Stefano Aloe
Angelo De Gubernatis e il mondo slavo (Cap. 2.3. Aleksej Tolstoj)
Angelo De Gubernatis e il mondo slavo . Gli esordi della slavistica italiana nei libri, nelle riviste e nell'epistolario di un pioniere (1865-1913) . Studi slavi e baltici. Dipartimento di linguistica. Università degli Studi di Pisa, N. 1 - 2000 Nuova Serie, Collana di studi e strumenti didattici diretta da Giuseppe Dell'Agata, Pietro U. Dini, Stefano Garzonio, Pisa: Tipografia Editrice Pisana, 2000.
II,3 Aleksej Tolstoj
Aleksej Konstantinovič Tolstoj (1817-1875) è stato il più illustre e forse il più caro amico russo di Angelo De Gubernatis.
Il poeta era un grande innamorato dell'Italia e conosceva un po' di italia-no; con De Gubernatis si conobbe a Firenze nel 1872 e fra lui e l'ospitale professore s'instaurò sin da subito un rapporto di reciproca stima e di sincera amicizia.[1] L'amicizia non si tradusse in collaborazione diretta di Tolstoj alla «Rivista europea», ma, naturalmente, De Gubernatis lo presentò con entusiasmo ai propri lettori, indicandolo come uno dei massimi poeti russi, come il massimo poeta russo vivente. In occasione della permanenza di Tolstoj a Firenze tra febbraio e marzo del 1873, De Gubernatis annunciava l'arrivo del "più illustre fra i poeti drammatici russi, il conte Alessio Tolstoy, con la coltissima signora", e riportava un proprio saggio di traduzione dallo Car' Boris (Atto I, scena I).[2] Questa secon-da occasione di incontro con Tolstoj fu anche la più carica di spunti per De Gubernatis. Egli, infatti, a partire da questo momento si dedicò attivamente a pubblicizzare la figura dello scrittore russo in Italia, tradusse sue poesie e brani dai suoi drammi. Egli considerava Tolstoj come poeta e drammaturgo l'equivalente di Turgenev come prosatore, e per questo sperava di innalzarlo alla stessa fama di cui Turgenev ormai godeva in tutta Europa, Italia compresa. Difficile dire fino a che punto tale tentativo fallì; per qualche anno la fama di Tolstoj in Italia fu senz'altro discreta, ma essa non sopravvisse al periodo in cui lo stesso De Gu-bernatis si impegnò nel diffonderla: a quanto pare, nessuno raccolse lo spunto per dare vita a nuove traduzioni, anche perché Aleksej Tolstoj non rientrava in quella categoria di romanzieri realisti che raggiunse una popolarità inaudita a partire dalla metà degli anni '80, offuscando qualunque altra espressione artistica proveniente dalla Russia. Comunque, nel Dizionario biografico degli scrittori contemporanei De Gubernatis poteva scrivere, alla voce "Tolstoy, Leone": "Non vuol essere confuso con l'illustre poeta lirico e drammatico conte Alessio Tolstoi",[3] come a dire che il più conosciuto era quest'ultimo.
