Oreste Ferdinando Tencajoli

Anna Dandolo. 1217-1220. (Due Italiane Regine di Serbia)



Per gentile concessione dell’autore, le Pagine della Dante sono liete di offrire ai loro lettori un capitolo del volume di prossima pubblicazione del comm. O. F. Tencajoli — che la nostra rivista ha da molti anni fedele e valoroso collaboratore — su « Principesse italiane nella storia di altri Paesi ».

Essa fu la prima Regina di Serbia, e Gabriele d’ Annunzio nella sua celebre ode alla Nazione Serba, pubblicata nel novembre del 1915, volle ricordarla coi due seguenti versi:

O Serbia che avesti Regina
Di grazia, Anna Dandolo

Molti storici, anche fra i più quotati ritennero fin quì che essa fosse figlia del grande Doge Enrico Dandolo, conquistatore di Costantinopoli, mentre invece non ne era che la nipote, essendo nata da Raniero Dondolo, Procuratore di San Marco, figlio del Doge e guerriero prode egli pure come il padre. Raniero si distinse in tutte le guerre della Repubblica e morì in Candia nel 1209 colpito da freccia avvelenata, nell’atto che occorreva per sedare un tumulto. Fratello della Regina fu quel Gilberto Dandolo che nel 1260 prese ai genovesi quattro galere in un fatto d’armi, ove restò, tra i morti, il Grimaldi comandante nemico.

Il matrimonio di Anna con Stefano Nemagna, Gran Zupano (Duca) della Rascia — la Serbia d’oggi — avvenne in Venezia nel 1216, con la solita magnificenza che in queste occasioni solevano sfoggiare le grandi famiglie patrizie. I Dandolo, cresciuti nel breve volgere di anni in potenza, fama e ricchezze, erano annoverati fra le più cospicue e doviziose casate della Repubblica. Grande vantaggio era per il piccolo sovrano balcanico, bisognoso, senza dubbio dell’ appoggio di Venezia, l’impalmare una gentildonna di così illustre schiatta, il cui avo aveva fatto risuonare alto e temuto, il proprio nome per le contrade dell’Oriente.

D’altra parte alla vigile ed accorta Serenissima non dispiaceva di estendere, per mezzo di una sua patirizia, la propria influenza sulla Serbia, la quale dipendeva già da Venezia per tutti i suoi traffici con l’Occidente ed in particolare con l’Italia.

Nozze politiche, dunque, intorno alle quali i cronisti dell’epoca non ci hanno tramandato che scarse notizie: i pochi che ne parlano sono tutti posteriori al secolo XIII e non sono tutti d’accordo sul nome della Principessa, se si chiamasse Maria od Anna. Ho creduto peraltro, in questi brevi cenni di attenermi a quello accettato da d’Annunzio come il più probabile, e che è anche accettato dallo storico Ruggero Buonocore De Widmann, i cui studi sulla Serbia sono universalmente apprezzati.

Recentemente uno studioso di curiosità storiche veneziane affermò che, trovandosi Stefano Nemagna in Venezia per ragioni commerciali ed essendo ospite dei Dandolo nel Palazzo che possedevano sulla Riva del Carbon, sarebbe germogliato e maturato l’idillio che condusse a questa fausta unione. Ed aggiunge che gli sposi, dopo la cerimonia delle benedizione nuziale, furono ricevuti dal Doge nella Sala del Collegio ove, dopo una breve accoglienza augurale, li invitò a passare nei suoi appartamenti privati. Quivi ebbe luogo uno sfarzoso rinfresco al quale parteciparono, coi parenti di Anna, molti patrizi. Indi una delle più belle galere della Repubblica, la « Moceniga », trasportò da Venezia sulle coste Dalmate, la felice coppia Ducale.

