Monica Perotto
Lingua e istruzione nell'Asia Centrale postsovietica
0. Premessa
Anche quest'anno, proclamato in Russia “anno della lingua russa nel mondo” [1] , non poteva mancare l'ennesimo simposio internazionale dal titolo “Konferencija po statusu russkogo jazyka za rubežom”, sulla definizione dei ruoli della lingua russa nel mondo e del suo status giuridico nei vari paesi della CSI. In occasione di quest'incontro ufficiale, che si è tenuto a Mosca il 29 e 30 maggio, il Ministro degli Esteri Lavrov ha commentato i risultati della terza edizione della relazione “Russkij jazyk v mire” (Il russo nel mondo) [2] , in qualità di presidente della commissione di governo per la tutela dei connazionali russi all'estero. Oltre alle autorità di governo, erano presenti anche i rappresentanti delle comunità dei connazionali dell'estero vicino e lontano. I dati raccolti nella relazione risalgono al 2004 e tracciano un quadro non certo confortante per la lingua russa, né all'interno della Federazione russa, dove si registra un abbassamento del livello di competenza nella lingua di stato, né al di fuori dei suoi confini.
Per quanto appaia incredibile dover parlare del russo come di una lingua minoritaria - dopo tutto oggi è la lingua di stato dei 142 milioni di cittadini della Federazione Russa (di cui circa 115 milioni sono russi etnici) e di oltre 30 milioni di russi residenti all'estero - di fatto questa realtà è ormai tangibile nel cosiddetto “estero vicino” (bližnee zarubež'e). Se in epoca sovietica erano 286 milioni i cittadini di varia nazionalità che parlavano russo come prima o seconda lingua, oggi nelle repubbliche della CSI su 140 milioni di abitanti solo 63,6 milioni usano il russo come lingua attiva e circa 38 milioni non la parlano affatto (Aref'ev online, confermato in Russkij jazyk v mire 2005:23).
1. Il quadro sociodemografico, gli equilibri politici e le politiche linguistiche
La lingua russa perde posizione soprattutto nelle aree in cui la presenza dell'etnia russa è numericamente meno rilevante o le politiche repubblicane di ripristino della lingua nazionale e della cultura autoctona sono più decise. Riguardo a quest'ultimo caso la situazione sembra particolarmente critica in due delle repubbliche baltiche, Estonia e Lettonia, dove nonostante la presenza numerica russa sia rilevante (circa il 30% della popolazione) il russo viene riconosciuto solo come lingua straniera e come tale viene studiato 2 ore a settimana nella scuola dell'obbligo.
Il risorgimento delle lingue nazionali ha inizio ancor prima della caduta dell'URSS, nel 1989 (se si fa eccezione per il Caucaso, in cui già nel 1978 Armenia, Georgia e Azerbajgian avevano dichiarato le proprie lingue gosudarstvennye jazyki ) [3]. Successivamente sono state promulgate nuove leggi, per perfezionare le precedenti e riconoscere lo statuto di diritto anche alle lingue minoritarie. Attualmente il bilinguismo di stato è riconosciuto solo in Bielorussia, ma nella maggioranza delle repubbliche il russo viene riconosciuto come lingua di comunicazione interetnica o addirittura lingua straniera (nelle repubbliche baltiche e caucasiche). Nelle repubbliche asiatiche è lingua ufficiale in Kirghizistan e Kazakistan, nelle altre è lingua di comunicazione interetnica (cfr. tab. 1).
Un altro fattore che può determinare una politica linguistica “oscillante” nei confronti del russo è l'andamento dei rapporti politici con Mosca. Da questi ultimi in effetti dipende molto spesso il destino della lingua russa nella programmazione culturale ed educativa locale, come è evidente nel caso dell'Asia Centrale. In quest'area, infatti, il ruolo della Russia come arbitro degli equilibri geopolitici ed economici ha continuato ad imporsi anche dopo il crollo dell'URSS, nel momento in cui Putin ha confermato il suo appoggio ai regimi totalitari locali per fronteggiare fenomeni destabilizzanti quali l'inasprimento dell'estremismo islamico in alcune regioni o il dilagare delle cosiddette “rivoluzioni arancioni”. [4]
Partendo da una prospettiva demografica, secondo i dati forniti dal MID si può rilevare che la presenza russa si avvicina al 30% in Kazakistan, Estonia e Lettonia, al 20% in Ucraina, al 10% in Bielorussia, Kirghizistan, Moldova, è attorno al 6% in Lituania e al 5% in Uzbekistan. I gruppi di etnia russa numericamente più deboli vivono in Turkmenistan (2%), in Tagikistan (0,7 %) e nel Caucaso: in Azerbaigian (1,7%) in Georgia (1,5%) e in Armenia (0,3%) [5]. Nella tab. 1 si potrà vedere il calo progressivo dell'etnia russa nelle repubbliche dell'Asia Centrale dal 1989 al 2004.