Nel 1874 De Gubernatis compì il massimo sforzo in favore di Aleksej Tolstoj, progettando una conferenza monografica da tenersi al Circolo Filologico di Firenze. A questo scopo, egli scrisse allo stesso Tolstoj, che si trovava a Men-tone per un periodo di cure, di spedirgli un proprio profilo autobiografico. Tolstoj, lusingato, mandò nel giro di pochi giorni una lunga lettera, assai ricca di informazioni non solo riguardo alla sua biografia, ma anche riguardo alle sue idee sull'arte e sulla politica in Russia. De Gubernatis si servì abbondantemente della lettera per il proprio studio, che lesse in pubblico il 28 marzo 1874 al Circolo Fi-lologico fiorentino. Il testo della conferenza fu immediatamente pubblicato sulla «Rivista europea» di maggio.[4] Un po' superficiale come studio letterario, l'articolo presenta comunque spunti brillanti e curiosità che vale la pena di riportare. De Gubernatis parte molto alla lontana, basandosi su esperienze personali avute in Russia per tracciare un profilo caratteriale dei russi:
Si può frequentare per molti anni un italiano e disperare d'averlo conosciuto; un russo si scopre in un'ora; talora egli si discopre anche troppo. Una delle cose che m'hanno più colpito in Russia è la facilità con la quale si ottiene ne' processi criminali la confessione del reo. Ho visitato le prigioni di Tarszok nel governo di Twer, e ci fu condotta innanzi una giovine sposa, la quale, pochi giorni prima, aveva ucciso suo marito, con un'ascia, mentre egli dormiva briaco sopra il carro. M'attendevo che un tanto delitto la dovesse far custodire gelosamente; la incontrammo invece libera e festiva per il corridoio della prigione che tornava dalla cucina.[5]
De Gubernatis, accompagnato da Tat'jana Sergeevna,[6] la possidente del villaggio a cui apparteneva l'assassina, interroga la donna, che confessa apertamente il proprio delitto e afferma con tranquillità che lo ripeterebbe. Quindi, viene riportato il caso di un contadino che per avidità, senza pensarci su troppo, uccise un bambino che gli aveva confidato di avere una moneta; ma subito dopo se ne pentì e si consegnò alle autorità pretendendo di essere giustiziato nella maniera più terribile che si potesse escogitare.[7] Tornando alla testimonianza personale, De Gubernatis racconta di avere visitato la prigione di Dmitrov, che è aperta e incustodita, ma ciò nonostante, di lì nessuno scappa: gli evasi verrebbero riconsegnati alla legge dai contadini stessi; oltre a ciò, la vastità della Russia è il miglior deterrente all'evasione:
L'evasione ai confini non è possibile in Russia come ne' nostri piccoli stati occidentali; i confini sono troppo lontani, e quando pure un contadino russo riuscisse a passarli, non saprebbe che fare sopra il nostro suolo occidentale, in mezzo ad un ordinamento civile tanto diverso da quello in cui egli s'è avvezzato a vivere. La Russia ha dunque nella stessa ampiezza del suo territorio e nella sua vita caratteristica una forte difesa, che la salva dai disertori e dai traditori; il popolo russo appartiene veramente al proprio suolo e non lo può tradire, quando fuori di quel suolo, e di quell'ambiente storico, nelle sue condizioni presenti, non gli sarebbe possibile di vivere.[8]
Solo dopo questo lungo preambolo, De Gubernatis introduce il vero tema della conferenza: scopo della lunga introduzione, infatti, era dimostrare che i russi sono per natura innocenti, buoni e generosi, ma anche molto impulsivi, proprio come il principe Serebrjanyj, personaggio nel quale Tolstoj ha saputo infondere il carattere nazionale russo. L'analisi letteraria di Knjaz' Serebrjanyj, come quella della trilogia drammatica di Tolstoj, non va molto più in là di questa tesi. De Gubernatis si accalora nel momento in cui vuole mostrare il valore di Tolstoj come scrittore realista, contrapponendolo ai soliti nemici, i nichilisti, che
gli fecero carico di non essere abbastanza realista. Realista, in Russia, vuol dire, per lo più, nichilista; e nichilista vuol dire uomo che non crede a nulla, che nega tutto [...]. Il nichilista non è neppure un epicureo, neppure un egoista; non ama nulla, non ama alcuno, né altri né se'; disprezza, deride ogni cosa, abbandonato alle forze cieche, istintive, brutali della natura; non s'uccide, perché l'uccidersi è contro l'istinto naturale che porta a vivere; ma vive inutile, anzi dannoso, poiché, vivendo, spegne col suo freddo e cinico sarcasmo intorno a se', molta parte della vita. Non commette delitti [...], perché a commettere certi delitti bisogna volere ed osare; ed esso non ha volontà alcuna, e nulla ardisce [...]; tuttavia, non solo scusa il delitto, ma, poiché non pone differenza tra il bene ed il male, e trova che la morale e la coscienza sono parole vuote di senso, sostiene che il delitto non esiste se non per la fame tiranna, la quale toglie all'uomo la libertà di operare secondo natura.[9]