Se non conosciamo l’età di Anna all’epoca del suo matrimonio, i libri delle nascite essendo stati istituiti a Venezia soltanto nel 1581 per ordine dei Visitatori Apostolici, ancora meno ci è nota quella dello sposo Stefano. Salito al trono in seguito all’abdicazione del padre Stefano (25 marzo 1195), il quale si ritirò in un convento del Monte Athos presso il figlio Saba ove morì cinque anni dopo, egli aveva sposato in prime nozze nel 1191 la Principessa Eudossia figlia dell’ Imperatore Alessio III Angelo Comneno. In seguito fu da lui ripudiata per adulterio e rimandata a Costantinopoli.

Non era la prima volta che fra la Serenissima e la Serbia si allacciavano relazioni, per così dire, dinastiche: cinquant’anni prima un figlio del Doge Vitale Michele II, di nome Leonardo, Conte di Ossero, aveva sposato una principessa serba della stessa dinastia dei Nemagna. Più tardi queste relazioni dovevano assurgere a maggiore importanza col matrimonio del Doge Lorenzo Tiepolo con una figlia di Re Stefano IV Urosch I, e con quello di Costanza Morosini col Re Stefano VII Ladislao II.

L’influenza latina trionfava allora in tutta la Balcania: i francesi, insediati a Costantinopoli, promuovevano la unione religiosa dei scismatici greci e slavi con Roma dalla quale pure la Serbia era separata da tempo. Stefano a mezzo del fratello Saba, monaco del Monte Athos e di poi innalzato agli onori degli altari, si era di già avvicinato segretamente a Roma, seguendo le tradizioni lasciategli dal padre, il quale era stato in ottimi rapporti col Pontefice Innocenzo III (Lotario dei Conti di Segni). E sembra che il Papa non sia stato estraneo a queste nozze del Principe con Anna Dandolo, tanto più che fra i Nemagna e Innocenzo sembra corressero lontani vincoli di parentela. Non è escluso però che una delle condizioni poste a questo matrimonio tanto dal Papa, quanto dalla Repubblica di Venezia e dalla famiglia Dandolo, sia stata la conversioiie pubblica di Stefano al cattolicesimo e l’unione della chiesa scismatica-serba alla romana.

* * *

Accolta festosamente nella sua nuova patria, ove indubbiamente portò la squisita grazia e la coltura italiana, Anna si adoprò attivamente alla riuscita di questo progetto che doveva dare la pace religiosa e la tranquillità al paese. Occorsero però molti mesi prima che la auspicata unione con Roma divenisse un fatto compiuto. Si dovettero superare difficoltà enormi, ostilità da ogni parte, specie i opera del clero ortodosso, quanto mai diffidente e pauroso di perdere le antiche prerogative.

Primo a convertirsi fu il Principe Stefano e ciò per merito di Anna, come ce lo afferma un discendente della Regina, il Doge Andrea Dandolo, il quale, nella parte XXIX del suo Chronicon, scrive che « persuaso, esortato dalla moglie, abbandonò il scismatismo ».

L’avvenimento si verificò durante il pontificato di Onorio III e rallegrò vivamente la corte papale e tutta la cristianità: la religione cattolica veniva ristabilita in tutta la Serbia, ed in pari tempo venivano costituite dodici sedi vescovili. Stefano da lunghi anni ambiva la dignità regia che avrebbe notevolmente rafforzata la sua posizione, ma che solo il Papa poteva conferirgli. Anna alla cui tenacia si doveva in gran parte questo successo religioso destinato a servire d’esempio e d’incoraggiamento per gli altri popoli balcanici ad unirsi a Roma, chiese al Pontefice la corona reale per il consorte. Onorio III (Cencio Savelli), al quale erano noti gli sforzi fatti dalla pia e virtuosa Principessa italiana per il ristabilimento del culto cattolico e dell’autorità pontificia in Serbia, accondiscese subito al desiderio da lei espresso. Stefano ebbe il titolo di Re con tutte le prerogative e onori annessi ed Anna fu Regina, la prima Regina di Serbia (1217). In conseguenza di questa concessione papale, Onorio mandò, quale legato, un Cardinale accompagnato da un numeroso seguito di prelati, latori del Diploma di concessione e apportatore di ricchi doni per i reali. Le feste indette in questa occasione furono oltremodo splendide e durarono parecchi giorni. Principi stranieri ed una grande folla, accorsa da tutte le parti dello Stato, presenziarono alla incoronazione di Stefano primo re coronato e di Anna. Venezia era rappreselitata da un oratore e da diversi patrizi incaricati di porgere ai Reali, assieme a molti regali di pregio, le felicitazioni del Doge Pietro Ziani. Terminate le feste il Re consegnò al Cardinale — del quale non ci è riuscito di conoscere il nome — una lettera per il Pontefice nella quale lo assicurava di tutta la sua devozione come si rileva dal Bolla di Onorio III.

