Sergio Bonazza
Ivan Gundulić nella scienza letteraria italiana
Scopo del mio intervento è di tracciare, a grandi linee, un panorama storico della figura di Ivan Gundulić nella vita letteraria italiana, cercando di individuare alcuni aspetti caratteristici di questa presenza.
La presenza di Gundulić nella critica letteraria italiana non è sempre stata omogenea: essa ha conosciuto fasi di notevole interesse per la sua opera e fasi di stasi. In ogni caso sarà opportuno distinguere tra due periodi, ciascuno con caratteristiche estetico-interpretative proprie e tali da rappresentare due diversi modi di ricezione dell’opera di Gundulić in Italia. Il primo periodo comprende, grosso modo, la prima metà del XIX secolo, vale a dire il periodo in cui le letterature slave nel loro insieme erano in Italia (come nel resto dell’Europa Occidentale) ancora sconosciute e dovevano ancora conquistare un pubblico letterario. Il secondo periodo copre l’arco di tempo che dalla seconda metà del XIX secolo si protrae fino ai giorni nostri. E il periodo in cui le letterature slave si sono gradualmente affermate nella realtà letteraria dell’Occidente europeo e sono divenute patrimonio comune della cultura europea.
Di conseguenza, per quello che riguarda il nostro argomento, nel primo periodo assisteremo al processo di ricezione di Gundulić nella cultura italiana dal primo approccio con il poeta e fino all’affermazione della sua opera. Il secondo periodo sarà invece contrassegnato da un consolidamento critico della sua opera e dalla conseguente presenza di Gundulić in storie letterarie, enciclopedie, dizionari biografici, ecc. Dei due periodi menzionati, è indubbiamente il primo quello che, ai fini della ricerca letteraria, offre motivi di maggior interesse.
Ad attirare l’attenzione della critica letteraria italiana su Gundulić è stata la pubblicazione — e la quasi contemporanea traduzione in lingua italiana — del suo capolavoro: l’Osman. Va sottolineato che l’interesse della critica letteraria italiana si è ben presto concentrato su quest’opera, trascurando, in troppi casi, le altre opere dell’autore. Persino la stessa figura di Gundulié rimase in ombra. A questo disinteresse fa eccezione il solo Francesco Maria Appendini, l’unico fra gli studiosi italiani che oltre all’Osinan ha divulgato anche l’uomo Gundulić. Egli ha avuto anche il grande merito di essere stato il primo biografo del grande raguseo. Appendini nel 1827 propone all’attenzione del pubblico italiano un’opera del 1600 proveniente da oltre la sponda dell’Adriatico. È l’Osman. Per aggiornare i lettori italiani sul contesto di questo poema, l’Appendini compone una lunga memoria introduttiva alla edizione italiana da lui curata. Da almeno un quarto di secolo il Gundulić e l’Osman erano fra le carte dell’Appendini. Infatti Appendini si occupa di Gundulić in due occasioni. La prima volta quando in data imprecisata compone un lungo articolo sull’Osman che, verosimilmente, sarebbe dovuto uscire in occasione della traduzione italiana del poema. Purtroppo non sappiamo con precisione quando Appendini scrisse questo articolo, ma sicuramente la redazione è antecedente al 1802. In quell’anno egli pubblica a Ragusa il libro Notizie istorico-critiche sulla antichità, storia e letteratura de’ Ragusei, nel quale parla anche di Gundulić e dell’Osman. Già qui precisa di avere approntato un lungo articolo sull’opera. Nella stessa pagina fa anche sapere che la pubblicazione dell’Osman era da considerarsi imminente. Ma — come sappiamo — l’Osman in lingua originale non uscirà in breve tempo, bensì nel 1826, cioè un quarto di secolo dopo. Ma subito un anno dopo, nel 1827, apparirà anche la traduzione italiana. Questa traduzione immediate è stranamente anonima.(1) (Oggi però è noto che il traduttore anonimo fu Niccolò Giaxich). L’edizione italiana di questa traduzione »anonima« appare a cura dell’Appendini ed è preceduta da un lungo saggio (55 pagine) recante l’esauriente titolo Memorie sulla vita e sugli scritti di Gianfrancesco Gondola patrizio raguseo, Autore del Poema Illirico intitolato l’Osmanide. E facile supporre che questa memoria sia stata impostata e sviluppata prima del 1802.
Questo indica che la prima edizione dell’Osman in lingua originale era già definita all’inizio del secolo e pronta per uscire in una concomitanza con la traduzione italiana e col primo studio biografico su Gundulić. Risulta così che in tutta l’»affaire« letteraria sull’Osman gli studiosi italiani ebbero un ruolo rilevante.(2)
Appendini dà, dell’Osman, due giudizi diversi su un particolare di primaria importanza per il gusto letterario italiano del tempo: la polemica tra classicisti e romantici. Nel libro Notizie istorico-critiche del 1802 definisce l’Osman »poema epico« (p. 264), mentre nel saggio lo considera »una grande ode lirica« (p. 53). Nel pubblico letterario italiano quest’ultima definizione si è fissata, non solo perchè più recente, ma anche perchè apparsa nelle pagine introduttive all’Osman.