Come ricordato in precedenza, l'articolo-conferenza fu molto criticato tanto dalla suocera e da Elizaveta Bezobrazova che da Dragomanov per il tono eccessivamente polemico verso i democratici russi. In effetti, in quest'occasione De Gubernatis si era lasciato prendere la mano, forse per il desiderio di scioccare il pubblico in sala. Tutto ciò per ribadire che Tolstoj era uno scrittore realista, forse senza tenere in debito conto che lo stesso Tolstoj, nella lettera autobiografica, si definiva uno dei pochi difensori dell'arte per l'arte e si poneva in una posizione di relativa estraneità rispetto alla questione del realismo:
Quant à la direction morale de mes écrits, je puis la caracteriser d'un côté par l'horreur de l'arbitraire, de l'autre par l'horreur du faux liberalisme qui voudrait non pas relever ce qui est bas, mais abaisser ce qui est haut. Je puis y joindre encore celle de la platitude doctorale de nos soi-disants progressistes avec leurs sermons d'utilitarisme en poësie. Je suis au nombre des deux ou trois écrivains qui chez nous tiennent le drapeau de l'art pour l'art, ma conviction étant que la mission du poète n'est pas d'apporter aux hommes un gain, ou un profit immédiats, mais de hausser leur niveau moral, en leur inspirant l'amour du beau, qui saura trouver son application sans qu'on lui fasse telle ou telle propagande.[10]
Ma per De Gubernatis, l'arte di Tolstoj è realista non perché si limiti ad esporre la realtà materiale e meschina, come egli presume facciano i realisti-nichilisti, ma perché Tolstoj innesta in essa degli ideali, che la abbelliscono e la rendono un modello per il progresso, secondo una concezione puramente positivistica:
Il conte Tolstoi è ancor esso un realista, ma perché l'ideale è pure una bella e viva, anzi la più bella e la più viva realtà, che muove il mondo, e, per fortuna, muovendolo, lo migliora, un realista capace di così fatto ideale eccita, come una creatura imperfetta, la compassione del perfetto nichilista.[11]
Mi sembra di poter interpretare alla luce di questo passo l'estraneità, che sfiora l'ostilità, di De Gubernatis nei confronti di Dostoevskij, che egli, a ben vedere, considerava il campione di codesto realismo "basso" e laido contro cui si accanisce nel passo sopra riportato; e infatti anche Dostoevskij, nel giudizio di De Gubernatis, non è immune da qualche sospetto di nichilismo...[12]
L'articolo prosegue con alcune belle traduzioni di poesie di Tolstoj e con brevi commenti sullo stile di questo poeta "cacciatore d'orsi". Infine, la figura di Ivan il Terribile offre a De Gubernatis l'ultimo spunto per riflettere sulla natura dei russi:
Il russo è curioso, e cerca lontano, ma talora così lontano, che non ritrova più il punto dal quale partì, e va a naufragare nell'infinito [...]. Il presente non lo può appagare; egli perciò fantastica molto, e si agita in conseguenza [...]; la letteratura russa ci rappresenta questo carattere nazionale di mobilità e d'incertezza. Negli eroi de' romanzi russi quello che ci colpisce più è l'assenza quasi completa di volontà; se que' caratteri fossero compiuti, ci presenterebbero senza dubbio, tipi grandiosi; ma, per lo più, essi ci appaiono invece dimezzati; l'istinto vi si mostra quasi sempre più forte della ragione, e quello che parrebbe volontà è più spesso capriccio, che confina con la pazzia.[13]
Successivamente all'articolo di De Gubernatis, si registrano sulla «Rivista europea» ben due recensioni del Knjaz' Serebrjanyj: rispettivamente alla traduzione inglese e a quella italiana del romanzo.[14] La traduzione inglese, come già si è detto, era opera di una nobile russa, conoscente di De Gubernatis, la principessa Ekaterina Galicyna-Incontri. La traduzione italiana era invece opera di Gaetano Lionello Patuzzi e del russo Login Sadler; dopo essere apparsa nel 1872 sulla «Perseveranza», nel 1874 essa uscì in volume presso l'editore veronese Civelli, e vi fu inserito a mo' di prefazione il discorso di De Gubernatis già pubblicato dalla «Rivista europea».