Questo calo, più significativo in alcune repubbliche, va soprattutto posto in relazione alle trasformazioni culturali avvenute negli anni ‘90, periodo di fermenti nazionalistici e di grave instabilità politica. In Asia Centrale, fatta eccezione per il Kazakistan, le repubbliche nell'ultimo decennio si sono anche notevolmente impoverite, le condizioni di vita sono drasticamente peggiorate, sono calati i livelli di reddito, è cresciuta la disoccupazione.
In quest'area si assiste oggi ad un vero e proprio “tramonto dell'europeismo”, per usare le parole di Abdullaev. Il valore strumentale dell'identità russo-sovietica era sentito anche dai non russi, che venivano attratti dal processo involontario di “obrusenie” (Abdullaev 2007:15), cioè di omologazione al modello di vita russo inteso come modello di civiltà moderna e occidentale, caratterizzato da valori e standard di vita europei, spirito laico ed elevato livello di istruzione e qualificazione professionale. Il processo di inurbazione non solo dei russi, ma anche delle etnie titolari, che in quest'area sono tradizionalmente di cultura rurale, è un'altra manifestazione dell'influsso esercitato dal modello sovietico nello stile di vita centroasiatico.
Con la caduta dell'URSS tramonta questo modello e le repubbliche asiatiche recuperano il rigore nei confronti delle proprie tradizioni, che può sfociare in tendenze antimoderniste, accompagnate dal risveglio del fervore religioso islamico [6]. L'atmosfera di autoritarismo e conservatorismo che si respira in questi paesi è il motivo principale del disagio culturale vissuto dalla minoranza russa. La discriminazione politica non è legalizzata, è nascosta, latente. (Panfilova 2006)
Dopo il crollo di un'identità “ombrello” come quella sovietica, i cittadini devono costruirsi una nuova identità e questo a volte appare difficile perfino per le etnie titolari, non solo per quella russa. Il Tagikistan, ad esempio, rappresenta un'isola di cultura persiano-iraniana in un'area in cui prevalgono le civiltà turaniche, turcotatare. Bisogna ricordare, infatti, che mentre l'uzbeko, il kazako, il turkmeno e il kirghizo sono parlate di orgine turco-mongolica, il tagiko è una parlata iranica, distinta peraltro dalle lingue di Afganistan e Iran. Dal punto di vista culturale e soprattutto religioso il Tagikistan moderno fatica a riconoscersi nel modello proposto dal vicino Iran, nonostante le radici preislamiche comuni. Per l'odierno Tagikistan il recupero della propria identità è possibile solo attraverso un ritorno al passato. Al modello iraniano sciita, il Tagikistan contrappone infatti quello sunnita della dinastia samanide, la cui civiltà fiorì a Bukhara nel 800-900 d.C. (Beeman, 1999)
Date queste premesse, si può quindi globalmente affermare che nelle repubbliche dell'Asia Centrale il peso della lingua russa è variato negli ultimi anni in rapporto ad alcuni ordini di fattori: politico-ideologici, sociodemografici e più in senso lato linguistico - culturali.
Nel primo caso le politiche nazionalistiche hanno causato un ribaltamento del potenziale ideologico della lingua russa, rimossa dalle sedi del potere, perché simbolo dell'ideologia sovietica ed emarginata dalle politiche di etnocratismo linguistico. Le varie leggi sulle lingue nazionali dette “titolari” ( titul'nye jazyki ), emanate nel biennio 1989-90, hanno portato, come si è detto, a rivalutare le lingue nazionali e a declassare il russo a lingua di comunicazione interetnica, in rari casi lingua ufficiale.
Negli anni '90, travolto dal fervore nazionalistico repubblicano, il russo ha perso certamente l'egemonia di cui godeva in epoca sovietica, ma ha comunque cercato ad imporsi senza vincoli ideologici sul piano pragmatico nell'uso quotidiano della lingua, come unica lingua franca all'interno della comunità centroasiatica, multietnica e multilingue, come lingua di lavoro negli incontri internazionali e come lingua che garantisce un'istruzione di alto livello, grazie soprattutto al prestigio della sua cultura, che costituisce un'indubbia acquisizione storica a cui non solo i russi etnici fanno riferimento. Non è raro, infatti, il riconoscimento del russo come madrelingua da parte di altre minoranze etniche dell'area. Il contingente migratorio russofono comprende in effetti solo in parte l'etnia russa.
