Stefano Aloe
Angelo De Gubernatis e il mondo slavo (Cap. 2.2. «Vestnik Evropy»)
Angelo De Gubernatis e il mondo slavo . Gli esordi della slavistica italiana nei libri, nelle riviste e nell'epistolario di un pioniere (1865-1913) . Studi slavi e baltici. Dipartimento di linguistica. Università degli Studi di Pisa, N. 1 - 2000 Nuova Serie, Collana di studi e strumenti didattici diretta da Giuseppe Dell'Agata, Pietro U. Dini, Stefano Garzonio, Pisa: Tipografia Editrice Pisana, 2000.
II,2 Il «Vestnik Evropy»
A partire dal dicembre del 1869, in contemporanea con l'apertura della «Rivista europea», cominciano le "corrispondenze da Firenze" (Korrespondencii iz Florencii) di De Gubernatis sul «Vestnik Evropy». La periodicità di queste corrispondenze fu sin dall'inizio irregolare: da tre a cinque all'anno. I temi erano piuttosto vari: De Gubernatis intendeva dare delle panoramiche abbastanza ampie e precise dell'attualità italiana, descrivendone il teatro, i giornali, gli schieramenti politici, la situazione delle scuole e dell'università, la letteratura, l'industria, le arti... In aggiunta, inviava corrispondenze di cronaca politica quando si presentavano casi particolarmente importanti, anche se proprio l'avvenimento più importante di quegli anni, la presa di Roma, fu da lui inizialmente sottaciuto. Stasjulevič accolse con grande disappunto la corrispondenza dell'agosto 1870: De Gubernatis l'aveva dedicata alla situazione della stampa periodica in Italia (per giunta, l'impostazione era chiarissimamente parziale, con un trattamento assai diverso per la stampa "amica" e quella "nemica" e una vera e propria pubblicità della «Rivista europea» e del suo direttore...). Nella lettera di Stasjulevič del 6/18 settembre si avverte tutta l'irritazione del redattore di fronte alla serafica indifferenza di De Gubernatis per l'argomento del giorno.[1] In realtà, più che indifferente, De Gubernatis era scettico e preoccupato per le conseguenze negative che la presa di Roma avrebbe potuto avere a livello internazionale; però, di fronte all'esplicita richiesta di Stasjulevič, egli preparò per il numero di ottobre una corrispondenza sul tema desiderato, nella quale, comunque, l'impostazione era tutt'altro che entusiastica e rispecchiava, appunto, le sue paure per un atto così ardito.[2] Poi, una volta calmatesi le acque e preso atto che tale impostazione non rispondeva alle aspettative di Stasjulevič e dei lettori russi, De Gubernatis partì di tutta fretta per Roma per documentarsi sul clima della città liberata e mandò di lì una corrispondenza che finalmente dava soddisfazione all'entusiasmo degli abbonati della rivista pietroburghese, mostrando Roma euforica e in festa.[3] Ma con questo episodio, il rapporto con Stasjulevič s'incrinò un poco: rimarrà una certa diffidenza da parte del redattore russo; fra i due ci saranno periodicamente motivi di avvicinamento e di allontanamento. Comunque, De Gubernatis si mostrò sempre molto sollecito nel suo impegno. Non si limitava soltanto a spedire le corrispondenze dovute, ma addirittura "tempestava" Stasjulevič di proposte di vario genere, le quali venivano quasi sempre gentilmente respinte. Per esempio, all'inizio del 1870, Stasjulevič rifiuta un articolo a quanto pare dedicato alla disputa sull'insegnamento delle lingue classiche in Russia: la corrente che faceva capo a Katkov caldeggiava fieramente un modello di istruzione che privilegiasse la cultura classica, mentre i liberali, fra cui Stasjulevič, erano contrari.[4] Stasjulevič giustificava il rifiuto con il fatto che la rivista non aveva spazio, ma probabilmente era l'opinione di De Gubernatis che lo disturbava:
Comme je vois, Vous savez déjà nos idées sur le classicisme; ne nous prenez pas pour des barbares, mais nous ne pouvons pas être classiques à la manière de Mr. ou plutôt Monseigneur Katkow et son honorable compagnie: Voilà tout![5]
Di certo, De Gubernatis era venuto a conoscenza di questa polemica attraverso la Bezobrazova, che in una lettera datata 16/28 ottobre [s.a.], gli raccontava come la katkoviana "Gazette de Moscou" avesse definito Stasjulevič "un solidale de l'Internationale"![6]
Alla fine del 1871 giunge una nuova proposta di De Gubernatis; scrive Stasjulevič:
Je regrette beaucoup, mais votre proposition ne nous convient pas, puisque la traduction d'une drame-idylle en vers demande un talent aussi poétique en quelque sort, et le traducteur d'Alfieri malhereusement est mort il y a quelques jours.[7]
Il dramma-idillio in versi in questione era con ogni probabilità il Re Nala, per il quale De Gubernatis cercava appunto in quel periodo un traduttore russo.
Nella missiva del 1/13 luglio 1872 il rifiuto di Stasjulevič riguardava un articolo su di un congresso "des savants italiens"; la motivazione addotta era che il giornale si trovava "dans un état bien pitoyable".[8] Nel novembre dello stesso anno, una lettera di Stasjulevič accompagnava quella del traduttore Polonskij, che aveva abbandonato la traduzione della Zoological Mythology di De Gubernatis per il sorgere di una serie di difficoltà.[9] Nel 1873 cessarono le corrispondenze fisse di De Gubernatis, che però continuò per un po' di tempo a pubblicare articoli sul «Vestnik». Nel 1874 egli provò a riproporre delle corrispondenze mensili, ma Stasjulevič le rifiutò.[10]
A partire dal 1875 la collaborazione di De Gubernatis al «Vestnik» cessarono del tutto, ma i suoi rapporti con Stasjulevič, anche se un po' difficili, non si interruppero. Stasjulevič si mostrò riconoscente nel 1875, quando De Gubernatis gli offrì la lettera autobiografica di Aleksej Tolstoj, che stava per essere pubblicata anche sulla «Rivista europea» in commemorazione della morte dello scrittore. La lettera uscì immediatamente anche sul «Vestnik». A sua volta, nella medesima circostanza De Gubernatis riprese dalla rivista pietroburghese il necrologio fatto da Stasjulevič e due lettere commemorative, una delle quali a firma di Ivan Turgenev.[11] Ma negli anni successivi, Stasjulevič rifiutò con regolare cortesia le offerte del tenace italiano, fra le quali un articolo sul duca di Sermoneta ("che i russi appena ricordano, e che quindi non li può interessare"),[12] e le memorie di De Gubernatis stesso, offerte attraverso il poeta Aleksej Žemčužnikov, ma col medesimo risultato negativo (queste memorie, ampliate, De Gubernatis le pubblicò in Italia nel 1900 col titolo Fibra. Pagine di ricordi).[13]
Ma almeno in un caso Stasjulevič accolse una proposta di De Gubernatis: nel 1873 acconsentì a pubblicare uno scritto intitolato Èskizi ital'janskogo obščestva.[14] Si tratta, per l'appunto, di schizzi letterari sull'Italia e sugli italiani di tutte le regioni, dei quadretti scritti molto liberamente e con qualche concessione ai luoghi comuni e agli aneddoti sugli aspetti tipici degli italiani. Questi Èskizy sono certamente fra le pagine più riuscite di De Gubernatis, freschi e spiritosi, tuttora interessanti per avere un'idea della società italiana di quegli anni. De Gubernatis vedeva nella varietà la caratteristica migliore dell'Italia, idealizzava il popolo italiano come un popolo di artisti, criticava la religione che ne frenava lo sviluppo culturale, soprattutto quello delle donne che, sottolineava De Gubernatis, erano di molto inferiore a quello delle donne russe. Inoltre, De Gubernatis auspicava che l'università italiana uscisse dal proprio isolamento e studiasse le lingue, prima fra tutte il tedesco.
Il pubblico russo accolse con grande interesse e simpatia gli Èskizy, tanto che Stasjulevič per una volta si mostrò soddisfatto del suo corrispondente italiano: "Cher Monsieur, avez vous l'intention de continuer vos "Esquisses", qui étaient bien goûtées par notre public et avaient grand succès, avec lequel je Vous félicite de tout mon coeur".[15] Ed effettivamente, De Gubernatis diede seguito agli Èskizy: la seconda e la terza parte furono pubblicate nell'ottavo numero del 1873 e nel settimo del 1874.
