Basilio.
  15. Contengono frammenti del Triodion e Menea , alcuni dei cosi detti versi lucernari : Fatagogicà - Světilny.
  16. G. M0HLBERG OSB, Il messale glagolitico di Kiew (sec. IX) ed il suo prototipo romano del sec. VI-VII. Atti della Pontificia Accademia Romana di Archeologia, Memorie, vol. II. Roma, 1928, pp. 207-320, con riproduzione del testo glagolitico.
  17. J. M. HANSSENS S. J., La liturgie romano-byzantine de Saint Pierre; Orientalia Christiana Periodica IV (1938) 235-258; V (1939) 103-150. - J. VAŠICA, Slovanská liturgie Sv. Petra: Byzantinoslavica VIII (1939-46) p. 1-54.
  18. J. VAJS, Najstariji hrvatskoglagoljski misal. S bibliografskim opisima svih hrvatskoglagoljskih misala. Zagreb 1948.
  19. VC cap. XV; GRIVEC, Fontes p. 202-203.
  20. VC cap. XV; GRIVEC, Fontes p. 205.
  21. VM cap. VI; GRIVEC, Fontes p. 224.
  22. VC cap. XVI; GRIVEC, Fontes p. 206-208.
  23. VC cap. XVII; GRIVEC, Fontes p. 209.
  24. Nel testo slavo: « skazuja knigi v jazyk naš ». Il verbo « skazat' » alcuni autori lo traducono con « interpretare » o « tradurre ». Ma come ancor oggi in russo, il verbo ha significazione più larga, anche « dire » o, « recitare ». Da qui la nostra traduzione: « usando i libri nella vostra lingua ».
  25. VM cap. VIII; GRIVEC, Fontes p. 227.
  26. GRIVEC, Fontes p. 72. La lettera è dell'anno 879.
  27. GRIVEC, Fontes p. 73.
  28. GRIVEC, Fontes p. 77.
  29. VM cap. VIII; GRIVEC, Fontes p. 227.
  30. VC cap. XV; GRIVEC, Fontes, p. 204.
  31. Vita Italica, cap. VIII; GRIVEC, Fontes p. 62.
  32. VC cap. XVII; GRIVEC, Fontes p. 209
  33. VM cap VIII; GRIVEC, Fontes p. 226.
  34. Acta Apost. Sedis XIX (1927) p. 95.

Michele Lacko S. J., Il metodo missionario dei SS. Cirillo e Metodio: la liturgia slava , in: Cirillo e Metodio. I Santi Apostoli degli Slavi . Conferenze tenute nel Pontificio Istituto Orientale nei giorni 9-11 Maggio 1963 per commemorare l'undecimo Centenario della Missione dei SS. Fratelli nella Grande Moravia, Roma: Pontificio Istituto Orientale, 1964, pp. 51-70.

На Растку објављено: 2008-06-29
Датум последње измене: 2008-06-29 11:29:04
 

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