Sotto il profilo demografico il peso della lingua russa è indubbiamente legato alla presenza numerica dei russi etnici, al ruolo che essi ricoprono nella sfera industriale e produttiva, nonché alle dinamiche del fenomeno migratorio. L'etnia russa nelle repubbliche dell'Asia Centrale si presenta in maniera disgregata, pur stanziandosi prevalentemente nelle zone urbane. Nella maggior parte dei casi non si tratta di una vera comunità russa, compatta e decisa a difendere i suoi interessi, ma di gruppi familiari spesso piuttosto isolati, che difficilmente si integrano nel tessuto sociale del paese per motivi di estraneità culturale e religiosa (Abdullaev 2007). Il disagio è anche fisico, geografico, se si considera che in alcune repubbliche (ad es. in Uzbekistan) la toponomastica è mutata rapidamente soprattutto nelle città, all'indomani dell'applicazione delle leggi linguistiche.
L'unico paese centroasiatico in cui, forti di una presenza più numerosa, i russi hanno creato movimenti sociali e associazioni per tutelare la propria posizione è il Kazakistan (il movimento più attivo fra questi è il “Lad”, Panfilova 2006). A fine aprile si è tenuta in questa repubblica la seconda conferenza delle associazione russe, in cui è emerso che per molti russi una vera e propria ancora di salvezza è il cosiddetto “Programma Regionale di Rimpatrio” (Regional'naja Programma Pereselenija), promosso da Putin per sostenere il rimpatrio dei connazionali residenti all'estero, entrato in vigore il 1 gennaio 2007 (Decreto Presidenziale 637 del 22 giugno 2006). [7]
In conseguenza alla “pereorientacija” delle politiche locali verso l'economia di mercato, i russi impiegati in alcuni settori, quali la sanità, l'istruzione e la cultura in genere, hanno avuto difficoltà a trovare una nuova collocazione. Le prime vittime sono state le donne, per tradizione impiegate nei settori sopracitati. Come afferma Valerij Tiškov, Direttore dell'Istituto di Etnologia e Antropologia dell'Accademia Russa delle Scienze, la maggioranza dei russi si è trovata ad un bivio: cambiare lavoro o cambiare paese. (Tiškov online)
Tornando all'isolamento della comunità russa, bisogna tuttavia riconoscere che esso caratterizzava già in epoca sovietica le elite russe nazionali e rappresentava un freno allo sviluppo del bilinguismo russo-lingua nazionale (Ln), requisito ormai indispensabile per trovare un'occupazione di un certo rilievo. In epoca sovietica si parlava di odnostoronnee dvujazyčie , intendendo in sostanza il bilinguismo unilaterale Ln-russo con diglossia (il russo varietà alta e la Ln varietà bassa), mentre oggi si sta sempre più sviluppando un bilinguismo di tipo bilaterale senza diglossia. In un sondaggio svolto in Kirghizistan nel 1992 dall'Istituto di Etnologia e Antropologia, alla domanda, rivolta a parlanti russi e kirghisi adulti, <<che consiglio dareste per il loro futuro ai giovani russi residenti in Kirghizistan?>> il maggior numero dei russi (31%) ha risposto che consiglierebbe loro di imparare bene la lingua kirghisa, mentre il 14% gli direbbe di lasciare il paese. Di contro una percentuale altissima (60%) di kirghisi ha dato la prima risposta, mentre solo il 12% la seconda. (Tiškov online)
Il fenomeno migratorio è quindi legato in buona parte al mutamento delle prospettive occupazionali. Questo fattore si è rivelato negli ultimi decenni davvero determinante: si è registrato infatti un saldo fortemente negativo dell'immigrazione verso i paesi centroasiatici, rispetto all'emigrazione verso la Russia. [8] (cfr. tab.3).
In Kirghizistan nella seconda metà degli anni '90 l'emigrazione di buona parte del personale russo maggiormente qualificato, che ricopriva ruoli dirigenziali in svariati settori produttivi, ha rischiato di causare il tracollo dell'economia del paese. Le autorità nazionali si sono pertanto dovute riorientare verso politiche di accoglienza ed incentivazione della presenza russa, che hanno portato ad un ripristino dell'interesse verso la lingua russa e ad una riqualificazione del suo status giuridico di lingua ufficiale, introdotto nella costituzione kirghisa nel dicembre 2001 (Mečkovskaja 2005:54) [9].