Se questo fu forse il momento più felice del rapporto fra De Gubernatis e Stasjulevič, anche quello di massima tensione ebbe luogo alla fine del 1873. Nel 1872 De Gubernatis aveva pubblicato a Londra un'opera poderosa, in due volumi, la Zoological Mythology, in cui applicava le teorie di Max Müller allo studio dei miti sugli animali.[16] L'opera rappresentò il massimo sforzo di De Gubernatis come studioso. Occorsero alcuni anni di lavoro, in cui egli raccolse materiale abbondantissimo, anche dal folklore russo e da quello slavo in generale. Già quando l'opera non era ancora terminata, De Gubernatis si era rivolto all'amico Veselovskij, pure studioso dei miti, perché gliela recensisse in Russia: De Gubernatis contava di ricevere dalla Zoological fama e legittimazione internazionale come filologo. Veselovskij stesso si era inizialmente offerto di recensire l'opera sul «Vestnik Evropy».[17] De Gubernatis aveva inoltre proposto a Stasjulevič di pubblicare un estratto del suo libro in anteprima, ma il redattore russo aveva come al solito rifiutato. Inizialmente, Stasjulevič respinse anche la richiesta di Veselovskij di inserire nel «Vestnik» una recensione della Zoological. Veselovskij gli aveva scritto:
Г. Де Губернатис, которому я обещал поговорить о его недавно вышедшей книге «Zoological Mythology», видимо, желал бы, чтобы разбор был помещен в «Вестнике Европы», сотрудником которого он сам состоит. Я не знаю, насколько его желание соответствует видам и планам редакции — и хочу выждать вашего заявления. Разбирать массу фактов, собранных в двух томах «Животной мифологии», я не намерен; я желал бы скорее остановиться на методе и на приемах исследования. Мне кажется, что поднять подобный вопрос было бы не бесполезно и для тех собирателей отечественной старины, которые увлекаются через край теорями Куна, Макса Мюллера и их оруженосца Бюрнуфа.[18]
Da questa lettera l'atteggiamento di Veselovskij appare chiaro: nonostante un certo imbarazzo per l'amico De Gubernatis, la sua intenzione era di criticare la scuola di Müller e, di riflesso, il metodo seguito dall'italiano. De Gubernatis sapeva che Veselovskij era diventato un oppositore della mitologia comparata di Müller, ma evidentemente contava sulla benevolenza dell'amico e forse si aspettava una recensione generica che gli fosse favorevole. Era inoltre convintissimo di aver scritto un'opera di portata eccezionale. Evidentemente ne nacque un malinteso. Intanto, in una seconda lettera a Stasjulevič, Veselovskij scriveva:
Милостивый Государь Михаил Матвеевич,
Содержание Вашего письма было в точности передано мною Драгоманову и De Gubernatis'у, насколько оно их касалось. Последний принял Ваше извещение довольно спокойно;[19] что до меня, то со мною произошло следующее. Когда я писал Вам, статья о Zoological Mythology была уже на половину готова и задумана не в смысле беглого критического отчета, а с более общим характером, как видно из заглавия: Сравнительная мифология и ее метод. На двух-трех страницах трудно что-нибудь высказать, кроме плоской похвалы или ничем не оправданного порицания [...]. Ограничиться простой заметкой по поводу Zoological Mythology я мог тем менее, что мне пришлось бы высказаться голословно против книги человека, с которым нахожусь в приятельских отношениях. Предпочтя veritas Платону, я счел не лишним показать, что мое предпочтение основано на серьезном изучении книги. Я впрочем предупредил D.G., что расхожусь с ним во многом, хотя за статью принялся по его же вызову. Появление моей статьи в Вашем журнале было бы мне приятно и в другом отношении: она могла бы служить косвенным ответом на статью Буслаева, которая появится либо уже появилась в генварской книжке "Русского Вестника". Она посвящена (мне писали) моей диссертации и, вероятно, будет проводить сравнительно-мифологические идеи.[20]
Dunque De Gubernatis doveva conoscere l'opinione di Veselovskij almeno in parte. Forse qualche timore a riguardo lo aveva, perché in una lettera di Elizaveta Bezobrazova del 27 settembre/9 ottobre [s.a. ma 1873] si parla di parare il colpo che gli porterà Veselovskij sul «Vestnik»: la Bezobrazova non è riuscita a negoziare con Stasjulevič e dice di aver trovato in lui una "malveillance prononcée".[21] Si riferisce, per l'appunto, alla pubblicazione dell'articolo di Veselovskij, che Stasjulevič aveva infine accettato e che apparve sul «Vestnik» nell'ottobre 1873.[22] Che De Gubernatis se lo aspettasse o meno, l'articolo di Veselovskij fu per lui un colpo durissimo ed egli si sentì tradito tanto dall'amico che dal direttore della rivista per cui scriveva. Sravnitel'naja Mifologija i ee metod era molto più di una recensione: Veselovskij prendeva spunto dal libro di De Gubernatis per criticare duramente il metodo comparatistico di Müller. La profondità dell'articolo è tale, che esso viene considerato come uno degli scritti teorici più importanti di Veselovskij, e la sua fama è durata ben più del libro che lo aveva occasionato.[23] Il filologo russo si sforzava di distinguere la critica inclemente al metodo con quella blanda e intessuta di elogi per il lavoro di De Gubernatis. Sicuramente il tono dell'articolo non era malevolo verso lo studioso italiano, ma Veselovskij con molta sincerità antepose le sue opinioni verso quello che considerava un importante problema scientifico alla necessità di favorire l'amico. In una lettera al D'Ancona, Veselovskij si giustificava così:
È uscito finalmente pochi giorni fa un mio articolo (44 pag.) intorno alla mitologia del De Gubernatis; vi misi in sul principio ed alla fine molte gentilezze all'indirizzo dell'autore — e della scienza italiana. Cercai di far di modo, che la mia critica appaia diretta non tanto contro il D.G. in specie, quanto contro certi metodi della scienza mitologica in genere; ma disotto a tutto questo «volume» feci una critica molto severa. Giudicate voi, se io potei far a meno. Ed ora dispiace di essermi impegnato col D.G. di far un articolo intorno al suo libro — allora che il libro non era ancora uscito; se l'avessi letto prima, avrei cercato di schivare l'offerta e così m'avrei serbato un posto nella fila degli Amici d'Italia — e della Rivista Europea. Il peggio si è, che il D.G. mi cita ben due volte nel corso dei suoi sogni mitologici, a proposito del mito della fanciulla perseguitata; e che, confrontando la prefazione alla Figlia del re di Dacia[24] coll'indole opposta del mio articolo, egli potrà facilmente incolparmi di flagrante contraddizione. Ma già sapete che dal 1866 in poi l'amore per l'interpretazione mitologica è sempre in me venuto meno, lasciando campo più vasto ad altre interpretazioni ed altro modo di spiegare le origini e le attinenze vicendevoli delle tradizioni popolari.
Peccato, che voi non capite il russo; vorrei almeno che il Comparetti od il Teza leggessero il mio scritto. Non vi troveranno nessuna animosità e credo non vi sia nessuna ironia, benché v'era molta materia da far ridere.[25]
In una lettera successiva, Veselovskij scriveva al suo corrispondente:
Ho udito che il De Gubernatis mi sa male del mio articolo intorno alla sua Mitologia e che non mi vuole più riconoscere nel novero dei suoi amici! Doveva io dunque, in grazia dell'amico, esser stazionario nelle mie opinioni, e meglio, ritornare alle idee da me espresse nell'Introduzione alla Figlia del re di Dacia [...]?[26]
In effetti, la sincerità un po' cruda di Veselovskij, unita alla suscettibilità estrema di De Gubernatis,[27] determinò la rottura violenta dell'amicizia: appena letta la recensione del suo libro, De Gubernatis scrisse a Stasjulevič una lettera a caldo in cui pretendeva che si pubblicasse una sua risposta al Veselovskij, che nel colmo dell'ira definiva un maligno invidioso, un bambino con la barba![28] Una reazione così isterica seccò alquanto Stasjulevič, che rifiutò freddamente di pubblicare la replica di De Gubernatis. I contatti fra i due in questa fase li tenne Elizaveta Bezobrazova, che forse con la sua moderazione riuscì ad evitare una rottura. Il 16/28 ottobre la Bezobrazova scriveva a De Gubernatis una lettera molto equilibrata, in cui spiegava che l'articolo di Veselovskij "ne peut pas t'empecher de continuer ta collaboration au Vestnik, car il ne contient pas des affronts pour la personne et les critiques qu'il adresse au livre sont entremêlées d'éloges".[29]
Personalmente, la Bezobrazova non poteva parlare con Stasjulevič, perché da un paio d'anni i loro rapporti si erano interrotti a causa di certi attacchi del «Vestnik» contro il marito; ma nella stessa lettera c'è un'aggiunta del 17/29 ottobre, in cui la Bezobrazova comunica di aver ricevuto da Stasjulevič una missiva: il redattore aveva rifiutato di pubblicare la replica di De Gubernatis a Veselovskij per i seguenti motivi:
1. perché contrario alle abitudini della rivista;
2. perché la lettera di De Gubernatis era troppo violenta;
3. perché l'articolo di Veselovskij era stato pubblicato "sur tes instances personnelles, contre le jugement de Stasulevitch".[30]
L'intervento della Bezobrazova sortì l'effetto di calmare De Gubernatis, che scrisse il 3 novembre una nuova lettera a Stasjulevič, in cui si scusava per le intemperanze e rinunciava alla risposta a Veselovskij, che ora considerava indegno di tanto onore...[31] Stasjulevič accettò la sua richiesta di riappacificazione, dopo aver ricevuto attraverso la Nikitenko questa lettera in cui "la question de Mº W. est finie et oubliée même par vous".[32] Il tono della lettera è conciliante, ma vi si avverte: "Je voulais vous prier de remplacer les correspondances régulières par des articles de fond".[33] Come si è detto, questo è il preludio all'interruzione della collaborazione di De Gubernatis al «Vestnik Evropy». Intanto Stasjulevič attendeva il seguito degli Èskizy, mentre non accettò uno scritto autobiografico di De Gubernatis, dedicato alla sua conoscenza con Bakunin: la proposta di queste "Confessions d'un ouvrier est très épineuse, vu les conditions de la presse en Russie".[34]
De Gubernatis comprese che il suo rapporto col «Vestnik» si avviava a conclusione. Ancora una volta fu Elizaveta Bezobrazova a leggere lucidamente la situazione e a rabbonirlo, scrivendogli il 20 novembre / 2 dicembre che Stasjulevič aveva interrotto le corrispondenze non a causa di Veselovskij, ma perché il «Vestnik» navigava in cattive acque, perseguitato dalla censura che minacciava constantemente di farlo chiudere, costretto a pubblicare articoli molto circospetti (e quelli di De Gubernatis erano troppo infuocati), e in crisi finanziaria per il calo degli abbonati. Ma il motivo più concreto era senz'altro che Firenze non era più capitale d'Italia, e quindi le corrispondenze di De Gubernatis ora interessavano molto meno.[35] La Bezobrazova aveva colto il problema: più che motivi personali, che comunque dovevano esistere dopo tanta burrasca, era l'esaurimento dell'interesse per Firenze,e più in generale per l'Italia, a rendere gli scritti di De Gubernatis ormai superflui per il «Vestnik». Rimasero comunque dei rapporti personali, più che con Stasjulevič, con alcuni collaboratori della rivista pietroburghese.