Per un ambiente letterario come quello italiano, permeato di qusto classico e ancora in gran parte ostile alle idee del romanticismo, la definizione »una grande ode lirica« poteva dar luogo ad equivoci su un’opera letteraria che per l’aspetto esteriore ricordava i poemi classici. Dunque l’Osman prende partito tra i lirico-romantici o gli epico-classicisti?
Niccolò Tommaseo, che meglio di qualsiasi altro conosceva il gusto letterario degli Italiani e che era al corrente della preparazione dell’edizione italiana dell’Osman, ritenne perciò opportuno presentare — Egli stesso — il capolavoro gundulićiano ancor prima che questo fosse dato alle stampe, per mitigare il significato della definizione — »grande ode lirica« — che per i contemporanei equivaleva a »romantico«. Un salvagente in favore dell’Osman. Nel 1824 il Tommaseo si fa vivo sulla rivista »Giornale sulle scienze e lettere delle provincie venete« (Vol. VI, pp. 81-85 e 184-185). Annuncia l’Osman e in un breve articolo dal titolo Saggio dell’Osmannide, Poema illirico esprime la convinzione che il poema di Gundulić sarebbe piaciuto sia agli amanti del gusto classico, sia a quelli del gusto romantico. All’articolo, il Tommaseo fece aggiungere, quale saggio, due frammenti del poema in traduzione italiana, e cioè 26 versi del II canto e 33 del V. Egli precisava che essi erano stati tradotti »da personaggio distinto, che vuol per modestia taciuto il suo nome«. Un paragone tra questi due frammenti e l’edizione italiana dell’Osman che uscirà nel 1827, dimostra che si tratta della stessa traduzione. L’articolo di Tommaseo con l’annessa pubblicazione anticipata dei due frammenti della traduzione italiana di Giaxich, rappresenta anche una conferma indiretta di quanto si diceva sopra: il progetto originario era la pubblicazione dell’Osman e la sua immediata traduzione italiana attese entrambe fin dall’inizio del secolo. Grazie all’articolo di Tommaseo si apprende inoltre che la traduzione italiana dell’Osman del 1827 era uscita anonima per il desiderio dello stesso Giaxich.
La versione italiana venne accolta con vivissimo interesse. In quell’occasione parecchi giornali presentarono al loro pubblico il capolavoro di Gundulić. Primo fra tutti in ordine cronologico è stata la »Antologia« di Firenze che ancor nello stesso anno, nel 1827, pubblicò uno scritto di Urbano Lampredi dal titolo Versione libera (in italiano) dell’Osmanide, Poema Illirico de Gio. Fr. Gondola patrizio di Ragusa.(3) Qui il Lampredi annuncia l’avvenuta versione del poema, dicendosi convinto che »molti in Italia lo leggeranno con molta avidità e anche con diletto«, e aggiunge, »ciascuno però secondo il suo gusto particolare.« Che cosa il Lampredi intendesse con l’aggiunta »ciascuno però secondo il suo gusto particolare« si chiarirà in seguito, quando appunto citerà il passo di Appendini, dalle Memorie sulla vita e sugli scritti di Gianfrancesco Gondola, dove il letterato piemontese definisce l’Osman »una grande ode lirica«. Il Lampredi non osa contrastare apertamente l’autorità di Appendini, però lascia intendere di non condividere il suo parere quando dice: »Con questa benedetta divisione della letteratura in classica ed in romantica noi confondiamo talmente i generi della poesia, che non sappiamo più come appellare un bel monumento letterario, quale è certamente l’Osmanide del Gondola.«(4)
Il timore del Tommaseo, secondo il quale definendo l’Osman »una grande ode lirica« si sarebbe dato luogo a equivoci, si era dunque avverato. Perciò lo stesso Tommaseo già subito nel 1827 decise di tornare sull’argomento e scelse il giornale milanese »Nuovo Ricoglitore«. Qui espone una tesi: si deve mettere in luce soltanto le bellezze letterarie dell’Osman senza lasciarsi coinvolgere nella disputa sull’etichetta letteraria da attribuirgli.(5)
Con vis polemica ed abilità retorica — in cauda venenum — riserva a una nota il compito di segnalare che l’Appendini avrebbe potuto ben risparmiare ai romantici d’Italia quell’epiteto improprio che non giovava a nessuno e contribuiva solo a disorientare il pubblico letterario.(6)
Un lungo saggio sull’Osman apparve anche sul numero di gennaio del 1828 della già citata rivista »Giornale sulle scienze e lettere delle provincie venete« che si pubblicava a Treviso. Il saggio è intitolato Versione libera dell’Osmanide poema illirico di Giovanni Francesco Gondola Patrizio di Ragusa colla di lui vita scritta dal padre Francesco Maria Appendini ed è firmato da Pier Alessandro Paravia. Dopo aver parlato diffusamente dell’importanza letteraria del poema di Gundulić e aver analizzato
il nesso tra l’argomento del poema e la Storia, e dopo aver riassunto i singoli canti, l’autore cerca di smontare la ormai canonica definizione di »grande ode lirica«. Con abile contromossa il classicista Paravia imposta due domande retoriche, dopo aver sviscerato e sottolineato il rapporto tra l’Osmnan e la grande Storia. La prima domanda, che ha già in sè la risposta implicita, è: »Ma se l’Osmanide non è un poema epico, che mai sarà?« Preparato il terreno si pone la seconda questione: »L’Osmanide è un poema classico o romantico?« e sbrigativamente si risponde: »Con buona pace del dotto padre Appendini, che fa quasi del Gondola un Byron de’ suoi tempi, a noi pare ch’ei sia classico sino al midollo del1’osso«.(7) E così l’Osman entra nell’oste classicista.