I consistenti flussi migratori, dovuti alle politiche di “vytesnenie”, cioè di emarginazione dei ruoli professionali e degli spazi istituzionali della lingua russa, hanno determinato un calo decisivo della presenza etnica russa in alcuni paesi dell'Asia Centrale (soprattutto in Tagikistan e Turkmenistan), di contro alla crescita demografica pressoché costante che si registra nell'area. In altri paesi la situazione si è dimostrata più stabile, ad esempio, in Kazakistan.
In questo paese al russo non viene riconosciuto dalla costituzione lo status giuridico di lingua ufficiale, come in Kirghizistan, tuttavia se ne autorizza l'uso nell'amministrazione pubblica, quindi la vitalità di questa lingua resta, tutto sommato, piuttosto elevata.
“Bespraven, no vostrebovan”, per usare le parole di Jurij Podporenko (2002).
2. Il russo nell'istruzione
Nonostante il ruolo indiscusso di lingua franca nella vita quotidiana a tutti i livelli e l'importanza che le viene attribuita negli scambi economici e commerciali all'interno di quest'area, in Asia Centrale la lingua russa perde la sua egemonia culturale e giuridica, ma soprattutto perde terreno in maniera tangibile nella sfera dell'istruzione.
Il processo di “dequalificazione” giuridica si ripercuote inevitabilmente sul sistema scolastico, nonostante le misure intraprese dal governo russo per arginare il fenomeno. Se negli anni 1989-1991 nelle repubbliche dell'URSS si contavano circa 20.000 scuole russe, nel biennio 2003-2004 il numero si era ridotto di quasi un terzo: 7536 (Aref'ev, 2006). Il russo sopravvive oggi per lo più nelle scuole miste, con classi multietniche e multilingui.
2.1 Le iniziative istituzionali.
Nel 2002 il governo della FR ha emesso la prima importante ordinanza (Rasporjaženie pravitel'stva N. 1663 del 28.11.2002) [10] che ribadiva l'indirizzo principale della politica del governo a sostegno delle comunità russe nel vicino estero e più in generale nel mondo, prevedendo “una serie di misure atte alla creazione di un meccanismo di interscambio fra il governo russo e la diaspora dei connazionali a difesa degli interessi, dei diritti e delle libertà principali dei cittadini russi residenti all'estero”. In questo documento venivano definite le finalità e le misure economico-finanziarie per l'attuazione di programmi di sostegno alle attività di tipo scolastico, culturale, scientifico ed economico intraprese dalle comunità russe all'estero.
A questa ordinanza ha fatto seguito nel dicembre 2005 l'approvazione da parte del governo russo di un decreto federale finalizzato al potenziamento della lingua russa negli anni 2006-2010 (Federal'naja celevaja programma “Russkij jazyk” 29.12.2005) [11]. Alla redazione del programma hanno collaborato studiosi delle più importanti università del paese (l'MGU, l'università di S. Pietroburgo, l'Accademia delle Scienze, ecc). Il programma, oltre a costituire un sistema di raccolta dati e di monitoraggio della funzionalità del russo, prevede misure dirette a conseguire una maggiore efficienza dell'istruzione in russo, una maggiore diffusione della lingua attraverso vari canali: radiotelevisivi, editoriali e culturali in genere. I costi del programma sono sostenuti dal governo della FR e per il 15% circa dai paesi della CSI, che mettono a disposizione strutture e canali di collegamento.
Per promuovere iniziative legate alla diffusione della lingua e della cultura russa è stata potenziata la rete di uffici di rappresentanza del Roszarubežcentr [12], un ente istituito dal governo russo per mantenere i contatti economico-culturali con i russi all'estero, che prosegue l'attività della già esistente associazione denominata VOKS (Vsesojuznoe obščestvo kul'turnoj svjazi s zagranicej), fondata nel 1925 per far conoscere al mondo la cultura e le tradizioni sovietiche. Niente di nuovo, dunque, bensì un organismo sostanzialmente riciclato nelle sue funzioni.
Le iniziative di livello accademico-istituzionale per la promozione linguistica del russo nella CSI sono molteplici sia nelle repubbliche che nella FR. Periodicamente vengono organizzati convegni internazionali per sensibilizzare l'opinione pubblica e le istituzioni sui problemi dello status giuridico del russo e del suo insegnamento come L2 all'interno della CSI, [13] ma l'iniziativa senza dubbio più significativa è la creazione del Fondo “Russkij Mir”, la cui assemblea costituente si è tenuta il 3 novembre scorso a Mosca alla presenza delle massime autorità politiche e culturali. All'iniziativa è stato dato grande rilievo nella stampa. Il Fondo si pone come obiettivi primari “la diffusione della lingua russa come patrimonio nazionale russo ed importante elemento della cultura russa e mondiale, nonché il supporto dei programmi di istruzione in lingua russa all'estero”. Nel portale del Fondo, oltre ad una ricca informazione sulle attività e le iniziative promosse, viene pubblicata anche una rivista online che focalizza l'attenzione sulle maggiori problematiche attuali legate alla cultura del russo. [14]
Fra le iniziative che coinvolgono lo spazio eurasiatico, la più significativa è il Forum Internazionale sui problemi del funzionamento della lingua russa nelle regioni dell'Asia Centrale [15]. In questi incontri, a scadenza annuale, già da alcuni anni si delinea un quadro senza significativi cambiamenti.