Sof'ja Aleksandrovna Nikitenko (1840-1901), figlia di un noto professore dell'università di Pietroburgo, lei stessa italianista e traduttrice dall'italiano per il «Vestnik», conobbe i De Gubernatis nel 1870 a Firenze, dove arrivò con un biglietto di raccomandazione di Stasjulevič. Ne nacque una grande amicizia con entrambi i coniugi. La Nikitenko scrisse entusiasta a Stasjulevič, ringraziandolo di averla indirizzata a persone così calorose:
Профессор Де-Губернатис, конечно вследствие Вашей рекомендации, оказал мне самый радушный прием. Он и жена его даже до того приручили меня, что я решилась провести у них несколько дней на даче.[36]
Anche la Nikitenko fu preziosissima collaboratrice e informatrice di De Gubernatis per la sfera russa. Oltre alle traduzioni dall'italiano degli articoli di De Gubernatis, le si deve un grandissimo apporto alle due stesure del Dizionario biografico degli scrittori contemporanei (1877 e 1888), che risultò ricchissimo di nomi russi. Anche questa donna ebbe una vita difficile: molto cagionevole di salute, dovette convivere con la sofferenza fisica, che la minò anche nel morale; per questo motivo, il suo contributo alle iniziative degubernatisiane fu molto limitato rispetto alle intenzioni.
Stasjulevič raccomandò a De Gubernatis anche Mychajlo Petrovyč Drahomanov (Michail Petrovič Dragomanov, 1841-1895), lo storico ucraino, che da Firenze così scriveva il 3 dicembre 1871 al redattore del «Vestnik»:
У D.G. я был. Он сказал, что удивляется Вашему удивлению, ибо он недавно писал корреспонденцию — Октябрь. Признаков злости я у него не заметил. Он поручил передать, что дописывает корр-цию о римских делах, которую и пошлет на днях. Вчера он уехал на 4 дня в Рим.[37]
Passo un po' misterioso: a cosa si riferiva con quell'osservazione sui "segni di malizia" che non aveva visto in De Gubernatis? Di certo, Stasjulevič era piuttosto sospettoso verso il corrispondente italiano, specie per il fatto, accennato in precedenza, delle corrispondenze sulla presa di Roma, e perciò doveva aver prevenuto anche Drahomanov, che però con la conoscenza ebbe una buona impressione del suo ospite e rimase con lui in eccellenti rapporti. Drahomanov è uno dei conoscenti più interessanti di De Gubernatis. Con lo pseudonimo di "Ukraino", pubblicò sulla «Rivista europea» un articolo che si può considerare di portata storica: Il movimento letterario ruteno in Russia e Gallizia.[38] Fu il primo saggio sulla cultura ucraina ad essere pubblicato in Italia; per la prima volta si informava sull'esistenza di una lingua e di una cultura ucraina, che rivendicavano la propria indipendenza e specificità. Della "Rutenia" in Italia si era fino ad allora sentito parlare assai poco, e mai si era chiarito quale fosse il posto di questa regione all'interno del sistema linguistico, culturale e geografico est-europeo.[39] Perciò Drahomanov non poteva non entrare nella questione politica connessa a quella culturale: i "ruteni" erano divisi fra due imperi dalla politica contraddittoria, mentre i polacchi di entrambi gli imperi consideravano come propria la popolazione e il territorio ruteni. La posizione di "Ukraino" era assai cauta nei confronti dell'impero russo e apertamente polemica verso i nazionalisti polacchi, che egli considerava come principali nemici di un possibile riconoscimento dell'etnia ucraina: egli, infatti, auspicava una soluzione riformistica che concedesse a tutti i popoli slavi autonomia linguistica, culturale e politica all'interno dell'impero russo. Il movimento ucrainofilo doveva, quindi, essere, nella visione di Drahomanov, più federalista che separatista, più sociale che politico.
Per la delicatezza del tema, l'articolo dello storico ucraino è molto più di uno scritto divulgativo destinato al pubblico italiano; egli scrive per un pubblico più vasto e anche, o soprattutto, per un pubblico interno alla Russia, dove certe tesi non potevano raggiungere le riviste e i giornali. Drahomanov è abilissimo nel mantenere un tono equilibrato e conciliante, ma allo stesso tempo sa argomentare su basi solide, storiche e scientifiche, le proprie critiche verso gli avversari dell'autonomia ucraina. Questi sono, in primo luogo, i polacchi. Le rivendicazioni d'indipendenza dei polacchi sono legittime, ma ad esse si accompagnano pretese territoriali e culturali illegittime che, secondo Drahomanov, sono frutto della confusione e della conoscenza imprecisa del territorio e delle etnie che lo abitano. Ciò ebbe conseguenze disastrose nel 1863, con il moto polacco:
Questa mancanza delle conoscenze scientifiche su tali riguardi [...] condusse la stampa e la diplomazia europea a sostenere non solamente le giuste e legittime aspirazioni de' partiti nazionali polacchi, ma anche le tendenze medievali del clero ultramontano-cattolico e dell'aristocrazia polacca, ambiziosa di dominare sul popolo lituano e russo-occidentale, il quale non ha cessato di protestare contro la detta dominazione.[40]
In questo modo i polacchi avrebbero peggiorato soltanto le cose, bloccando le riforme e ridando forza ai reazionari russi. Per i polacchi come per i "ruteni", Drahomanov propone una soluzione di tipo federativo, che consenta la libertà culturale di ciascuna etnia senza minacciare l'unità dell'impero zarista. Per contro, egli rifiuta la possibilità che si possa arrivare ad una simile soluzione nei territori polacchi e galiziani interni all'impero asburgico, dove, a detta sua, si sta ancora peggio. Da questo atteggiamento pregiudiziale e forse non sincero si può capire quale fosse la preoccupazione di Drahomanov di non urtare le autorità zariste con prese di posizione troppo radicali. Ciò nonostante, solo tre anni più tardi egli fu costretto a lasciare l'impero russo per rifugiarsi a Ginevra, dove aderì a programmi indipendentistici ben più rivoluzionari e di matrice socialista. D'altra parte, nel 1873 il movimento ucrainofilo nutriva serie speranze di vedersi riconosciute diverse rivendicazioni. Per questo motivo, nella congiuntura andava seguita una linea assai moderata, che però non bastò a scongiurare l'ukaz che nel 1876 impose il divieto di usare la lingua ucraina e di propagandare le idee autonomiste. A quel punto, gran parte del movimento fu costretto all'esilio e alla clandestinità, mentre la restante parte, con in testa lo storico Mykola Ivanovyč Kostomarov, si piegò alla russificazione.
Nella seconda parte dell'articolo, Drahomanov traccia un profilo della letteratura ucraina. Egli si preoccupa di minimizzarne la componente rivoluzionaria, spiegando che miseria e servaggio spinsero i poeti ucraini, Ševčenko in testa, a idealizzare il periodo delle libertà cosacche, sebbene storicamente esso fosse stato piuttosto tragico che glorioso. Segue una breve descrizione della poesia popolare ucraina, tema che Drahomanov conosceva molto bene. Quindi si fa il punto sul movimento culturale ucraino, che sorse con le riforme di Alessandro II, ma fu sempre ostacolato "da polacchi, ebrei e reazionari".[41] Tuttavia, Drahomanov si diceva convinto che la parte migliore della società russa simpatizzasse per gli ucrainofili.
