Pico Floridi
Natasha Radojcic: La ragazza tutta droga e sexy shop dai Balcani a New York
Articolo da "La Repubblica" 15 febbraio del 2005
"Ora scrivo in inglese, ma il mio primo libro è stato tradotto anche in serbo: una strana esperienza di ritorno a casa"
Nel mio terzo libro racconto un luogo immaginario dove tutto è finalmente perfetto
Sasa ha un´ansia di vita e una curiosità precoci che le procurano violenze e stupri
Nel mio romanzo quasi tutto è autobiografico per questo ho avuto qualche esitazione
Aprire una finestra ad Est, entrare in contatto con la scrittura e le arti di un mondo in piena trasformazione e in veloce transizione verso l´Europa: questo è A Est, un progetto a cura di Roberta Carlotto che si svolge in vari luoghi della città di Napoli fino al 1 marzo. Goffredo Fofi cura una serie di incontri al Teatro Mercadante dei quali la protagonista ieri è stata Natasha Radojcic. Ha parlato del modo in cui grandi autori dell´Est, da Bulgakov a Brodskij a Kis a Milosz, siano riusciti a vivere e sopravvivere dentro o fuori la follia del regime senza perdere la capacità di scrivere. Della scrittrice serba è recentemente uscito in Italia in anteprima mondiale da Adelphi il secondo romanzo Domicilio sconosciuto (pagg. 185, euro 14.00). L´autrice di Ritorno a casa, premio Grinzane Cavour, scrive un romanzo autobiografico in cui racconta la sua drammatica adolescenza fra i Balcani e New York. La madre, di famiglia bosniaca musulmana e comunista, si separa presto dal marito serbo e alleva l´unica figlia da sola. Sasa, è una bambina la cui ansia di vita e curiosità precoci riescono solo a procurarle violenze, stupri e continui spostamenti fra parenti che non vogliono saperne di lei.
La discesa all´inferno si compie a New York dove la ragazza che ha sempre saputo istintivamente come eccitare gli uomini si smarrisce fra droga e sexy shop, senza mai tuttavia perdere la carica di umanità e la voglia di vivere che fanno presagire il ritorno alla luce. La Radojcic, di cui la Random House si appresta a pubblicare entrambi i romanzi, scrive in inglese dopo essersi laureata alla Columbia University.
Quanto c´è di autobiografico nel libro?
«Quasi tutto. C´è dentro tutta mia famiglia. Per questa ragione ho esitato, ma è stato catartico. Gli uomini di cui mi innamoro sono in realtà uno solo, dal quale mi sono separata. Non ero una buona moglie. Amavo mio marito, ma mi ero sposata per ragionevolezza e non ero felice. La vita in comune non mi lasciava lavorare abbastanza, non riuscivo a farmi assorbire dai miei doveri di buona moglie».
Lei è arrivata in America come la sua protagonista?
«Sì, dovevo andare all´università, ma sono scappata dopo pochi giorni. Mia madre era morta e mio padre non si occupava di me. Ho scritto una storia e ho vinto una borsa di studio. Scrivevo in serbo allora. Mi ci sono volute lunghe, eterne ore di studio, sintassi, verbi, per ristrutturare la mia mente e capire come si racconta una storia in inglese. E´ una lingua di azioni, solo di azioni, così diversa dal serbo dove tutto è nomi e idee. Avrei voluto essere un poeta, cerco di mettere della poesia nel mio linguaggio, quindi non sono prolissa, ripulisco molto le mie frasi prima di giudicarle accettabili. Ritorno a casa è stato poi tradotto in serbo. E´ stato affascinante e allo stesso tempo molto sorprendente vedere il mio lavoro trasformarsi in una lingua che conoscevo bene. Ho lavorato con la traduttrice, poi mio padre che insegna lettere, ha fatto l´ultima rilettura».
E´ in buoni rapporti con suo padre?
«Adesso sì, ma mi ci sono voluti vent´anni. Ho lottato, ho insistito, credo di avergli insegnato ad amare».
Chi sono i suoi maestri?