Verso la fine del 1875 Aleksej Tolstoj morì nella sua tenuta di Krasnyj Rog. La notizia giunse alla redazione della «Rivista europea» con certo ritardo, giusto in tempo per un breve necrologio in ultima pagina del fascicolo di novembre.[15] Il necrologio, firmato L.L. (Louis Leger), si limitava a comunicare la luttuosa notizia. Ma naturalmente, di fronte alla scomparsa dell'amico, De Gubernatis non si accontentò di una breve tavola necrologica. Il fascicolo successivo della «Rivista» (dicembre 1875) fu per certi versi quasi una monografia. De Gubernatis decise, innanzi tutto, di pubblicare la lettera autobiografica che Tolstoj gli aveva scritto l'anno prima in occasione della conferenza, e la offrì in contemporanea al «Vestnik Evropy», dove essa ricevette una notevole risonanza; questa lettera rimane uno dei documenti più importanti per la biografia di Tolstoj.[16] Sia sul «Vestnik» che sulla «Rivista europea», la lettera apparve con alcuni tagli, apportati su richiesta della vedova Sof'ja Andreevna in corrispondenza dei passi più delicati dal punto di vista politico, come precauzione contro ogni possibile censura; anche i passi più strettamente personali furono estromessi dalla pubblicazione.[17] Insieme alla lettera, la «Rivista europea» pubblicava un altro inedito di Tolstoj: il racconto in versi Drakon, tradotto dal russo da Sof'ja De Gubernatis.[18] Tolstoj l'aveva scritto a Firenze, per scherzo, cercando bonariamente di far credere all'amico che lo ospitava che si trattasse di una antica leggenda italiana. La finzione era palese: il racconto è fantastico come solo potevano esserlo i racconti del primo romanticismo; più che una patina di antichità, esso ha il sapore dei racconti giovanili di Tolstoj, per esempio Upyr'. In nota al Drago, De Gubernatis spiegava così la genesi del racconto:
Il Conte Tolstoi scrisse questa leggenda, nello scorso inverno a Firenze, essendo già tormentato dal grave morbo che dovea, pur troppo, condurlo al sepolcro; egli soffriva nevralgie assai dolorose ed avea una gran difficoltà di respiro; i suoi sonni erano brevi, malgrado l'uso e forse l'abuso dell'oppio, interrotti da sogni strani; nessuna meraviglia quindi che, anche sotto il sereno cielo d'Italia [...], egli abbia veduto solamente oscuri e bizzarri fantasmi, i quali dovettero fare allora su di lui, come fanno adesso sul lettore, l'effetto d'un incubo.[19]
Sempre nello stesso fascicolo di dicembre, nella sezione delle rubriche, continuava il tributo della «Rivista europea» ad Aleksej Tolstoj. La rubrica "Mondo slavo", molto più ampia del solito, riportava tre interventi sulla morte del poeta. Il primo intervento è una lettera, firmata con l'iniziale N.; l'autore, che dichiara di essere un vicino dei Tolstye, racconta lo svolgimento dei funerali del poeta. Quindi vengono le commemorazioni di Turgenev e Stasjulevič, tradotte direttamente dal «Vestnik Evropy» del mese precedente.[20]
In questo modo, la morte di Tolstoj ricevette sulle pagine della «Rivista» il tributo che si riserva ai grandi uomini. Se ciò non bastò a farne un nome celebre in Italia, la colpa non fu di De Gubernatis, che fece il possibile, ma della mancanza di risposta nell'ambiente culturale post-risorgimentale. Ancora una volta va notato come in Italia le sollecitazioni interne fossero incapaci di sortire effetti, prive dell'autorità di cui invece godevano le proposte culturali di provenienza francese o, più di rado, inglese e tedesca. Il provincialismo della cultura italiana si misura anche sulla scorta di questi indizi. Aleksej Tolstoj, tradotto in Inghilterra e nella stessa Italia, ma sconosciuto in Francia, rimase forse per questo ai margini della popolarità anche nel nostro paese. Più in generale, l'opera divulgativa di De Gubernatis poteva essere in grado di sortire solo pallidi risultati, per veemente che fosse la sua attività.