Dopo aver delineato la situazione in Ucraina, Drahomanov si rivolge alla "Gallizia", dove, analogamente a quanto succedeva in Russia, i ruteni a momenti erano protetti e a momenti ostacolati dal governo asburgico. La produzione culturale galiziana era molto fiorente, grazie a diverse riviste, giornali e società che si servivano della lingua ucraina. Ma il problema principale della Galizia stava nel fatto che la popolazione era rutena, ma la nobiltà era polacca e ancora manteneva saldamente il potere nella regione. Drahomanov auspicava anche qui la collaborazione di polacchi e ruteni per risolvere i problemi di entrambe le etnie, senza che una cercasse d'inglobare l'altra. In conclusione, "Ukraino" difendeva la possibilità di una "pacifica convivenza delle masse popolari polacca e russa in un solo corpo politico", l'impero zarista.[42] La premessa per raggiungere questo risultato stava nel delineare correttamente i limiti territoriali di tutte le etnie dell'impero, ponendo fine alla confusione e all'ignoranza; la società russa era l'unica che può ammettere tale soluzione:
Quante sono persone istruite e liberali in Russia augurano la indipendenza della nazionalità polacca nei suoi limiti etnografici — e ciò fa la differenza fra la questione polacca in Russia e la stessa in Prussia.[43]
Considerate le complesse questioni che sollevava e le passioni relative, l'articolo di Drahomanov non poteva non trovare reazioni immediate nella cerchia delle conoscenze di De Gubernatis. E in effetti, va constatata quella, sintomatica, del polacco Władysław Tarnowski, poeta, scultore, compositore, grande amico di De Gubernatis. Tarnowski era nobile e proprietario terriero: la sua tenuta di famiglia, Wróblewice, si trovava proprio nella Galizia nord-occidentale, non lontano da Leopoli. Tarnowski lesse l'articolo di Drahomanov a Napoli, da dove scrisse una lunga e articolata lettera all'amico italiano, riportando il suo punto di vista di polacco-galiziano sulla spinosa questione:
ce n'est que ce matin que j'ai lu l'article sur la Rutenie. Entre nous soit dit, — et je Vous doit la franchise comme ami fidel — il m'a causé une vive douleur. Sans le vouloir Vous avez permis de jeter une pierre à la poitrine saignante de ma patrie! La Pologne, mon cher, la Lituanie et Rutenie, c'est une trinité aussi inseparable qu'independante en futur; ce sont trois grands bras du même arbre, croissantes sur le même tronc depuis des siècles. La Rutenie — que la Lituanie se disputait autre fois avec la Pologne, fut heritée legitimement encore au 14 siècle par le roi Casimir, et un demi siècle plus tard, la Lituanie elle même s'unit en mariage politique et moral, à la Pologne, comme aucunes autres nations du monde, elle lui doit toute sa civilisation, son Christianisme, et ensemble elles détruirent l'ordre Teuton Germanique, prêchant le Christianisme par annection et germanisation. Depuis, toute trois ne font qu'un seul individu, et vivent ainsi jusqu'au demembrement de la Pologne. La question Rutenienne, telle qu'on la pense dans ce moment, mon ami, fut trafiquée par l'Autriche (le Comte Stadion) en 1848, avec le motto „divide et impera“. L'Autriche d'aujourd'hui s'en repent bien, et la Russie a saisée cette question à son profit politique en essayant de reduire la Pologne future au Duché de Varsovie et Cracovie, comme la Prussie disputerait celui de Posen — Voila ou nous en sommes. Il Vous dit céla un Polonais Ruteniens, né sur cette même terre, et l'aimant filialement, comme ma vie le prouve, comme mes poésies, et comme mon petite école de campagne, ou les Rutenien comme le Polonais sont instruits, et ou les braves compagnards ne font pas de noces et d'enterrement sans moi [...].
En fin, quant à quelques Ruteniens qui sont allés de la Galicie en Russie, ils sont retournés, et y ont laissés leurs illusions de liberté et de liberalité du gouvernement. Des autres y sont restés pour leur propre profit personel. Le temps Vous dira le reste si nous vivons.[44]
L'articolo di Ukraino non passò dunque inosservato e trovò senz'altro un'eco fino in Russia, dove Drahomanov, professore di storia all'università di Kiev e molto amato dagli studenti, ebbe ben presto grossi problemi con le autorità e nel 1876, come si è detto, fu costretto ad emigrare in Svizzera, dove si legò a gruppi socialisti e rivoluzionari.[45] Nonostante questa sua adesione alle idee aborrite da De Gubernatis, Drahomanov rimase in rapporti cordiali, anche se meno intensi, con il professore di Firenze, che, anzi, lo difese, con qualche riserva, nella sua "Rassegna delle letterature straniere" sulla «Nuova Antologia» del maggio 1881. De Gubernatis vi criticava il governo russo di aver spinto lo storico ucraino alle idee rivoluzionarie proprio con le persecuzioni poliziesche, mentre la cosa più utile sarebbe stata ascoltare le esigenze del popolo ruteno, di cui Drahomanov aveva messo in rilievo la specificità:
Da questo scritto diligente e veridico [Il mov. lett. ruteno], quantunque un po' esclusivo, ci siamo persuasi in occidente che esiste in Russia un movimento ruteno, come in Francia un movimento provenzale, nella Gran Bretagna un movimento irlandese, meno innocente del primo, meno grave del secondo. La verità sembra far paura al governo russo.[46]
Le lettere di Drahomanov conservate alla BNF sono solo sette, non molte considerata l'intensità dei suoi rapporti con De Gubernatis nel periodo di collaborazione alla «Rivista europea»; solo due di esse sono posteriori al 1876, quando le vicissitudini di quest'ucraino, costretto ad emigrare prima a Ginevra e in seguito a Sofia, resero più labile il contatto. Ma egli per un certo periodo collaborò attivamente alla «Rivista europea», e in particolare contribuì alla sezione slava con alcune notizie bio-bliografiche sulle letterature russa e ucraina, firmandosi in genere M.D. Queste notizie formavano parte di una vera e propria rubrica letteraria internazionale, chiamata ora "Mondo letterario", ora "Notizie letterarie straniere", per poi scindersi in sezioni a se' stanti, fra cui le "Notizie letterarie slave". La parte slava di tali notizie era stata avviata sin dal 1870 da Artur Wołyński e da altri collaboratori rimasti anonimi (forse Evgenij Utin, spesso lo stesso De Gubernatis, che poteva documentarsi almeno sul «Vestnik Evropy» e sulla «Biblioteka Warszawska», che riceveva regolarmente). La collaborazione di Drahomanov cominciò solo nel 1873 e durò poco più di un anno. Nel fascicolo di febbraio 1873, oltre all'articolo di Ukraino compariva una breve notizia anonima sulla "Gallizia", evidentemente dello stesso autore.[47] Le due successive "notizie" di Drahomanov furono pubblicate sotto le iniziali M.D (ma è possibile che siano sue anche alcune notizie anonime). Nella prima veniva recensito un nuovo libro di Kostomarov dedicato alle koljady ucraine, spiegando cosa fossero e quali caratteristiche avessero.[48] La seconda era dedicata ad un congresso della Società geografica di Kiev tenutosi nel febbraio del 1874.[49] Oltre a queste "notizie", Drahomanov scrisse un articolo proprio sulla Società geografica russa di Kiev, che era uno dei centri scientifici per la legittimazione dell'autonomia etnica degli ucraini; per l'occasione, egli utilizzò per la seconda volta lo pseudonimo "Ukraino", ma, diversamente da come aveva fatto nel primo articolo, non toccò tematiche politiche.[50]