In questo contesto va anche menzionato, in quanto stampata in Italia e diretta al pubblico italiano, la Lettera del P. Lettore Ambrogio Marcovich, minore osservante, ad un amico sulla Osmanide di Gianfrancesco Gondola ultimamente per le sue cure stampata a Ragusa, e su alcune relazioni da lui date circa le opere del medesimo Gondola (Venezia 1828, pp.22). Il letterato raguseo Marković in questa Lettera perseguiva obiettivi fortemente utilitaristici: voleva rivendicare i suoi meriti letterari offuscati a vantaggio dell’Appendini, che, notoriamente, appariva l’alfiere dell’opera di Gundulić in Italia. Il Marković aveva curato la prima edizione dell’Osman nel 1826 in lingua originale e in questa prima edizione il padre Marković si era impegnato anche in una lunga introduzione che desiderava fosse divulgata. L’occasionalità personalistica della Lettera non impedisce che già nel proemio ponga la questione sull’etichetta letteraria da attribuire al poema. Sulle due sponde dell’Adriatico la figura del Gundulić e la sua opera creavano gli stessi problemi sia in lingua originale presso la società colta ragusea sia nel pubblico che leggeva in traduzione italiana. La testimonianza di Marković apre un gustoso quadretto sulle ragioni e sulla vita della società letteraria del tempo: piacere di lettura, puntigliosità classificatoria, ragioni economiche dello stampatore e ossequiosità verso i dotti. Così puntualizza il Marković: »Nella vostra penultima lettera mi significaste di aver letta con piacere l’Osmanide del Gondola, che poco fa io avea prodotto alla luce, e di esservi tutto in essa piaciuto ad eccezione del titolo, dato alla medesima, di Poema epico; mentre vi pareva, che tale nome non le convenisse. Io vi aveva risposto, che io parimenti era dello stesso parere con voi, e che nel manoscritto da me consegnato allo Stampatore l’avea chiamato semplicemente Pjesan, cioè Poema; che nel principio della Stampa alcuni amici dello stesso Stampatore, nelle lettere e nella poesia bene versati, lo persuasero doversi dare all’Opera il titolo di poema Eroico; e che io parte per contentare lo Stampatore, il quale a proprie spese, e per suo proprio interesse dovea stamparlo, e parte per seguire l’opinione de’ dotti Signori da me molto stimati dovetti acconsentire« (p. 3).