La corrispondenza fra De Gubernatis e Aleksej Tolstoj non è molto fitta, anche se vi andrebbero aggiunte alcune lettere di Sof'ja Tolstaja, che a volte scriveva da parte del marito malato.[21] Non si conoscono le lettere di De Gubernatis, mentre quelle di Tolstoj e della moglie sono conservate alla BNF. L'unica edita è la famosa lettera autobiografica del 4 marzo 1874, conservata a Pietroburgo.
Riporto i testi delle due inedite di Tolstoj, entrambe di un certo interesse biografico e dotate di notevole, triste bellezza.
Vérone, 20 Mai, 1873[22]
Très cher Monsieur De Gubernatis,
Je vous demande pardon d'avoir donné à Sorrento Votre adresse pour l'envoi que S.M. l'Imperatrice a fait a M[r]. Lorenzi. Je ne connaissais pas la demeure de ce dernier & je n'avais pas d'autre moyen pour lui faire tenir la lettre & la bague que la P.[ce] Bariatinsky a adressée à M[r].de Poggenwohl pour que celui-ci les fasse tenir à M[r]. Lorenzi. Je Vous aurais écrit de Sorrento mais j'étais malade comme un chien, c.['est] à. d.[ire] qu'il ne s'est pas passé un jour sans que j'aie eu un violent mal de tête qui me rendait l'action d'écrire bien difficile. Je me suis permis de Vous envoyer mes poésies & quelques autres écrits que je n'ai reçus de Pétersbourg qu'à Sorrento. Soyez indulgent pour les innombrables fautes d'impression qui se trouvent dans le volume des poésies. C'est un service que m'a rendu un ami qui s'était chargé de tenir les épreuves.
Ma femme est déjà à la campagne. Je me hâte de la rejoindre, mais mon malheureux mal de tête m'a retenu hier à Vérone, ou je suis arrivé enfumé par le charbon, surtout dans les tunnels entre Florence & Bologne. Je crois qu'il y en a une centaine.
Que Dieu Vous garde, cher Monsieur de Gubernatis, au revoir en Octobre, bien mes respects à Madame & un bon baiser à Cordelia.[23]
A Vous de coeur
Alexei Tolstoy
Menton, 6 Avril 1874
Mon bien cher & honoré ami,
(permettez moi de Vous appeler ainsi) je Vous remercie pour Votre lettre du 1[er] Avril, j'y suis d'autant plus sensible que Vous avez pensé à me l'écrire au milieu de Vos fatigues morales. Votre songe porte le cachet de la vérité, surtout cette plume qui retrace mon écriture. Je Vous remercie encore de ne m'avoir pas livré à Ivan, même en songe. Du-reste, si j'en juge par moi, on ne fait jamais rien en rêve de ce qu'on serait incapable de faire en réalité.[24]
Je Vous remercie pour Votre critique[25] avant de l'avoir vu, & si je crains de devoir Vous faire un reproche, c'est que je crains qu'elle ne soit trop favorable; je crois Votre amitié capable d'en peu de partialité; si je me trompe, tant mieux. Je n'ai pas peur du blâme qui vient de la conviction, & j'en ai souvent fait mon profit en biffant & changeant bien des pages que j'avais cru bonnes avant d'être mieux instruit. Mais je méprise les soi-disant critiques qui font exprès de fausses citations de Vos œuvres, les mettent entre des "..." & puis Vous disent que ce que Vous avez écrit est détestable. Je ne leur ai jamais répondu & je fait comme Vous vis-à-vis de la canaille qui Vous attaque. Questa gente bisogna tenerla in culo, come dicemo noi altri classici.