Dunque, Drahomanov non scrisse moltissimo per la «Rivista europea». In una lettera del 1874, l'ucraino spiegava di essere occupatissimo: oltre a tenere le sue lezioni all'università di Kiev, stava dando alla stampa una raccolta di canti epici ucraini, Istoričeskie pesni malorusskogo naroda, insieme al collega Volodymyr Antonovyč; infine, si era impegnato a tenere delle conferenze, però assicurava De Gubernatis di poter riprendere al più presto le sue notizie letterarie.[51] In realtà, l'ultima fu pubblicata poco dopo, nel fascicolo di gennaio del 1875.[52] Essa tratta del famoso congresso archeologico di Kiev dell'agosto 1874, nato con l'ambizione di riunire studiosi di tutto il mondo slavo nel nome degli ideali del panslavismo. Tali speranze furono in buona parte tradite e il panslavismo ne uscì molto ridimensionato, ma il congresso in se' offrì parecchi spunti interessanti. Dall'occidente si presentarono pochi slavi:
I dottori Wanckel, Beda Dundik della Moravia, Martino Kolar e Giuseppe Kolar della Boemia, il sig. Dzialowcki della Posnania, il sig. Nowakowic' della Serbia, il sig. Kalushniazki della Gallizia; la Croazia rappresentava Jagic, già professore a Odessa, ora a Berlino. La Francia mandava due suoi distinti uomini di lettere: il prof. Louis Leger ed il professore Alfred Rambaud, l'Ungheria il dott. Francesco Ramer, deputato del Museo municipale di Pesth (Buda-Ofen). La Germania, l'Italia e l'Inghilterra mancavano pur troppo.[53]
Il congresso ebbe momenti molto vivaci e fu ricco di relazioni interessanti, di cui Drahomanov riporta i temi; però le inimicizie russo-polacche pesarono più di tutto sul suo parziale insuccesso, il che spinge lo storico ucraino a commentare amaramente che "bisogna dunque riconoscere, che né russi, né slavi occidentali non siano ancora maturi per qualsiasi azione comune nella scienza".[54] Nello stesso fascicolo del gennaio 1875, oltre alla relazione di Drahomanov, le "Notizie letterarie slave" riportavano una recensione della raccolta di canti epici ucraini curata dallo stesso Drahomanov insieme ad Antonovič e la biografia del cieco Veresaj, l'ultimo kobzar (cioè gusljar, aedo) ucraino, tradotta da Sof'ja De Gubernatis.[55]
Anche al di fuori della «Rivista europea», Drahomanov si rese ancora utile a De Gubernatis, per esempio fornì informazioni bibliografiche russe e ucraine sul folklore legato alle piante, materiali che servirono a De Gubernatis per la sua Mitologia delle Piante, seguito della Zoological Mythology. Drahomanov indicava lavori di Kostomarov, Rudčenko, Rogovič:
Чумацкие песни, изд. моего друга Рудченка, и оттиск реферата проф. Роговича о растениях и проч. Когда получите, напишите мне о Вашем решении. Что прикажете, я выполню, — так как через 2 недели буду опять в Киеве. Свод всего матерьяла малор. легенд о растениях, кроме того немногого, что есть у пр. Роговича, находится в статьях Костомарова „Об историческом значении южнорусского песенного творчества“, которые печатались в Московском обозрении „Беседа“ за 1872 г.[56]
Poichè la redazione di «Beseda» era stata chiusa d'autorità, risultava difficile reperire gli articoli di Kostomarov; ma Drahomanov si era rivolto direttamente all'illustre collega perchè glieli procurasse:
К сожалению, Беседа прекратилась, а Костомаров не издал отдельно своего труда, так как он не охотен был печатанием. К-в же смотрел на печатание в Беседе, как на корректуру. Добыть по этому статьи К-ва трудно. Но я писал самому Костомарову и просил выслать мне экземпляр оттисков, — и надеюсь скоро получить. Как получу, немедленно пришлю Вам.[57]
Di Kostomarov, Drahomanov segnalava anche una serie di monografie sulle grandi figure della storia russa, come Pëtr Mogila, praticamente sconosciuto in Europa:
При случае еще раз рекомендую Вам „Рассказы из Истории Русской“ Костомарова. Теперь уже вышел V вып., заключающий XVII в. В этом сочинении Вы найдете ряд небольших монографий об интересных лицах из русской истории, из коих иные, напр. еретики новгородские и московские XVI в., лица, как Петр Могила, Хмельницкий и т.п. почти неведомы на Западе.[58]
Saputo che Sof'ja De Gubernatis stava traducendo la biografia di Veresaj, Drahomanov si informava:
Как идет перевод Вересая? Не трудно ли вашей супруге справляться с малорусским языком? Если встретили какое затруднение, напишите. Я предлагаю свою помощь к объяснению.
Вообще прошу Вас располагать мною особенно в деле ознакомления Запада с Русью, в коем мы должны быть благодарны таким усердным трудам, как Вашим.[59]
Nella lettera del 13 luglio 1874, Drahomanov comunica di aver ricevuto risposta da Kostomarov, il quale, però, non era persona accurata e non si era mai fatto fare estratti degli articoli pubblicati su «Beseda»; non rimaneva che provare a cercare la rivista nei bouquinistes di Mosca:
Любезный друг и товарищь,
Дела заставили меня проездить долго по разным местам Украйны, — вот почему я долгонько не имел вести об оттисках той статьи Костомарова, которая имеет матерьялы о малорусской „ботанической мифологии“. Теперь я получил известие от Костомарова, что у него нет оттисков: он человек не заботливый, а редакция сама не догадалась сделать. К сожалению, я не имею ровно никого знакомого в Москве, где выходил журнал „Беседа“, в котором печаталась статья К-ва „Об историческом значении южнорусских народных песен“. У Вас есть в Москве родственники, то, быть может, им удастся добыть те №№ „Беседы“ за 1872 г., в которых была помещена статья; у букинистов, верно, есть они.[60]
Più avanti nella stessa lettera Drahomanov fa invece riferimento alla conferenza-articolo di De Gubernatis su Aleksej Tolstoj, che egli ha letto sulla «Rivista europea» e che non lo ha convinto per il tono troppo avverso ai nichilisti:
Мне кажется, что в характеристике русского нигилизма, которую Вы делаете в статью о гр. А. Толстом, Вы наложили слишком мрачные краски; верно, наши соотечественники доставили Вам односторонние данные. Несколько лет назад, кажется в 1866 или 1867 г., была в Forthnightly Review статья о русском нигилизме, из которой видно, что это только местная форма общеевропейского движения позитивно-демократического.
Ricordo che simili obiezioni all'articolo su Aleksej Tolstoj erano arrivate a De Gubernatis anche dalla suocera e dalla cognata; senza dubbio egli ne tenne conto in successivi lavori, nei quali si mostrò più equilibrato e ammise persino una forma di nichilismo positiva, da identificarsi proprio con ideali positivisti e democratici.[61]
Nel 1876 Drahomanov fu dunque costretto a rinunciare alle proprie speranze riformistiche e a lasciare l'Ucraina zarista per rifugiarsi prima nella Galizia asburgica e poi a Ginevra. I contatti con De Gubernatis si interrompono quasi del tutto dopo una lettera scritta già da Ginevra, probabilmente nel 1876, in cui fra le altre cose Drahomanov si lamenta di non riuscire a pubblicare i suoi studi comparati sulla poesia popolare ucraina.[62] Termina così una collaborazione stimolante ma di troppo breve durata. Nel 1889 Drahomanov diventerà professore all'Università di Sofia, dove morirà nel 1895.
Più frequenti furono i contatti col filologo Fëdor Ivanovič Buslaev (1818-1897), seguace, come De Gubernatis, delle teorie di Max Müller (e infatti "avversario" dell'ex-allievo Veselovskij). Anche Buslaev conobbe De Gubernatis a Firenze nei primi anni '70. La loro amicizia si fondava sui comuni interessi per la mitologia comparata e per il folklore; infatti, l'unico contributo di Buslaev alla «Rivista europea» s'intitola Appunti di mitologia slava (feb.1875, pp.433-446), ed è il primo scritto del genere apparso in Italia. Si tratta di un saggio in forma di lettera, scritto come complemento ad un libro di De Gubernatis, Letture sopra la mitologia vedica (Firenze, 1874). Le tesi comparativistiche dello studioso italiano venivano ribadite con esempi tratti dall'area della mitologia slava, della quale Buslaev era uno dei massimi conoscitori. In tal modo, si offriva ai lettori italiani anche un profilo di tale mitologia.