La protesta del Marković, opportunamente redatta e in sintonia con l’impostazione classico o romantico del problema gundulićiano per i letterati italiani, ottenne il risultato sperato. Il Paravia si affrettò a riconoscere i meriti del Marković e, in polemica velata con il padre Appendini, restituì all’attenzione dei letterati italiani una ricostruzione emendata più puntuale e corretta della editio princeps dell’Osman.(8)
Nello stesso periodo (1828) anche un giornale di Trieste, »L’Osservatore Triestino« dedica alla versione italiana dell’Osman un articolo non firmato. L’autore dell’articolo non fa mistero sulle sue simpatie per il gusto classico, quando definisce l’Osman »poema epico« e il suo autore »Omero illirico.«(9)
Come si vede la definizione di Appendini sull’Osman ha scatenato vivaci reazioni nella critica letteraria italiana. Ma le discussioni non hanno certo contribuito a chiarire le idee. Per questo motivo la redazione del già ricordato »Nuovo Ricoglitore« pensò di rivolgersi allo stesso traduttore dell’opera Niccolò Giaxich, noto come intenditore di letteratura ragusea, per ottenere il suo parere sul quesito: se l’Osman, a suo dire, fosse stato scritto secondo le regole romantiche o secondo le regole classiche. Probabile è la scelta di Tommaseo come intermediario di questo contatto. La risposta del Giaxich fu pubblicata sul »Nuovo Ricoglitore« nel 1828 con il titolo Sull’Osmanide, poema illirico di Gio. Francesco Gondola patrizio di Ragusa, tradotto in versi italiani. Lettera ad un Amico. In essa viene spiegato che nell’Osman »quasi tutte le descrizioni corrispondono alle regole classiche«.(10)
Tra gli interventi dei giornali italiani sull’Osman durante la prima metà del XIX secolo va ricordata anche »La Favilla« di Trieste, la quale ancora neI 1843 pubblica sull’argomento un lungo saggio di Orsatto Pozza. Un cenno del Pozza al problema che negli anni precedenti aveva animato la discussione sull’Osman nelle pagine letterarie italiane, era, per così dire, obbligatorio. Il Pozza, e sottolinea la stranezza, giustifica la possibilità che il poema di Gundulić sia contemporaneamente »una grande ode lirica« e un poema classicista.(11) Il passaggio dei decenni aveva diluito ormai la polemica classico-romantica e ciò che poteva apparire un danno per la diffusione dell’opera alla sua prima apparizione ora era motivo di pregio e di interesse.
Dunque in tutta la prima metà del XIX secolo non il poeta Gundulić è stato al centro dell’interesse della critica letteraria italiana, bensì il suo capolavoro, l’Osman.(12) E di questo poema interessava stabilire innanzitutto se esso fosse un’opera classica o romantica. Perciò la critica letteraria ruotava tutta attorno a questo nodo cruciale. In fondo è stato Appendini, con le sue due definizioni dell’Osman, tra di loro opposte, a dare al poema di Gundulić questa impostazione critico-interpretativa nell’ambiente letterario italiano. Questa polemica letteraria percorre diverse annate di varie riviste e coinvolge autori diversi che vanno da una indubbia autorità come il Tommaseo a più modesti ma molto attivi letterati di provincia. Il fatto interessante è che questa diatriba si conducesse su riviste miscellanee, che ponevano la letteratura al vertice, accanto a questioni scientifiche, finanziarie ed artistiche, in qualche caso di cronaca quotidiana. La diffusione della figura e dell’opera del Gundulić, pur con mezzi che oggi apparirebbero modesti, risulta così molto più radicata e consolidata di quanto si possa immaginare a prima vista.
Un altro argomento che attirò l’interesse della critica riguardava l’Eroe del poema. Il protagonista è il principe polacco Vladislav o piuttosto il sultano turco Osman? Anche su questo argomento i pareri della critica furono discordi.
La critica fu invece concorde nel sottolineare l’influsso che l’Osman avrebbe subito della letteratura classica, greca e latina, e anche da quella italiana (Tasso, Ariosto). Del pari, il suo autore fu, unanimamente, considerato poeta »illirico«: una denominazione generica di area linguistica che corrisponde all’odierno concetto di serbo-croato.
Nel secondo periodo della presenza di Gundulić nella cultura italiana, un periodo che comprende grosso modo la seconda metà del XIX secolo e si protrae fino ai giorni nostri, Gundulić è ormai poeta noto e la sua collocazione nella coscienza culturale e letteraria è ben delineata.
L’interesse quasi esclusivo per l’Osman, così caratteristico per il primo periodo, si sposta ora sulla figura di Gundulić. La controversa questione se l’Osman era da considerarsi opera classica o romantica, ha ovviamente perso qualsiasi significato coll’affacciarsi di nuovi indirizzi letterari. Circa l’influsso delle letterature straniere su Gundulić, viene ridimensionato l’influsso delle letterature classiche, greca e latina, e viene messo in rilievo soprattutto l’influsso di quella italiana, in particolare Tasso.
In questo secondo periodo, Gundulié non viene più considerato poeta »illirico«, ma croato, in qualche caso serbo, poi serbo-croato, ma soprattutto raguseo. Questa rotazione di aggettivi risulta evidente nelle tre storie della letteratura serbo-croata stampate in Italia. Nella prima, di Domenico Ciampoli del 1889, Gundulić viene collocato nella letteratura dalmata e ragusea, però viene detto che egli con la sua poesia aveva »innalzato il serbo ad altezze sublimi«.(13) Nella seconda storia letteraria, quella di Arturo Cronia del 1956, Gundulić viene inserito tra la letteratura ragusea, ma viene precisato che la sua produzione è »tutta in serbo-croato«.(14) Nella terza, di Bruno Meriggi del 1970, Gundulić viene considerato poeta dalmata, ma viene specificato che i suoi versi sono croati.(15) Di Cronia va ricordato un lungo saggio dal titolo L’influenza della »Gerusalemme Liberata« del Tasso sull’»Osman« di Giovanni Gondola, pubblicato nel 1925,(16) nel quale considera Gundulić poeta croato.(17) Circa la presenza quantitativa di Gundulić nella cultura italiana è necessario sottolineare che questa, nel XIX secolo, è stata più cospicua rispetto al XX, grazie al contributo essenziale degli italiani della Dalmazia. Questo prezioso apporto critico-letterario nel XX secolo prima diminuisce, per poi sparire del tutto.