16 Avril. J'en étais là de ma lettre quand j'ai été pris d'un mal de tête qui m'a duré plus de 8 jours presque sans interruption & souvent avec des douleurs à crier. On dit que j'ai la goute dans la tête. Hier j'ai vu M[r] Korsakoff[26] qui m'a dit deux choses, d'abord qu'on Vous avait écrit que je suis parti pour la Suisse, & puis que M[me] De Gubernatis avait écrit à sa femme pour lui demander de mes nouvelles. Merci, merci à Vous deux. Je suis malade, c'est vrai, mais je ne suis pas parti, & ne partirai qu'au commencement de Mai.[27] De plus, Mr. Korsakoff m'a dit qu'au Circolo filologico on avait formulé des voeux pour mon rétablissement. Merci à tout ceux qui l'ont fait mais surtout merci à Vous.
Que Dieu Vous garde Vous & les Votres!
A Vous de coeur
Al. Tolstoy
Ma femme Vous fait mille amitiés ainsi qu'à Madame.
Alla morte di Aleksej Tolstoj, i De Gubernatis rimasero molto affezionati alla vedova, Sof'ja Andreevna, donna assai colta e ammirata da molti intellettuali russi, grande amica, fra gli altri, di Ivan Gončarov e di Fëdor Dostoevskij. De Gubernatis la descrive così:
la contessa Sofia Tolstoï, [...], apparteneva, come Sofia Potémkin, come Maria Zuboff ed altre squisite figure di donne, a quel numero eletto di creature ideali, che mi ispirarono un giorno la conferenza sopra la donna russa [...]. Natura aperta e candida, capace de' più nobili entusiasmi, piena di slancio, schietta, poetica, e pure naturale e disinvolta, incapace d'infingersi, di tradire il vero, cercò di me, col suo illustre consorte, un poeta cavaliere della più pura tempra, dopo aver letto alcuni miei articoli nel Wiestnyk Evropy [...]. A pena ci siamo incontrati, divenimmo amici.[28]
Un altro membro della famiglia Tolstoj con cui De Gubernatis ebbe legami fu Aleksej Michajlovič Žemčužnikov (1821-1908), cugino di Aleksej Tolstoj. Tolstoj ed i fratelli Žemčužnikovy avevano dato vita in gioventù al famoso pseudonimo Koz'ma Prutkov, il popolarissimo "autore" satirico degli anni '50-'60. Anche con Žemčužnikov la conoscenza avvenne a Firenze; fu Aleksej Tolstoj ad indirizzare il cugino, che si trovava di passaggio con la moglie nella città gigliata, alla casa di De Gubernatis.[29] Ancora una volta, questi si mostrò ospitale ed entusiasta della conoscenza, apprezzò molto la "poesia civile" di Žemčužnikov e la pubblicizzò dalle pagine della sua rivista. Nel 1875 tenne al Circolo filologico di Firenze una conferenza sul poeta, che era presente in sala ad insaputa del pubblico, e come aveva fatto l'anno precedente per Tolstoj, pubblicò subito il testo della conferenza sulla «Rivista europea».[30] Inoltre, De Gubernatis tradusse alcune poesie di Žemčužnikov; per l'occasione, egli organizzò una serata a casa sua (l'eclettico villino Vidyâ, vero simbolo della caotica molteplicità dei suoi interessi e status symbol del suo prestigio sociale) in cui, invitati fra gli altri Tolstoj, Žemčužnikov e Lenartowicz, presentò agli amici letterati una sorpresa:
al conte Alessio Tolstoï riserbai, quindi, in casa nostra, una sera, una lieta sorpresa. Convocata, pertanto, una società intellettuale, invitai pure il gentilissimo poeta russo Alessio Gemciúsnikof, e l'illustre poeta polacco Teofilo Lenartowicz; avendo poi tradotto del Tolstoï una scena della sua tragedia Ivan Grozni, del Gemciúsnikov alcune brevi liriche, del Lenartowicz una scena della sua Commedia infernale, salutai, l'uno dopo l'altro, i tre poeti, e lessi le mie versioni. Questo improvviso li commosse; il Tolstoï arrossì, lì per lì, come un fanciullo; ma poi, avendo compreso ed amato la mia natura entusiastica, egli pose in me un affetto vivissimo, che durò fino alla sua morte.[31]
De Gubernatis dedicò a Žemčužnikov un secondo, brevissimo scritto nel 1892, sulle pagine della popolare «Natura ed arte», rivista illustrata che per l'occasione corredava l'articoletto con un ritratto del poeta; seguiva la riduzione in prosa di una poesia di Žemčužnikov, La Primavera, una delle ultime traduzioni curate da Sof'ja De Gubernatis.[32] Aleksej Žemčužnikov, relativamente popolare in Russia nell' '800, considerato il continuatore del filone civile di Nekrasov, fu in seguito del tutto dimenticato. Inclemente il giudizio di Marzaduri:
un poeta così anacronistico da parere persino remoto.[33]
Ma proprio per l'iniziativa di De Gubernatis, Žemčužnikov, "gentile e robusto poeta lirico e satirico",[34] rimase abbastanza conosciuto in Italia fino alla fine del secolo.
- Così Tolstoj lo descriveva a Stasjulevič (che ancora una volta aveva domandato sospettosamente che tipo d'uomo fosse questo De Gubernatis): «Я вспоминаю также, что не отвечал на Ваш вопрос: знакомы ли мы с профессором De Gubernatis? Мы с ним очень знакомы, часто его видаем и очень любим. Это прекрасный человек, вселяющий сочувствие во всех, кто его знает». (Lett. di A.Tolstoj a Stasjulevič, Флоренция 21 Марта/2 Апреля 1873 г., in Стасюлевич..., cit ., т.II, p.367).
- "Cronaca fiorentina: Stranieri in Firenze", in «Riv.eu.», mar.1873, pp.200-203.
- Diz ., "Tolstoy, Leone", sub voce .
- DG, Il conte Alessio Tolstoi , cit.
- ibid. , p.403.
- Probabilmente è la principessa Tat'jana Golicyna-Galvagna, sposata a un italiano.
- Quest'episodio è identico a quello raccolto da Luigi Pirandello nella novella Lo storno e l'Angelo Centuno , al punto che un qualche grado di legame andrebbe investigato.
- DG, Il Conte..., cit. , pp.404-405.
- ibid. , pp.408-409.
- A.Tolstoj, Mentone, 4 mars 1874, lett.cit.
- DG, Il Conte, cit. , p.409.
- Vedi Diz. , pp.347-348.
- DG, Il Conte..., cit. , p.412.
- "Gazzettino bibliografico straniero": Prince Serebrenni by count A.Tolstoy, in «Riv.eu.», dic.1874, pp.217-218; "Gazzettino bibliografico italiano": Il principe Serèbriani , racconto di A.K.Tolstoi, in «Riv.eu.», feb.1875, pp.600-601.
- L.L., "Tavole necrologiche": Alexis Tolstoi , in «Riv.eu.», nov.1875, p.598.