In una lettera del 6 dicembre 1875, Buslaev si diceva contento di contribuire alla divulgazione delle tradizioni russe in occidente, per creare stima verso le "nostre cosiddette barbare nazionalità".[63] La sua promessa di mandare notizie bibliografiche per la rivista andò però a vuoto, sebbene De Gubernatis almeno un paio di volte gliela rammentasse.[64] Con la lontananza di Buslaev dall'Italia, il contatto divenne più occasionale. Nel 1883 De Gubernatis gli scrisse per avere un autografo da inserire nell'albo per i terremotati di Casamicciola, una sua iniziativa che consisteva nel raccogliere firme illustri per poter vendere l'albo all'asta: il ricavato sarebbe andato alle famiglie dei terremotati. Buslaev rispose accoratamente all'appello, ricordando di avere visitato Ischia in un viaggio giovanile, nel 1840, e di esserne rimasto affascinato, poiché "там в первый раз узнал я, что такое красоты природы…"[65]
Il carteggio con lo scrittore Pëtr Dmitrievič Boborykin (1836-1921) fu molto intenso: alla BNF si conserva una quarantina di lettere del russo, che a suo tempo godette di una buona fama di romanziere e novellista.[66] La conoscenza avvenne a Firenze nel gennaio 1874, su presentazione scritta del solito Stasjulevič. Boborykin viaggiava molto e spesso; in una lettera del 13 marzo 1874 scrive con orgoglio di essere uno dei pochi letterati russi che non hanno mai servito nell'amministrazione e che vivono del lavoro di scrittore.[67] Dopo Firenze si sposta a Roma, poi a Kissingen, Heidelberg, Lucerna, Vienna, tutto nel 1874. In questo periodo la corrispondenza con De Gubernatis è molto fitta, ma tutto sommato Boborykin non dà che un solo contributo alla «Rivista europea»: nei fascicoli di aprile e maggio del 1875 apparve il saggio Del criticismo russo, prima sommaria esposizione in italiano della storia della critica letteraria in Russia.[68] Il saggio nacque dalle sollecitazioni di De Gubernatis, che invitava l'amico a dedicarsi alla critica letteraria: così rispondeva inizialmente Boborykin:
Ella mi rimproverà [sic] forse di non sviluppare il mio gusto pel criticismo, dove Ella ha la compiacenza di predirmi considerevoli successi. Tali lavori domandano non solamente studii più particolari, ma anche una posizione tutt'a fatto indipendente. Se io avessi un mio organo, darei volontieri un maggiore sviluppo alla mia carriera critica [...]. Di quando in quando farò articoli per la Riv. del Signor Stassulewitch sulle novità letterarie straniere. Il primo è già approntato. Ma lo troverà probabilmente nel fascicolo di Dicembre, sotto il titolo "Le confessioni dei padri letterari" (Признания литературных отцов), ma senza la mia firma. È uno studio del romanticismo francese a proposito dei due libri postumi di Théophile Gautier, ai quali ho congiunto il libro di Champfleury, dove si trovano anche i ricordi di gioventù e molte particolarità della "bohéme" di Parigi.[69]
L'idea del saggio sulle tendenze della critica letteraria russa matura nello stesso periodo. Boborykin, incoraggiato da De Gubernatis a dedicarsi a lavori di critica, scrive il 7 dicembre '74:
Mi propongo di sottometterle fra due mesi un articolo sul "Criticismo russo", dove io dipingo un quadro succinto del movimento critico del Belinski , accennando anche i difetti principali del nostro giornalismo letterario.[70]
Nel frattempo, mentre lavora all'articolo, Boborykin chiede a De Gubernatis di tradurre per la «Rivista europea» una sua novella, V usad'be i na porjadke, da poco pubblicata dal «Vestnik Evropy»:[71]
L'argomento è, com' Ella vedrà, un po' delicato; ma la maniera, colla quale è trattato, non sembrami, a dir vero, così cruda come quella che apparve dalla "Rivista", parlando dei miei romanzi in generale. So che Ella ha troppo da fare; ma forse le sue Signore,[72] spero, si sacrificheranno per qualche ora in mio favore. Il loro suffraggio mi sarà utilissimo, perché conoscono le due lingue con il gusto del pubblico italiano.[73]
Il saggio Del criticismo russo è pronto per febbraio, in italiano (Boborykin lo rimette alle correzioni di De Gubernatis per quanto concerne stile e proprietà linguistica, pregando però di lasciare inalterati i concetti).[74] L'articolo uscì, come detto, tra aprile a maggio del 1875, con soddisfazione di Boborykin. Vista poi la sua insistenza, De Gubernatis accettò anche la seconda richiesta del romanziere e sottopose la sua novella al giudizio della suocera; tale giudizio, però, da quanto possiamo desumere dalla lettera di risposta di Boborykin, risultò negativo. Un po' piccato, Boborykin controbatteva in questo modo alle critiche di Madame Bezobrazova:
La di Lei Sig. Suocera a preso per la prima parte tutta la mia novella con fine assoluto. Questo errore provenne forse dall'argomento [...]. Ma non poteva fare succedere un omicidio da un suicidio: — sarebbe troppo per una novella di dimensioni modeste.[75]
Comunque, di fronte alla stroncatura di Elizaveta Pavlovna, Boborykin si tirò indietro, dicendo che non desiderava tanto pubblicare la novella, quanto farsi un'opinione del pubblico italiano:
Profitterò, forse, della di Lei proposizione e ne farò un Sunto per la "Rivista". Mi permetterò anche l'audacia di farne, io stesso, la traduzione in italiano. Quando sarà pronto, la sottoporrò al di Lei giudizio. Mi pare che un giornale, come la "Gazzetta d'Italia" o "Il Diritto", potrebbe farne la pubblicazione in appendice. Due mesi fa, lessi nel "Fanfulla" una novella di Tourgheneff. Senza voler paragonarmi a questa nostra sommità, accenno solamente un fatto che dimostra come le redazioni dei giornali quotidiani in Italia non sono alieni dalla pubblicazione di novelle russe. Ella mi guiderà nella scelta di un periodico opportuno per una tale collaborazione.[76]
L'osservazione di Boborykin era corretta: sempre più giornali in Italia concedevano spazio alla letteratura russa, pur senza arrivare all'assiduità della «Rivista europea». Senza dubbio, De Gubernatis cominciava a fare scuola, anche se non va ascritta solamente a suo merito questa crescita progressiva di interesse per la Russia; è piuttosto vero che De Gubernatis era l'interprete più cosciente e costante di un'esigenza generale di sprovincializzazione della cultura italiana che non poteva non tener conto del livello raggiunto dalla letteratura russa. Non possiamo quindi dire che grazie al direttore della «Rivista europea» gli altri periodici italiani abbiano scoperto la Russia; la sua è stata comunque un'azione trainante e, anzi, avrebbe meritato frutti più consistenti.
Per quanto riguarda la novella che non era piaciuta a Elizaveta Pavlovna Bezobrazova, De Gubernatis acconsentì a pubblicarne il riassunto di cui Boborykin era disposto ad accontentarsi. Tale riassunto apparve, anonimo, nello stesso fascicolo di maggio 1875 in cui si trova la seconda parte dell'articolo sul "criticismo". Esso non apporta nessuna informazione interessante e si può reputare un puro atto di cortesia verso lo scrittore.[77]
Tornando al saggio Del criticismo russo, esso risulta piuttosto utile per sintetizzare le diverse linee ideologiche e i diversi movimenti della critica letteraria russa, a partire da Belinskij fino all'attualità stessa degli anni '70, di cui Boborykin faceva parte a pieno titolo (e lo dimostra la vis polemica con cui affronta questi temi). Il saggio è introdotto da una riflessione sul significato della parola "niilismo", riflessione dovuta al peso che essa aveva assunto nella critica militante, che risultava spaccata in due atteggiamenti contrapposti rispetto, appunto, al nichilismo. Secondo Boborykin, dare una definizione del nichilismo è compito assai difficile, poiché il nichilismo è "piuttosto un suono che una cosa ben conosciuta dalla maggioranza. Il niilismo fù una manifestazione non tanto filosofica, che sociale contro il regime che durò in Russia più di trent'anni".[78] Detto ciò, lo scrittore entra in tema e descrive l'evoluzione della critica di sinistra, sviluppatasi a partire da Belinskij al grido di "dottrina" e "forza morale". Quindi vengono Dobroljubov, interprete delle aspirazioni e delle tendenze della gioventù, Černyševskij, teorico dell'utilitarismo, e Pisarev. Dall'altro lato stanno invece i difensori dell'arte pura: Grigor'ev, Družinin, Strachov e Dudyškin. Di ciascuno di questi nomi, Boborykin inquadra l'attività per linee abbastanza generali, ma nel complesso ciò va più che bene per i lettori della «Rivista europea», che da questa sintesi possono farsi facilmente un'idea dell'attività critica russa. Nella seconda parte dell'articolo, Boborykin passa ad analizzare la situazione contemporanea, enumerando le riviste letterarie, le loro tendenze e i loro collaboratori più importanti.
Superata la metà degli anni '70, periodo di intensissima corrispondenza tra Boborykin e De Gubernatis, per un certo tempo i loro rapporti si interrompono: da una lettera del romanziere del 1877 risulta che questi è a Mosca, dove, fra un progetto letterario e un progetto di viaggio, sta cercando di creare una rivista (e nel caso di riuscita, è pronto a richiedere l'aiuto di De Gubernatis come corrispondente dall'Italia):
Le plus vaste de ces projets est la création à Moscou d'un grand journal quotidien. L'affaire marche et si tous les obstacles sont sormontés j'irai, l'été prochain, faire une tournée pour pêcher des correspondants et viendrai, certes, frapper à votre porte.[79]
Ma l'esperienza giornalistica di Boborykin fu di breve durata e non ebbe il successo sperato; De Gubernatis non vi collaborò.