In margine a questo nostro contributo giova ricordare che verso la fine del XIX secolo agivano in Italia due esponenti dell’area culturale serbo-croata, che contribuirono a diffondere l’immagine di Gundulić nell’ambiente letterario italiano. Uno era il pubblicista croato Ivan Kušar, redattore del giornale »Il Rinnovamento« che si stampava a Gorizia, l’altro il critico letterario serbo Marko Car. Kušar ha pubblicato sul giornale che dirigeva cinque brevi articoli su Gundulić(18) e nel 1894 anche un libro edito a Gorizia e intitolato Impressioni e note sulle feste di Dubrovnik (Ragusa) per lo scoprimento del monumento di Ivan Gundulić (26 giugno 1893).(19) Tutti questi scritti sono mossi della preoccupazione di sottolineare l’appartenenza dell’autore dell’Osman alla tradizione letteraria croata. Marko Car invece, nel saggio Rassegna letteraria dei paesi jugoslavi, pubblicato alcuni anni prima sulla »Rivista Contemporanea« di Firenze, sostiene che »Gundulić e tutta la vecchia letteratura ragusea non deve essere considerata una continuazione o filiazione delle antiche letterature serba e croata, ma come una pianta a sè, germogliata sul terreno proprio«.(20)
Concludendo possiamo affermare che nessun esponente delle letterature slave meridionali aveva suscitato nella cultura italiana della prima metà del XIX secolo tanto interesse e aveva riscosso tanto successo quanto il Gundulić. La chiave di questa affermazione letteraria va — a mio avviso — ricercata nel carattere e nelle particolarità della cultura letteraria italiana, che da sempre era legata alla tradizione classicistica. Come poema storico l’Osman entra vivacemente e costruttivamente nel dibattito che opponeva i classicisti e i romantici, apportando agli uni e agli altri argomenti di riscontro e di analisi. Tanto più utile fu questo episodio in quanto nel nostro Paese il romanticismo non fu altro che un adattamento del classicismo alle nuove condizioni ideologiche. In questa atmosfera, tutt’altro che rivoluzionaria come il romanticismo tedesco, l’Osman si collocò come testo letterario esemplare di questo lento trapassare tra due climi culturali, proprio grazie alla sua ambiguità classicista-romantico e romantico-classicista. L’Osman viene letto con successo in quanto apporta quella giusta dose di estraniazione fantastica, in unità di luoghi geografici lontani, in tempi storici passati e in azioni esotiche imprevedibili.
Il successo dell’Osman nella cultura italiana nella prima metà del XIX secolo è dovuto al fatto che il poema, sia per la forma sia per il contenuto, corrispondeva al gusto estetico-letterario allora dominante in Italia. E aggiungerà a controprova, facendo una piccola digressione, che proprio per le stesse ragioni e nello stesso periodo Vuk Karadžić, per esempio, non riusciva a farsi apprezzare in Italia con le sue raccolte di poesia popolare,(21) mentre in Germania, per motivi opposti, succedeva il contrario: lì Vuk Karadžić si imponeva e Gundulić non riusciva a farsi apprezzare.
Il successo letterario dell’Osman nella cultura italiana del primo Ottocento viene confermato anche dal lato editoriale: alla sopra citata traduzione di Giaxich del 1827 si aggiungerà a distanza di un decennio un’altra, di Marcantonio Vidovich, uscita pure a Ragusa nel 1838.(22) L’Italia letteraria vanta così in relazione al capolavoro di Gundulić un primato invidiabile: l’italiano è la lingua della prima traduzione in assoluto di Osman in una lingua straniera ed è l’unica lingua in cui quest’opera fu tradotta due volte.(23)
Серђо Бонаца
Иван Гундулић у италијанској науци о књижевности
РезимеЦиљ овог рада је да у грубим цртама ослика историјску панораму Гундулићевог уласка у италијанску књижевност и да нагласи неке њене карактеристике.
Гундулићево присуство у италијанској књижевној мисли могуће је посматрати у две фазе. У првој половини XIX века, захваљујући пре свега Апендинију и Томазеу, највеће интересовање показивано је за Османа, Гундулићево ремек-дело. Питање које се сматрало најважнијим – да ли је дело класично или романтично, било је садржано већ и у номиналној равни, будући да је Осман у том периоду наизменично одређиван и као „епска поема“ и као „велика илирска ода“. У другој фази, која почиње крајем XIX века и траје оквирно до данашњих дана, занимање се преноси на Гундулића као песника и на његову личност. Стога се најчешће расправља о питању његове књижевне припадности, при чему се равноправно третирају чак четири опције: хрватска, српска, српскохрватска и дубровачка.