«Amo Tennyson, la sua poesia è pura maestria. E Joyce. Ho cominciato a leggere Ulisse e non lo capivo. Allora ho comprato la versione audio, leggevo e ascoltavo insieme, è stato ottimo per la lingua. Ma più migliora l´inglese più perdo il serbo-croato. Ho avuto successo solo perché ho scritto in inglese e abito New York. Non sarebbe potuto accadere altrove. Conosco tanti scrittori serbi di cui nessuno sa nulla e che sono bravissimi. Il mercato americano è impenetrabile dall´esterno».
Quando ha capito che la sua poteva essere una vita dedicata alla scrittura?
«Non penso ancora a me stessa come a una scrittrice di successo, continuo a insegnare ginnastica. Credo che l´umiltà sia il primo requisito del valore. Steinbeck è il mio autore preferito. Ho letto le lettere ai suoi fan, lui sembra davvero gentile e indulgente, cerca sempre di dare risalto alla grandezza dell´animo umano. Nel mio terzo libro ho preso in prestito la struttura di Cannery Row (Vicolo Cannery). Racconto un luogo immaginario dove tutto è perfetto e tutti sono buoni. Ritorno a casa è solo disperazione e morte, mi ha fatto ottenere lo status di scrittrice perché era un libro difficile. Ora posso dimostrare al mondo che la vita può anche essere bella. Ribaltando Ritorno a casa viene fuori questo libro che si chiama Dreaming Tennessippiana. E´ finito. Anche questa volta Adelphi sarà il primo editore a pubblicarlo, fra un anno circa. Il titolo mette insieme un po´ di Tennessee, un po´ di Mississippi e un po´ di Louisiana».
Perché scrive?
«Una delle ultime cose che Huxley ha detto è stato: "Dopo tutti questi libri mi è rimasta una sola cosa da dire: "Siate un pochino più gentili gli uni con gli altri". Proviamo a immaginare. Potremmo svegliarci domattina e non avere più la guerra, se solo volessimo essere ragionevoli. E invece non succede. E´ per questo che scrivo. Non riesco a concepire nulla di più importante».
E il prossimo libro?
«E´ un nuovo romanzo che racconta una storia d´amore con un personaggio tutto italiano. Non so ancora il titolo. Il libro inizia dove si chiude Domicilio sconosciuto. E´ la storia di una ragazza molto giovane che ha disperatamente bisogno d´amore e lo cerca nei luoghi sbagliati. Incontra un uomo molto più grande di lei, un personaggio di grande spessore. Lui è una persona seria, e ha un padre pazzo. Verrò in Italia in autunno per continuare a scriverlo».
Da quando scrive?
«Ho sempre scritto. Diari, diari, diari, furiosamente. E´ un vero bisogno. Mi serve per organizzare i pensieri. Mi piace essere chiara e credo che cambiare lingua sia servito a questo. Ho cominciato a usare l´inglese per scrivere a 29 anni, prima facevo sport. C´era la guerra e tutta la mia famiglia era in pericolo. E il conflitto è diventato una buona ragione per tirare fuori la guerra che era in me e nella mia natura focosa e testarda. Le bombe Nato mi hanno fatto scrivere il mio primo romanzo. Stavo telefonando a mio padre e ho sentito le bombe. Ho sentito il rumore delle bombe al telefono. E io ero a New York, lontanissima. Era prima dell´11 settembre, in quel momento ho sentito la guerra. Mi sono seduta e ho cominciato a scrivere».
Perché ringrazia Azar Nafisi, l´autrice di Lolita a Teheran, nel suo libro?
«Perché è diventata mia amica è molto protettiva, mi ha aiutata. Mia madre era una studiosa come Azar. Sono cresciuta in una famiglia musulmana e ho capito presto l´importanza delle donne, sono l´ingrediente essenziale per una vita felice!».
Mentire è inevitabile, come per Sasa?
«Mentire e drogarsi è la stessa cosa. E´ una fuga. La gente mente per un sacco di ragioni, dolore paura. Spesso la menzogna assicura la sopravvivenza Nessuno si droga pensando di stare meglio, ma per fuggire da una realtà ancora peggiore».
E´ possibile smettere di mentire?
«E´ possibile smettere. E´ impossibile non rimpiangerlo. Perché ti fa stare così bene. Ma sono così felice di essermene liberata, di non doverlo fare più».
Si è mai sentita sfortunata?
«E´ stata dura venirne fuori. Continuo a chiedermi se il prezzo che ho pagato non sia stato un po´ troppo alto».
Датум последње измене: 2008-07-20 22:06:04