L'epistolario riprende con una certa regolarità solo alla fine del 1883, quando De Gubernatis propone a sua volta a Boborykin di scrivere una rubrica per la sua nuova rivista, la «Revue Internationale». Era stata Sof'ja Nikitenko a suggerire il nome di Boborykin, poiché era troppo malata per partecipare lei stessa.[80] Boborykin accettò la proposta di scrivere un articolo al mese,[81] ma l'allestimento di una nuova pièce, una malattia e un viaggio in Italia ritardarono di più di un anno il primo articolo, dedicato al "culto del popolo nella moderna letteratura russa"; l'articolo uscirà soltanto nel numero VI,6, uscito nel giugno 1885.[82] Boborykin, a quanto pare, lo scrisse direttamente a Firenze, dove si trovava di passaggio durante il suo ennesimo viaggio per l'Europa. Tema dell'articolo era il vero e proprio culto che gli slavofili avevano creato intorno al popolo russo: il mito dell'elemento popolare nella cultura russa era, secondo Boborykin, qualcosa di assolutamente specifico e assente dalla cultura europea. Egli espone le linee fondamentali dello slavofilismo, citandone i principali rappresentanti e correnti, senza celare l'atteggiamento di distacco critico proprio della sua mentalità positivista e occidentalista. Quindi riporta la posizione di diversi scrittori in rapporto al popolo. Particolarmente interessante il giudizio su Dostoevskij e sul počvenničestvo: questa corrente, creazione di Dostoevskij, viene considerata come la variante pietroburghese dello slavofilismo. A partire dal 1860, Dostoevskij "s'engouffrait de plus en plus dans le mysticisme d'un narodnik orthodoxe".[83]
Rimane il dubbio che Boborykin abbia collaborato alla «Revue» anche con le rubriche firmate Lector e J. De Latour, fatto ritenuto quasi sicuro da Marzaduri.[84] In realtà, Lector era Adelaida Bakunina. Inoltre, in una lettera a Ol'ga Smirnova del 16 marzo [1884], De Gubernatis si lamentava perché "jusqu'ici Boborykine n'a pas écrit une seule ligne pour la Revue".[85] Sono abbastanza deboli pure le probabilità d'identificazione con lo scrittore del secondo pseudonimo, "J. de Latour": infatti, dalle lettere che Boborykin indirizzava a De Gubernatis in quegli anni, non ci sono riferimenti a corrispondenze per la rivista, anzi, lo scrittore si scusa costantemente di non poter mantenere la promessa di collaborare. Appare dunque verosimile che anche dietro questo secondo pseudonimo ci sia un'altra persona; "J. de Latour" potrebbe forse essere un critico del «Journal de Saint Pétersbourg», Zaguljaev, persona indicata dalla stessa Smirnova, sulla cui attività mi soffermerò nel terzo capitolo.[86]
In ogni caso, la breve collaborazione di Boborykin alla «Revue» è la sua ultima esperienza professionale con De Gubernatis. I loro rapporti rimasero comunque assai buoni, ma sempre su un piano strettamente personale. Le lettere di Boborykin conservate alla BNF arrivano al 1898.
Nel 1874 arrivò a Firenze con una raccomandazione di Mychajlo Drahomanov lo storico e pedagogo pietroburghese di origine ucraina Boris Antonovič Pavlovič (1848-1878).[87] Pavlovič, secondo quanto riportato dalla «Rivista europea», era venuto "per far l'educazione letteraria della figlia della Granduchessa Maria di Russia".[88] Anche da questa conoscenza nacque una proficua collaborazione alla rivista, che ospitò due scritti storici di Pavlovič, il primo dedicato alla stregoneria e il secondo all'educazione gesuitica.[89] Oltre a questi due saggi, non legati alla Russia, Pavlovič pubblicò sulla «Rivista» una lettera polemica sulla divulgazione della cultura russa in Italia; ma su questo scritto, assai interessante, tornerò nel cap.III,1.
Sono queste le principali amicizie nate, direttamente o indirettamente, dal contatto di De Gubernatis con il «Vestnik Evropy». In questo modo, la sua «Rivista europea» poté valersi di validi collaboratori russi e proporre qualcosa di assolutamente inedito in Italia. L'apporto di De Gubernatis alle relazioni fra Italia e Russia fu buono anche per il suo impegno col «Vestnik». Piacquero soprattutto i suoi Èskizy ital'janskogo obščestva, che catturarono all'Italia la simpatia dei lettori russi.
Un episodio interessante indirettamente collegato all'attività russa di De Gubernatis riguarda V.P.Burenin, traduttore dall'italiano. Dopo aver letto sul «Vestnik» l'articolo di De Gubernatis dedicato a Petrarca,[90] Burenin scrisse a Stasjulevič per proporre una traduzione da Ariosto:
Читая ст. Андж. де Губернатиса, я вспомнил о близком юбилее Ариоста [...]. С Ариостом русская публика знакома еще меньше, чем с Петраркой. "Наистовый Орланд" не был у нас переведен ни стихами ни прозой.[91]
Burenin spiegava con calore la grande importanza e bellezza della poesia di Ariosto e la necessità di renderla popolare in Russia. La proposta risultò convincente: sul «Vestnik Evropy» del dicembre 1874 apparve la sua traduzione di un episodio dell'Orlando Furioso, dal titolo Ispytanie žen.[92]
- Vedi Stasjulevič, St-Pétersbourg 6/18 Sept. 70, BNF, cart.DG, 118,45. Cfr Потапова, Русско-итальянские..., cit ., p.138.
- Vedi Письмо из Флоренции, 26-гo сентября 1870 , in «V.E.», 10(1870), pp.944-949.
- Vedi "Koрреспонденция из Рима" . Италия после присоединения Рима , 5 O к т я б р я 1870 г .., in «V.E.», 11(1870), pp.435-445.
- DG torna sull'argomento, indirettamente, l'anno dopo, pubblicando sul «V.E.» una corrispondenza intitolata Kлассицизм и филология в Италии, in «V.E.», 8(1871), pp.885-896. Per la polemica sul classicismo in Russia, vedi DG, Katkoff, cit , pp.715-719.
- Stasjulevič, St.Pétersbourg le 8 Mars / 24 Février 1870, BNF, cart.cit.
- E.Bezobrazova, St.Pétersbourg le 16/28 Octobre [1870?], BNF, cart.cit.
- Stasjulevič, 31 dec. 1871/ 12 janv. 1872, BNF, cart.cit.
- Id ., St.Pétersbourg le 1/13 juillet 72, ibid.
- Vedi id ., 28 oct. / 6 nov. 1872, ibid.
- Vedi id ., St.Pétersbourg, 23 avril / 5 mai 1874, ibid.
- Vedi «Riv.eu.», dic.1875, pp.184-192.
- Cfr. Stasjulevič ., St.Pétersbourg le 16/28 mars 1883, ibid.
- Vedi lettere di DG a Žemčužnikov, Rome, 10 Avril 1892 e Rome, 5 Mai 1892, RGALI, f.639, op.2, 51.
- In «V.E.», 1(1873), pp.296-308.
- Stasjulevič, Sankt-Peterburg, 1/13 fevralja 1873 goda, BNF, cart.cit.
- DG, Zoological Mythology or the Legends of Animals , London, 1872, 2 voll.
- «Sono curioso di sapere se la vostra mitologia sia giа uscita? Vorrei darne un rendiconto in qualche periodico russo, sia nel Viestnik». (Veselovskij, li 15 d'Agosto [1871-72], Genova, Pegli, BNF, cart.DG, 133,49).
- Lettera di Veselovskij a Stasjulevič, Флоренция, 19 Дек. 1872, in М.М.Стасюлевич и его современники в их переписке, Санкт Петербург, 1911-13, т. II, p261. Cfr. Потапова, Русско-итальянские..., cit. , р.149.
- Si riferisce alla risposta negativa di Stasjulevič (cfr.Потапова, Русско-итальянские..., cit. , p.149).
- Lett. di Veselovskij a Stasjulevič, [февраль 1873], in М.М.Стасюлевич...,cit , т. II, р262. Buslaev era stato il maestro di Veselovskij, che ne aveva poi abbandonato le posizioni.
- Cfr. E.Bezobrazova, St.Pétersbourg le 27 Sep./9 Octobre, BNF, cart.cit.
- Vedi lettera di DG a Stasjulevič del 20 luglio 1873, cit. in Потапова, Русско-итальянские..., cit ., p.150.
- Cfr. A.N.Veselovskij, A.A.Potebnja [e altri], La cultura nella tradizione russa del XIX e XX secolo , a cura di D'Arco Silvio Avalle, Torino, 1980, pp.385-389.
- Nella sua edizione della Novella della figlia del re di Dacia (Pisa, 1866) Veselovskij si era servito della mitologia comparata come metodo d'analisi.
- Veselovskij, lettera a A.D'Ancona, [Sankt-Peterburg] li 22 di Ottobre [1873], cit. da Marzaduri, Lettere di A.N.Veselovskij al D'Ancona e al Carducci , in «L'archiginnasio», LXIII, 1967, p.400.
- Lett. di Veselovskij al D'Ancona [s.d.], ibid., p.402.
- Non è un caso isolato nella carriera di De Gubernatis: varie sue amicizie si trasformarono repentinamente in feroci inimicizie, come nel caso dei litigi, seguiti da periodiche riconciliazioni, col Carducci, o come nel caso ancora più significativo della rottura con Niccolò Tommaseo: dopo essersi professato suo discepolo e fervente ammiratore sin dalla giovinezza, De Gubernatis attaccò violentemente il vecchio maestro, ormai prossimo alla morte, accusandolo di avere diffamato il suo onore in un'intervista al "nemico" Pietro Fanfani, ed esigendo solenni spiegazioni! Questo non fece che spazientire Tommaseo, già seccato dai precedenti eccessi di devozione di De Gubernatis, al quale, come tutta risposta, fece sapere che voleva essere lasciato in pace (vedi P.Cioreanu, N.Tommaseo e A.De Gubernatis: carteggio inedito , in «Rivista dalmatica», dic.1939, pp.35-47; mag.1940, pp.27-36).
- Cito da Потапова, Русско-итальянские..., cit ., p.152.
- E.Bezobrazova, St.Pétersbourg le 16/28 Octobre [1873], BNF, cart.cit.
- ibid.
- Cfr. Потапова, Русско-итальянские..., cit ., p.152.
- Stasjulevič, St.Pétersbourg 1/13 nov. 1873, BNF, cart.cit.
- ibid.
- ibid.
- E.Bezobrazova, St.Pétersbourg le 20 Nov./2 Decembre [1873], BNF, cart.cit.