2.2 Gli effetti della politica linguistica
Nell'ambito della language policy le ex repubbliche sovietiche si sono preoccupate in primo luogo di legiferare in difesa delle proprie lingue nazionali e, pur garantendo a parole la tutela delle lingue minoritarie come lingue d'istruzione, hanno drasticamente ridotto le risorse economiche destinate alla promozione dell'istruzione in lingua russa.
La privatizzazione del sistema scolastico è sempre più diffusa anche in Asia centrale e, tenuto conto dei bassi livelli di reddito, caratteristici di queste repubbliche (soprattutto Turkmenistan e Tagikistan) il costo dell'istruzione è elevato e non sostenibile da tutte le famiglie, perciò è il governo russo a dover stanziare i fondi necessari ad incrementare la diffusione di libri di testo più moderni e ad elevare la qualità dell'insegnamento in lingua russa, fornendo un'adeguata qualificazione professionale agli insegnanti locali, spesso poco numerosi e impreparati. Si calcola che negli ultimi 5 anni i finanziamenti del governo russo in questa direzione siano aumentati di 10 volte. Nonostante gli sforzi compiuti, in alcune aree l'obiettivo primario resta la “conservazione” e non lo “sviluppo” dell'istruzione in lingua russa.
In Turkmenistan, dove la popolazione russa residente conta ormai meno di 100.000 unità, solo nella capitale Ašchabad esiste un'unica scuola media esclusivamente russa. Nelle altre scuole di città le classi col russo lingua veicolare sopravvivono a stento, nelle zone rurali il rischio che non vengano attivate per mancanza di risorse è di anno in anno sempre più alto. Per inserire i figli in una classe russa i genitori lamentano a volte di doverli portare a decine di km di distanza [16]. L'accesso alle classi russe è in teoria riservato ai russi etnici, immigrati regolari che possono dimostrare il possesso della cittadinanza russa, mentre le numerose richieste dei non russi non vengono accolte, se non dietro il pagamento di laute “bustarelle”. Col risultato che la tanto agognata istruzione in lingua russa è consentita a pochi fortunati, ma soprattutto a pochi privilegiati.
Purtroppo sono state deluse anche le aspettative riposte nella politica del nuovo presidente Berdymuchammedov, che all'indomani del suo insediamento, nel febbraio di quest'anno, ha firmato una sorta di riforma, un provvedimento volto a migliorare il sistema scolastico del paese. L'istruzione media obbligatoria è stata portata da 9 a 10 anni, in modo da consentire agli studenti turkmeni di veder riconosciuti i propri diplomi anche fuori dal paese. Sono state stanziate nuove risorse e agli insegnanti sono stati aumentati i salari [17] , tuttavia la situazione delle minoranze linguistiche appare immutata. Il russo non sembra riconquistare le posizioni perdute, ma per gli uzbeki, i kazaki e le altre minoranze etniche in Turkmenistan l'istruzione in madrelingua resta un miraggio [18].
Di questo passo i bambini verranno scolarizzati solo in lingua turkmena, precludendosi l'accesso all'istruzione superiore in lingua russa, cosa che sta già avvenendo di fatto in Kazakistan, dove a livello di scuola dell'obbligo prevale ancora globalmente il kazako, mentre nell'istruzione superiore si privilegia la scelta dell'istruzione in russo. Nell'a.acc. 2006/2007 infatti, il 57,9% dei bambini ha studiato in scuole kazake e solo il 38,3% in quelle russe, mentre il 54,9% degli studenti ha scelto un corso universitario in russo e il 43,95% in kazako (Altynbekova, 2007) Si può prevedere che la generazione più giovane crescerà sempre più kazakofona e quindi le richieste di istruzione in lingua russa resteranno appannaggio di pochi, anche se la motivazione “strumentale” alla scelta di questa lingua è molto forte sia fra i kazaki che fra i russi, come testimonia un sondaggio di Sulejmenova condotto nelle scuole medie di Alma Aty nel 2003. [19]
In Kirghizistan, secondo un rapporto del MAPRJAL del 2006 sono solo il 7% le scuole russe nel paese, mentre in quelle kirghize le ore di lingua russa sono dalla 1° all'11° classe 27 in tutto (Derbiševa 2006). La richiesta di istruzione in russo, anche a livello di scuola dell'obbligo, è molto alta, ma a causa della scarsità di fondi le classi attivate sono limitate e frequentatissime (in alcune aree del paese si contano perfino 45 allievi per classe). La professione dell'insegnante è mal retribuita, perciò non rappresenta un interessante sbocco professionale per i giovani russisti. Ne deriva una forte carenza di personale qualificato.