У сваком случају, Осман је у Италији имао изузетно великог успеха. Први страни језик на који је ово дело преведено био је италијански, и опет је италијански био једини језик на који је Осман преведен чак два пута (1838. и 1865).
- Versione libera dell’Osmanide, poema illirico di Giovanni Fr.co Gondola, patrizio di Ragusa, colla di lui vita scritta dal p. Francesco Maria Appendini, Ragusa 1827.
- Anche l’editore di entrambe le edizioni dell’Osman, quella in lingua originale e quella della traduzione italiana, era un Italiano: Antonio Martecchini, un veneziano trasferitosi a Ragusa / Dubrovnik. Quest’operazione letteraria non era concepita dal Martecchini come un qualsiasi fatto editoriale, bensì come un avvenimento culturale (Cfr. la sua prefazione alla edizione italiana: »Editore d’un’opera affatto nuova per l’Italia, e figlio anch’io di Venezia crederei di mancare ad uno dei più sacri miei doveri, se non la mettessi sotto la protezione dei più qualificati ed illustri soggetti in letteratura della mia patria, onde essere così certo di poter sperare a ragione per lei tutto il favore possibile, e compatimento per me stesso.«) e mentre era ancora in corso di stampa l’Osman in lingua originale, già fece stampare in lingua italiana il seguente manifesto: »ANTONIO MARTECCHINI, STAMPATORE A RAGUSA. AGLI AMATORI DELLA BELLA LETTERATURA
È nota da gran tempo agli Eruditi l’esistenza dell’Illirico Poema l’Osmanide composto dal celebre Gio. Francesco Gondola Patrizio Raguseo nel principio del secolo 1600.
Tale Poema, che ha per soggetto le glorie del Principe Vladislavo figlio di Sigismondo Re di Polonia, e le sventure del valoroso Osmano Gran Signore degli Ottomani, rimase inedito da oltre due secoli. Io ne intrapresi la stampa; e nell’atto di dare alla luce il secondo Tomo per le Regioni, ove si parla tale lingua, ho la compiacenza di annunziare ai letterati d’Italia, che al più tardi nel venturo Marzo 1827 sortirà dalla mia tipografia la Versione libera in versi sciolti del detto Poema.
Un amatore della letteratura nazionale eseguì per suo diporto tale lavoro, di cui fu inserito qualche saggio nel Giornale letterario di Treviso degli anni 1823, e 1824; ed alcuni suoi stimabili amici lo indussero a permettermi di dare alla luce la detta Versione.
Siccome il celebre Gondola era molto versato nella conoscenza dei clasici, nonchè nella letteratura Patria, ed Orientale, hanno un carattere veramente originale, le bellezze descrittive, drammatiche, patetiche, e liriche del detto Poema, e potranno piacere tanto agli amanti del gusto Classico, che del Romantico.
Mentre si stampa a Ragusa il Poema, che celebra le gesta di Osmano immolato dai Gianizzeri che voleva riformare, per una singolare combinazione, si son rinvenute le di lui spoglie nel Palazzo dei Sultani.
Tutta la Versione senza il testo Illirico sarà contenuta in un solo volume del sesto, carta e caratteri del presente manifesto.
Le Associazioni si riceveranno appresso l’Editore e dai principali Librai della Dalmazia, Fiume, Trieste e Venezia; il prezzo del detto volume sarà di lire 3. Austriache legato alla Rustica.
Le spese di porto saranno a carico dei Signori Associati.
Ragusa li 25 Novembre 1826«
Questo manifesto venne prontamente registrato e diffuso dal periodico »Giornale sulle scienze e lettere delle provincie venete« che nel vol. XII (1827) a p. 191 segnala: »Antonio Martecchini stampatore a Ragusa annunzia la pubblicazione del poema l’Osmanide composto in lingua illirica dal celebre Gio. Francesco Gondola, ora tradotto in versi sciolti italiani. Di questa versione ne fu già pubbliciato un saggio nel nostro giornale alla facc. 81, e 184 del vol. VI. Il poema ha per soggetto la gloria del principe Ladislavo figlio di Sigismondo re di Polonia; e le sventure d’Osmano gransignore degli Ottomani. Le bellezze descrittive, drammatiche, patetiche e liriche di questo poema hanno un carattere veramente originale, e si da piacere agli amatori del gusto classico, e a que’ del romantico.
La versione, senza il testo illirico, sarà contenuta in un volume, e si darà al prezzo di tre lire austriache. Le associazioni si ricevono da’ principali librai della Dalmazia, Fiume, Trieste, e Venezia, ec.« - Urbano Lampredi, Versione libera (in italiano) dell’Osmanide, Poema Illirico di Gio. Fr. Gondola patrizio di Ragusa. Ragusa, per Antonio Martecchini 1827, in »Antologia«, VoI. 26, aprile-maggio-giugno 1827. pp. 85-91.