Era il trionfo di Anna la quale dopo un lungo e paziente lavoro, vedeva realizzato il suo sogno più caro: la Serbia restituita alla fede cattolica ed innalzata alla dignità di Regno. Che poi Stefano I dovesse la corona regia all’alta influenza che la moglie godeva in corte di Roma, lo afferma il Freschot nella sua opera intitolata la « Nobiltà Veneta », laddove scrive : « Fu questa gentildonnna (Anna Dandolo), sposata in Magnapippo, Duca di Rascia, Stato attinente all’Ungheria, il merito di essere essa nipote del grande Enrico Dandolo, trionfatore dell’Oriente, che poco avanti, col riflesso della sua gloria, aveva resa illustre tutta la sua famiglia, fu motivo che tirò questo principe a Venezia, per entrare in parte di tanti splendori e per onorarsi coll’inestarsi in qualche ramo di questa grande casa. E non solo non fu defraudato dall’intento, ma con usura dalla partecipata corona ducale ottenne, per mezzo della consorte, ciò che neanche gli sarebbe venuto in mente di bramare, cioè il regal diadema, mandando il sommo Pontefice un Cardinal Legato per conferirgliela, nonchè giunti al periodo dell’ambiziosa sfera dove può con voti volare l’umano cuore, ebbe campo di farsi conoscere al mondo, quale fortunato sposo che alle faci del suo imeneo aveva accesi i raggi della sua gloria ».

Colei che era « di grazia Regina » godette poco i fastigi della regalità: essa chiuse i suoi giorni nel 1220, e purtroppo l’opera da lei compiuta con tanta fatica dell’ unione della chiesa ortodossa—serba con Roma, doveva durare pochissimi anni! Infatti Saba essendo divenuto nel 1219 arcivescovo di Pech, ricostituiva poco dopo la chiesa serba su basi ortodosse con grande dolore di Anna.

Il cronista Barbaro, nel suo codice m. s. « Albori dei Patrizi Veneti », riporta lo stemma della Regina, fatto alla losanga, nel 1° di azzurro con tre gigli d’argento, nel 2° d’argento con tre gigli d’oro, circondato dalla cordelliera, collana a guisa di lacci d’amore, formata con due cordoni di seta azzura e bianca, moventi dalla corona reale ed attortigliati intorno allo scudo, svolazzanti ed infine fioccati.

Re Stefano morì il 24 settembre 1228 e sul trono si assisero successivamente i di lui figli Stefano II Radoslav, Stefano III Vladislao, fondatore del Monastero e della chiesa di Milescevo preo Priepolie, e Stefano IV Urosch detto il Grande. Quarto figlio fu Predislav, Vescovo di Zakolmia, primate di Serbia sotto il nome di Saba II alla morte dello zio San Saba.

Oreste Ferdinando Tencajoli, Due Italiane Regine di Serbia, estratto da “Le Pagine della Dante”, Fascicoli 1-2, 1933-XI, Roma, Soc. Naz. “Dante Alighieri”, Palazzo di Firenze (Piazza Firenze, 27), 1933-XI, pp. 3-5.

На Растку објављено: 2008-07-05
Датум последње измене: 2008-07-05 13:38:15
 

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