Nell'istruzione universitaria la qualità dell'insegnamento in russo è garantita dai pochi, ma molto qualificati, atenei “misti”, fondati dal Ministero dell'Istruzione della FR sulla base di strutture locali come l'università slava russo-kirghisa di Biškek e quella russo-tagika di Dušambe.
La domanda di istruzione superiore in lingua russa supera decisamente l'offerta, poiché lo strato più colto della popolazione spesso ben comprende il valore di avanzamento professionale garantito dal russo. Le lingue titolari talvolta non sono in grado di garantire un'istruzione superiore in tutte le discipline: mancano gli apparati terminologici tecnico-scientifici in lingua nazionale, la letteratura scientifica è per lo più in russo. In Kirghizistan, specialisti di vari settori stanno “attrezzando” la lingua nazionale di nuove basi terminologiche adatte a rispondere ad un'offerta più avanzata nel campo dell'istruzione universitaria.
In Uzbekistan, nonostante l'intelligencija tenti di recuperare le proprie radici storiche e culturali in Ln, aumenta il numero degli studenti che escono dal paese per accedere all'istruzione superiore in occidente o in Russia, ma anche nei più vicini Kazakistan e Kirghizistan.
Questo fenomeno viene vissuto come l'inevitabile preludio all'emigrazione definitiva (Abdullaev 2007: 24). Del resto, secondo Abdullaev, in Uzbekistan è in atto un processo di “deintellettualizzazione”, l'istruzione superiore non è più sentita come necessaria ai fini di una carriera lavorativa. In un sistema sociale fortemente caratterizzato dal nepotismo e da meccanismi clientelari il prestigio dell'istruzione non è una priorità assoluta. Non è un caso se nel 1990 il 15% dei giovani diplomati si iscriveva all'università, mentre nel 1998 erano solo il 5% (contro il 28% di Russia e Ucraina). Sono soprattutto i russi a richiedere l'accesso all'istruzione superiore, richieste che però vengono soddisfatte solo in parte e causano quella che si potrebbe definire una precoce “fuga di futuri cervelli”.
2.3. I problemi della cultura del linguaggio
Sotto il profilo linguistico-culturale, all'emarginazione della lingua russa non corrisponde un elevamento dei livelli d'uso e di standardizzazione delle lingue nazionali, perciò ne deriva un quadro di deculturazione linguistica globale dell'area.
E' interessante quello che si verifica ad esempio in Uzbekistan nei mass-media: la televisione di stato trasmette per il 70% in lingua uzbeka, i canali internazionali (TV4) per la metà in russo, per la restante parte nelle altre lingue dell'area (tagiko, kazako, kirghizo, ujgurto, ecc.), tuttavia la qualità dei programmi in lingua uzbeka è piuttosto scadente. Il pubblico spesso preferisce i film e gli spettacoli di intrattenimento in lingua russa. I conduttori televisivi talvolta mescolano la lingua di stato ai suoi numerosi dialetti (Abdullaeva, Ikromov, 2002). L'enunciazione mistilingue si sostituisce spesso al bilinguismo.
Il code mixing irrompe anche nella carta stampata: la grammatica e lo stile sono alquanto instabili e talvolta si avverte l'influsso della lingua russa, in testi palesemente tradotti dal russo in lingua nazionale. La professione del giornalista ha perso prestigio e viene mal retribuita, ne deriva la scarsa attenzione prestata al mezzo linguistico e la corrispondente caduta della “kul'tura reči”. I giornalisti stessi lamentano l'invasione del burocratese nella stampa uzbeka e al tempo stesso il decadimento del russo. In Uzbekistan hanno buona diffusione solo 2 importanti testate russe: “Trud” e “Argumenty i fakty” (Russkij jazyk v mire 2005).