- Ibid., p. 87.
- Niccolò Tommaseo, Versione libera dell’Osmanide. Poema illirico di Gio. Francesco Gondola, patrizio di Ragusa. Colla vita di lui scritta da p. Francesco Maria Appendini, delle Scuole Pie, in »Nuovo Ricoglitore« 3 / 2 (1827) 571-575.
- »L’ottimo Appendini poteva per altro risparmiare ai moderni Romantici quell’epiteto d’eslegi, che non dee parere il più proprio del mondo a chi conosce i Romanticisti d’Italia; e non vuoi giudicare d’un’opinione dell’abuso che ne fa qualche inetto« (Ibid., p. 572).
Il generoso impegno letterario di Tommaseo nei riguardi del capolavoro gundulićiano dimostra l’alto grado di senso di responsabilità culturale e l’ammirevole equilibrio ideologico del grande letterato italiano. In quanto acceso sostenitore di idee romantiche, egli ovviamente non poteva individuare nell’Osman il suo ideale poetico. Ma ciò non gli impediva di mettere il Suo prestigio letterario a servizio di un’opera che riteneva valida e interessante. A riprova della autentica gerarchia di valori estetico-letterari del Tommaseo, faccio notare la complessità del giudizio pur nella sinteticità di una voce enciclopedica. Nel Dizionario d’estetica II, Milano 1860, p. 145, presentando la voce »Niccolò Giaxich«, così articola: »Delle lettere amico, tradusse o piuttosto compendiò in istile inornato l’Osmanide, a taluni de’Canti slavi, ben più nobile poesia«. - Pier Alessandro Paravia, Versione libera dell’Osmanide poema illirico di Giovanni Francesco Gondola Patrizio di Ragusa colla di lui vita scritta dal padre Francesco Maria Appendini delle Scuole pie, in »Giornale sulle scienze e lettere delle provincie venete« Vol. XIV (1829), p. 22.
- »Sul quaderno di gennajo dell’anno p. p., ragionando dell’Osmanide del Gondola, abbiamo detto che il merito di averci conservato quel poema nel suo originale illirico attribuir si dovea a Gian Luca Volanti, il quale però non ebbe la soddisfazione di vederlo prima della sua morte pubblicato. Ora da questa lettera del p. Marcovich apparisce, che il Volanti avea bensì fatta una copia dell’Osmanide, ma che l’averla corretta e ridotta alla sua vera lezione, ed arricchita di prefazione, di note, ecc., qual fu stampata negli anni andati a Ragusa, fu tutta opera del suddetto p. Marcovich, il quale non sappiam dire perchè dal ch. p. Appendini non sia stato per tante sue benemerenze ricordato nella vita del Gondola in compagnia del Volanti. In questa lettera il p. Marcovich emenda altrsì alcune inesattezze sfuggite alla diligenza del p. Appendini nella suddetta vita del Gondola, com’è quella di porre la sua morte nell’a. 1655, quando morì nel 1638; la qual cosa fu da noi pure notata nel detto quaderno di gennajo a f. 9.
Questo libretto si chiude con alcuni elegantissimi epigrammi latini ed uno illirico in onore del p. Marcovich, i quali sempre più dimostrano, che senza le cure di lui l’Osmanide illirica nell’ora che scriviamo non avrebbe ancor veduto la luce« ([Pier Alessandro Paravia], Lettera del p. lettore Ambrogio Marcovich min. oss. sull’Osmanide di Gianfrancesco Gondola, ecc, in »Giornale sulle scienze e lettere delle provincie venete« Vol. XVI (1829), p. 37). - Versione libera dell’Osmanide, poema illirico di Giovanni Fr. Gondola, patrizio di Ragusa — colla di lui vita, scritta dal Padre Francesco Maria Appendini, delle scuole Pie, in »Osservatore Triestino« Nr. 153, sabato, 24 maggio 1828, p. 612.
- Sull’Osmanide, poema illirico di Gio. Francesco Gondola patrizio di Ragusa, tradotto in versi italiani. Lettera ad un Amico, in »Nuovo Ricoglitore« 4 (1828) 374.
- »E questi tratti ne’quali alcune volte brilla una indubbia sublimità, fecero a taluni riguardare tutto il poema come una gran ode lirica, od un inno pindarico in onore di Sigismondo di Polonia: ma per quanto possa parere strana una tal idea non lo è meno l’altra di quelli che vi vollero trovar tutte le regole che Aristotele avea date all’epopea« (Orsatto Pozza, Giovanni Gundulich, in »La Favilla«, Anno 8, 15 ottobre 1843, p. 300).