- S.Nikitenko, lett. a Stasjulevič, Флоренция 13/25 июля 1870, in Стасюлевич..., cit ., IV, p.227.
- M.Drahomanov, lett. a Stasjulevič, Флоренция, 3 декабря 1871, ibid., V, p.195.
- «Riv.eu.», feb.1873, pp.475-489; mar.1873, pp.63-90.
- Vedi in proposito О.Є.-Я. П ax л ь o в с ь к a, Українсько-італійські літературні зв'язки XV-XX ст ., Київ, 1990, pp.83-109; O. P achlovsla, Civiltà letteraria ucraina , Roma, 1998, pp.178-181; М.М.Варварцев, Анджело Де Губернатіс — популяризатор української культури в І талії , in Історичні дослідження. Історія зарубіжних країн , Київ, 1989, вип.15, pp.10-20
- Ukraino, Il movimento..., cit. , in «Riv.eu.», feb.1873, p.476.
- ibid. , mar.1873, p.76.
- ibid. , p.89.
- ibid. , p.87.
- W.Tarnowski, Naples, 7.II.873, BNF, cart.DG, cass.120, 53.
- A questo proposito, vedi Diz., sub voce ; «N.A.», "Rass.lett.stran.", mag.1881, pp.170-182. Drahomanov divenne nel 1882 direttore della rivista nazionalista-rivoluzionaria «Vol'noe slovo», che in realtà era segretamente finanziata da ambienti reazionari per svolgere attività provocatoria e per potersi infiltrare nelle maglie del fibrillante ambiente rivoluzionario ginevrino (vedi L.Salmon, Una voce dal deserto: Ben-Ami, uno scrittore dimenticato , Bologna 1995, pp.73-77). Di qui è sorto il forte sospetto che anche Drahomanov fosse un agente della polizia segreta zarista, sospetto mai confermato positivamente, ma reso particolarmente verosimile dalla sua importante posizione all'interno della rivista e, come si è già accennato, dall'ambiguità di certi suoi atteggiamenti politici. Volendo accettare per vera tale ipotesi, si potrebbe scorgere una simile ambiguità anche nell'articolo per la «Rivista europea», dove si guardava allo zarismo come risolutore della questione ucraina in opposizione ai vari nazionalismi e radicalismi che venivano indicati come nocivi. D'altra parte, non bisogna dimenticare che Drahomanov si considerava un nazionalista liberale, e che anche a Ginevra egli ribadì più volte il suo distinguo nei confronti dei movimenti rivoluzionari e terroristici russi. Infine, ambiguità, mezze parole e segretezza erano comunque ricorsi inevitabili, trattandosi di lottare clandestinamente per l'autonomia o l'indipendenza dell'Ucraina. La questione rimane in ogni caso aperta, né le lettere di Drahomanov a De Gubernatis ci forniscono a questo proposito alcun indizio utile.
- ibid., p.171.
- "Notizie letterarie straniere": Gallizia , in «Riv.eu.», feb.1873, pp.645-646.
- M.D., "Notizie letterarie slave", in «Riv.eu.», dic.1873, pp.201-202.
- M.D., "Notizie letterarie di Russia", in «Riv.eu.», mag.1874, pp.589-593.
- Ukraino, Le recenti pubblicazioni della Società Geografica Russa , in «Riv.eu.», mag.1873, pp.458-463.
- Vedi Drahomanov, s.d. [1874], BNF, cart.DG, 47,9.
- M.Dragomanoff, Il Congresso Archeologico a Kiev nell'agosto 1874 , in «Riv.eu.», gen.1875, pp.412-416. Sulla «Riv.eu.» al congresso fu dato molto risalto, visto che oltre allo scritto di Dragomanov fu pubblicato il resoconto di un altro partecipante, Louis Leger (vedi il capitolo a lui dedicato).
- ibid. , p.412. Riguardo all'assenza dell'Italia al congresso, è di un certo interesse il post-scriptum di una lettera scritta da Dragomanov a De Gubernatis nella primavera del 1874: «Вы, конечно, получили приглашение участвовать в нашем съезде археологов в Августе. Уже давно послал приглашение Вам и Компаретти. Приедет ли кто? Может быть, кто желал бы приехать. Если Вы кого порекомендуете, то немедленно будет ему выслано приглашение» (Drahomanov, lett. s.l. s.d. [ma prima di giugno 1874], BNF, cart.cit.). Si offrì dunque, e sfumò, l'opportunità di una partecipazione di Angelo De Gubernatis e del filologo Domenico Comparetti al convegno di Kiev. Ma era un'occasione prematura.
- Dragomanoff, Il Congresso..., cit. , p.412.
- V.V., Il nuovo libro de' signori Antonovic' e Dragomanoff, ibid. , pp.410-412; Ostap Nikìtic' Veressai, l'ultimo de' rapsodi slavi , traduzione e riduzione di S.D.G.B., ibid. , pp.416-418.
- Drahomanov, Gabel', Poltavsk. gub., 2 Ijulja 74, BNF, cart.cit.
- ibid.
- ibid.
- ibid.
- Id ., Ijulja 13, 1874, ibid.
- Vedi DG, Il nichilismo, cit .
- Drahomanov, [Genève], s.d.[1876?], BNF, cart.cit.
- F.Buslaev, Roma 6 dic.1875, BNF, cart.DG, 19,33.
- Vedi id ., Mosca 2/14 Luglio 1876 e Mosca 1 Agosto 1878, ibid. Nella prima delle due lettere, Buslaev si giustificava dicendo che "io sono Russo, ed ella, come perfetto amico degli Russi, sa bene apprezzare le nostre buone qualità, anzi che scusare i nostri difetti e falli".
- Vedi la lett. con la dedica di Buslaev, Clin. Borgo Maidanovo, 17/5 agosto 1883, ibid. ; la brutta copia è conservata allo RGALI, f.69,1,26.
- «romanziere, drammaturgo, memorialista e giornalista fecondissimo, per il quale coniarono persino il verbo boborykat' a indicare uno scrittore facile e superficiale.» (Marzaduri, Note autobiografiche del poeta A.N.Žemčužnikov e del prosatore P.D.Boborykin per De Gubernatis , in «L'archiginnasio», LXIII-LXV, 1968-70., p.533).
- «je suis un de ces hommes de lettres russes — peu nombreaux — qui étant d'extraction nobilière, n'a jamais servi et doit sa position économique et sociale uniquement à son état d'écrivain». P.Boborykin, Le 13 Mars 1874, Rome, BNF, cart.DG, 14,46.
- P.Boborykin, Del Criticismo Russo , in «Riv.eu.», apr.1875, pp.218-228; mag.1875, pp.462-470.
- Id ., Il 14 Novembre 74, Vienna, ibid.
- Id., Il 7 Dicembre 74, Vienna, ibid.
- «V.E.», 1(1875), pp.5-106.
- La moglie e la suocera.
- Boborykin, Vienna, 8 Gennaio, 75, cart.cit.
- Id ., 10 Febbraio 1875, Vienna, ibid.
- Id ., 19 Febbrayio 1875, Vienna, ibid.
- ibid.
- "Notizie letterarie di Russia": In Castello e nel villaggio . Novella russa di Pietro Boborykin, in «Riv.eu.», mag.1875, pp.558-560.
- Boborykin, Del Criticismo..., cit. , p.219.
- Id ., Le 13/25 Janvier {1877}, Moscou, ibid.
- Cfr. Marzaduri, A.DG russista, cit., pp.514-515.
- Vedi Boborykin, Le 20/8 Dicembre 83, Moscou, BNF, cart.cit.
- P.Boborykin, Le culte du peuple dans la littérature russe contemporaine , in «Rev.int.», VI,6, 10 giu.1885, pp.721-734.
- ibid. , p.728.
- Cfr. Marzaduri, A.DG russista,cit ., p.514.
- DG, lett. a O.N.Smirnova, 16 mars [1884], RGALI, f.485, op.1, 284.
- Vedi O.Smirnova, 12 Mars 1884, Paris, BNF, Cart.DG, 116,70. Nella stessa lettera la Smirnova risponde a DG a riguardo di Boborykin: «Babarykine est un homme très bruyant , mais, fra noi , ce sont les tonneaux vides qui font le plus de bruit, pardon de vous dire ce-là, mais c'est par l'intérêt pour la revue».
- Vedi M.Drahomanov, lett. s.d. s.l. [1874], BNF, cart.cit.
- "Notizie letterarie slave", in «Riv.eu.», nov.1874, p.646.
- B.Paulowic', La stregoneria nel Rinascimento e sotto la Riforma , in «Riv.eu.», apr.1875, pp.229-238; mag.1875, pp.471-481. Id., L'educazione e l'insegnamento nelle scuole dei gesuiti , ibid. , dic.1875, pp.96-110.
- DG, Франческо Петрарка и его юбилей , in «V.E.», 9(1874), pp.251-293.
- V.P.Burenin, lett. a Stasjulevič, 16 Сентября 1874, in Стасюлевич...,cit ., II, p.547.
- «V.E.», 12(1874), pp.766-780.
Датум последње измене: 2008-06-30 10:02:33