Il sociolinguista Belousov alcuni anni fa denunciava il dilagante sviluppo delle interlingue ( promežutočnye jazyki ), lingue miste formate dal contatto con le lingue nazionali, come il suržik in Ucraina e la trasjanka in Bielorussia. La regionalizzazione della norma linguistica è tuttavia un fenomeno prevedibile ed inevitabile: in ogni repubblica esiste una variante diatopica derivata dal contatto del russo con le lingue nazionali o i loro dialetti. «Il luogo principale in cui si può imparare il russo diventa il bazar – afferma Belousov - con la sua grammatica, il lessico e le espressioni figurate, le risorse limitate e stereotipate che possono essere in grado di soddisfare solo i bisogni comunicativi più elementari e primitivi.» (Belousov e altri 2001: 49).
Ha fatto molto discutere di recente la proposta del vice presidente della FR Dmitrij Medved'ev di introdurre uno “standard federale di lingua russa”, che servirebbe a misurare la competenza linguistica non solo dei cittadini russi, ma anche di coloro che aspirano ad entrare in Russia in cerca di lavoro. Già nella primavera di quest'anno, in effetti, alla Duma era stato discusso un progetto di legge che includeva un esame per valutare il livello di conoscenza del russo dei cittadini in entrata nella FR, livello che essendosi abbassato notevolmente negli ultimi anni è sempre più spesso causa di una vera barriera culturale fra russi e non russi, specie negli ambienti lavorativi.
Il processo di decadimento riguarda non solo la cultura del linguaggio, ma in senso più lato la diffusione della cultura e dell'istruzione, il cui accesso per buona parte della popolazione in questi paesi è divenuto un onere costoso.
Un altro strumento di grande diffusione linguistica è il web, in cui la lingua nazionale è presente in misura assai minore rispetto al russo o all'inglese. Anche i siti uzbeki, kazaki e kirghizi sono infatti invasi da anglicismi e americanismi.
2.4. La questione dell'alfabeto
Il processo di ricostruzione dell'identità nazionale ha portato i paesi dell'Asia Centrale ad allontanarsi, come si è detto, dal modello sovietico “occidentalizzato”, rappresentato dalla lingua e dalla cultura russa, per ritornare nell'orbita della cultura orientale, asiatica. Come si è visto, questo processo non è stato semplice, lineare, coerente, come testimonia la riforma del sistema alfabetico introdotta in Uzbekistan e Turkmenistan nel 1993 e in Azerbajgian nel 2001.
Sembra poco accettabile oggi una delle giustificazioni addotte, anche a livello legislativo, per motivare il ritorno all'alfabeto latino in questi paesi, come strumento di un più facile processo di internazionalizzazione [20]. Questa motivazione poteva risultare valida per la prima fase di latinizzazione introdotta dal regime sovietico negli anni '20 [21]. In quell'epoca (1929) anche la Turchia abbandonava l'alfabeto arabo per gli stessi motivi. Il passaggio all'alfabeto latino sia in Turchia che nelle repubbliche centroasiatiche si dimostrò in quella fase assolutamente indolore, poiché si partiva da una situazione di analfabetismo diffuso.
Oggi il contesto appare profondamente mutato. La crisi economica in cui versano generalmente questi paesi rendono estremamente onerosa e di difficile applicazione questa forma di “jazykovoe stroitel'stvo” nei settori scolastico, editoriale ed urbanistico, perciò, nonostante gli entusiasmi iniziali, il processo di conversione appare lento e faticoso. Approvata nel 1993, in Uzbekistan la riforma doveva essere portata a compimento entro il 2000, ma le difficoltà di realizzazione pratica hanno fatto slittare questo termine prima al 2005, poi al 2010. Oltre a ciò, a creare ulteriori complicazioni, nel 1995 è stata introdotta una rettifica della riforma, in cui si imponevano criteri di traslitterazione consonantica su base inglese (le consonanti sibilanti venivano trascritte senza i diacritici, ma con la doppia consonante, cioè la lettera cirillica š si trascriveva sh, e non š). A questo punto pare che la confusione fra le varianti esistenti sia notevole, come succede nella stampa italiana in caso di trascrizione di nomi russi.
Secondo alcuni sociolinguisti russi (Baskakov, Nasyrova, Davlatnazarov 1995:111), sembrano deboli gli argomenti di natura linguistica a sostegno dell'ipotesi di un vantaggio del passaggio al latino, appare più probabile invece che questa scelta esprima una volontà politica e culturale: quella di allinearsi con gli altri paesi turchi dell'area, per ricreare l'unità culturale dello storico Turkestan. Già negli anni ‘20 il linguista E. Polivanov (citato in Vydrin online) rifletteva sul significato marcatamente politico delle “rivoluzioni grafiche”.