- Questo risulta già dai titoli degli articoli e dei saggi citati, i quali, tranne l’ultimo, quello del Pozza, fanno tutti esplicito riferimento all’Osman. Soltanto il Pozza, intitolando il suo saggio Giovanni Gundulich diverge dagli altri, anche se poi nel suo articolo parla in effetti soltanto dell’Osman e non del suo autore. Nel già citato libro Notizie istorico-critiche di Appendini, un capitolo è intitolato Dell’Osmanide e d’alcuni altri poemi slavi, mentre Gundulić non viene mai menzionato nel titolo di un capitolo. Addiritura nell’altro scritto di Appendini citato, che è anche la prima biografia del grande raguseo, l’Osman appare nel titolo: Memorie sulla vita e sugli scritti di Gianfrancesco Gondola patrizio raguseo Autore del Poema Illirico intitolato L ‘Osmanide.
- Domenico Ciampoli, Le letterature slave I (Bulgari-Serbocroati-Yugo Russi), Milano 1889, p. 98.
- Arturo Cronia, Storia della letteratura serbo-croata, Milano 1956, p. 83.
- Bruno Meriggi, Le letterature della Jugoslavia, Firenze-Milano 1970, p. 45.
- Arturo Cronia, L’influenza della »Gerusalemme Liberata« del Tasso sull’Osman di G. F. Gondola, in »L’Europa Orientale«. Anno 5, Nr. 2, febbraio 1925, pp. 81-119.
- Nella sua qualità di docente di Lingua e Letteratura Serbo-croata all’Università di Padova, il Cronia ha assegnato temi gundulićiani ad alcune tesi di laurea: M. Naffi, La »Dubravka« del Gondola e l’»Aminta« del Tasso (1941); I. Vitrani, L’»Armida« e la »Dijana« di Giovanni Gondola (1942): R. Luppi. Le Pjesni pokorne di Giovanni Francesco Gondola (1944); L. Tretti. L’»Arianna« di O. Rinuccini nella versione croata di Giovanni Francesco Gondola (1945); L. Belci, Le »Suze sina razmetnoga« di G. F. G. (1945); S. Baradel, L’»Amante timido« di G. F. G. (1946): E. Assirelli. »Prozerpina ugrabljena« di G. F. G. (1947); L. Montalbano, La »Dubravka« del Gondola e il »Pastor fido« del Guarini (1949): A. Truzzi. La poesia celebrativa di I. Gundulić (1949).
- Ivan Kušar, Il monumento del poeta croato Gundulić, opera dello scultore croato Ivan Rendić, in »Il Rinnovamento« Nr. 42, 8 marzo 1894, p. 4; A proposito del monumento Gundulić, Ibid., Nr. 56, 14 giugno 1893, p. 3; Ivan Gundulić e la letteratura ragusea, Ibid., Nr. 57, 20 giugno 1893, pp. 2-3: Le festività dell’immortale Gundulić a Dubrovnik (Ragusa), Ibid., Nr. 58, 28 giugno 1893, p. 3; La questione del nome di Gundulić, Ibid., Nr. 63, 2 agosto 1893, p. 4.
- Il libro di Kušar, privo di pregi critico-letterari (e del resto l’autore non perseguiva tali intenti), appare estremamente interessante dal punto di vista folcloristico e documentaristico, avendo l’autore partecipato alle celebrazioni dell’inaugurazione del monumento a Ivan Gundulić in qualità di corrispondente del suo giornale. Come tale questo libro è e rimarrà una fonte importante e interessante del peculiare clima culturale interetnico nel territorio jugoslavo ancor prima della creazione di uno Stato autonomo.
- Marko Car, Rassegna letteraria dei paesi jugoslavi, in »Rivista Contemporanea« 1 (1888) 2. p. 596.
- Cf. Sergio Bonazza, Recepcija Vuka S. Karadžića u Italiji, in »Naučni sastanak slavista u Vukove dane« 17 (1987) 485-500.
- L’ Osmanide, poema epico di Gian Francesco Gondola di Ragusa. Dall’illirico in italiano tradotta per Marcantonio Vidovich, Ragusa 1838.
- E anche per la versione dell’opera in altre lingue, come il latino e il francese, il merito va attribuito a dalmati di cultura italiana: Joannis Francisci Gondulae Patricii Ragusini Osmanides a Blasio e Baronibus Ghetaldi eius conterraneo latinis versibus expressa, Venetiis 1865; Osman, poème illyrien en 20 chants (due canti), tradotto da A. Sorgo, in »Revue du Nord« 8, 1838.
Sergio Bonazza, Ivan Gundulić nella scienza letteraria italiana, Glas CCCLXXIX Srpske akadamenije nauka i umetnosti. Odeljenje jezika i književnosti, knj. 15 – 1996, pp. 115-126.
Датум последње измене: 2008-07-08 13:14:43