- Autobiografia di Alessio Tolstoi , in «Riv.eu.», dic.1875, pp.33-39; Гр. А.Толстой, Литературная исповедь в письме к Де-Губернатису , in «V.E.», 12(1875), pp.877-881. La versione originale, in francese, è stata parzialmente ripubblicata da R.Risaliti in appendice al suo libro Russi a Firenze e Toscana , Firenze, 1992. Il manoscritto è oggi conservato al PD di Pietroburgo.
- Vedi le lettere di Sof'ja Andreevna Tolstaja a DG, BNF, cart.DG, 122,51. Cfr. Потапова, Русско-итальянские..., cit. , pp.155-157.
- A.Tolstoi, Il Drago. Racconto del secolo XI , trad. dal russo da SDGB, in «Riv.eu.», dic.1875, pp.40-48. Il racconto era stato pubblicato nel fasc. di ottobre del «V.E.», pp.581-605.
- A.Tolstoj, Il Drago, cit. , p.40.
- La morte del conte Tolstoi : N., I funerali ; Turghenieff, Turghenieff sopra Tolstoï ; M.Stassulevitc, Necrologia , in «Riv.eu.», dic.1875, pp.184-192.
- Esse sono comunque di scarso interesse, riferendosi perlopiù agli sviluppi della malattia di Tolstoj.
- Tolstoj era forse ospite del poeta veronese Gaetano Lionello Patuzzi, che aveva tradotto il suo Knjaz' Serebrjanyj (pubblicato nel 1872 sulla «Perseveranza» e in seguito in volume: Il principe Serebriani, racconto dei tempi di Giovanni il Terribile , Verona, 1874); Tolstoj accenna in diverse lettere a questa traduzione, che apprezzava molto (in particolare per la capacità di riprodurre gli arcaismi che caratterizzano linguisticamente il romanzo).
- La figlia di De Gubernatis.
- Si riferisce forse a Ivan il Terribile, personaggio negativo per eccellenza delle opere di Tolstoj.
- La conferenza di DG, che si tenne al Circolo Filologico di Firenze il 28 marzo 1874.
- Dmitrij Korsakov, professore di storia all'Università di Kazan'.
- Qui "partire" sembra quasi sottointendere una destinazione ben peggiore della Svizzera...
- Fibra , p.554.
- «хорошо бы вам познакомиться с де Губернатисом» (lett. di A.Tolstoj ai coniugi Žemčužnikovy, Париж, 19/31 окт.74, in А.Толстой, Собр.соч., cit. , t.IV, p.433.
- DG, Alessio Gemciusnicoff , in «Riv.eu.», gen.1875, pp.295-301. Anche a Žemčužnikov DG richiese dei dati bio-bibliografici come documentazione per la conferenza; il poeta spedì volen-tieri questi dati, che sono stati pubblicati da Marzaduri nel 1970 ( Note autobiografiche..., cit. ).
- Fibra , p.355. Questa serata rimase impressa nella memoria sia di Žemčužnikov (vedi il suo Дневник , ч.5, запись 28.1.1884 e ч.7, запись 2.III.1896, OR Lenina, M4802), che di Tolstoj: «Эту зиму он [Де Губернатис] давал небольшой вечер, и к моему сюрпризу, прочел на нем отрывок из Царя Бориса переведенный им на итальянский язык». (Lett. di A.Tolstoj a Stasjulevič, Флоренция 21 Марта/2 Апреля 1873 г., in Стасюлевич..., cit ., т.II, p.367).
- DG, Alessio Gemciusnicoff ; A.Gemciusnicoff, La Primavera , in «Natura ed arte», I,8, 15 mar.1892, pp.659-661.
- Marzaduri, A.DG, cit. , p.518. Vedi anche Marzaduri, Note autobio., cit .
- DG, Alessio Gemciusnicoff, cit. , p.295.
Датум последње измене: 2008-06-30 17:47:12