Nel caso dell'Uzbekistan si può forse ipotizzare che la smania di liberarsi dalla grafia russa per tornare alla propria grafia “autoctona” (che peraltro non sarebbe di certo quella latina) [22] si sia in un certo senso affievolita dopo il 2005, in seguito ai fatti di Andigian (cfr. nota 4), che hanno visto un riavvicinamento dell'Uzbekistan alla Russia, mentre, al contrario, i rapporti con la Turchia si sono notevolmente raffreddati, come dimostra l'assenza di Karimov all'ultimo summit dei capi di stato dei paesi turcofoni nel novembre 2006 (Šarifov online).
La posizione del cirillico resta invece piuttosto salda, non senza dispute e polemiche, in Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan.
Conclusioni
Col passare degli anni dal crollo dell'URSS i cittadini russi residenti nelle repubbliche sentono sempre più il bisogno di far sentire la propria voce e di tutelare la propria posizione di minoranza esposta a politiche nazionali sfavorevoli. Le iniziative dei vari organi istituzionali, che operano a sostegno dei sootečestvenniki , pur tentando di dare risonanza alla “questione russa”, non sembrano però esercitare un ruolo decisivo a livello di language policy o language planning all'interno delle repubbliche. Sempre più spesso oggi sono i russi ad adattarsi ai nuovi contesti culturali, ad imparare le lingue titolari per acquisire una migliore posizione sociale.
La situazione in Asia Centrale si presenta perciò negli ultimi anni piuttosto fluida, più favorevole in Kazakistan e Kirghizistan, meno confortante in Uzbekistan, preoccupante in Tagikistan e Turkmenistan Il quadro complessivo, pur con alcune oscillazioni, dovute ad instabili equilibri e a mutevoli alleanze politiche, sembra mantenere stabilmente il prestigio del russo, il suo ruolo indiscusso di lingua franca nella comunicazione interetnica e di lingua di lavoro proiettata verso una dimensione esterna internazionale, tuttavia il forte disagio culturale ed occupazionale dei russi in alcune regioni ha causato un aumento dei flussi migratori in uscita verso la Russia. Ne consegue che il calo numerico dell'etnia russa nell'area, accompagnato alla crescita demografia delle etnie titolari, impedisce alla comunità russa di compattarsi e mobilitarsi per rivendicare iniziative più favorevoli nei propri confronti.
Le politiche linguistiche repubblicane hanno portato al declassamento giuridico del russo e alla riduzione della sua presenza come lingua veicolare nell'istruzione a tutti i livelli, anche se, sotto il profilo educativo, il valore dell'istruzione in questa lingua resta indiscusso. Non a caso, pur sentendo il bisogno di rivalutare le proprie lingue nazionali, i cittadini delle repubbliche centroasiatiche spesso scelgono il russo come valido strumento di avanzamento culturale. Purtroppo i governi locali destinano risorse spesso molto scarse al settore dell'istruzione, per cui eventuali iniziative di promozione della lingua russa, qualificazione professionale dei quadri docenti e distribuzione di materiali di migliore qualità spettano unicamente al governo russo.
Nella difficoltà di fare previsioni si può solo auspicare che le politiche linguistiche siano sempre più improntate alla tolleranza, al rispetto della convivenza multietnica ed al rafforzamento delle condizioni per lo sviluppo di un bilinguismo bilaterale come risposta ai bisogni di una società multilingue aperta, il cui unico scopo sia l'elevazione degli standard di vita e di cultura.
Tabella 1. Il russo e l'istruzione (R-russo)
Paese | Kazakistan | Kirghizistan | Tagikistan | Turkmenistan | Uzbekistan |
Russi etnici,
% della popolazione |
40 (1989)
27 (2003) 25,8 (2004) |
21,5 (1989)
12,7 (2003) 9,0 (2004) |
7,8 (1989)
0,9 (2003) 0,7 (2004) |
9,5 (1989)
7 (1995) 2 (2004) |
8,4 (1989)
4,1 (2003) 4,0 (2004) |
Leggi sulle Ln e rettifiche | 1989, 1997
2004 |
1989
2004 |
1989 | 1990 | 1989, 1995
2004 |
Status giuridico del R |
Ufficiale di fatto |
Ufficiale di diritto |
Lingua di comunicazione interetnica | Lingua di comunicazione interetnica | Lingua di comunicazione interetnica |
R - istruzione media |
Obbligatoria dalla 1 cl. |
Obbligatoria dalla 1 cl., 3-5 ore a settimana |
Obbligatoria dalla 1 cl., ma le classi sono poche | Obbligatoria dalla 1 cl., 1 ora a settimana |
Obbligatoria dalla 1 cl., 2 ore a settimana |
N. delle scuole russe + miste |
2122+2069 |
148 + 361, scuole molto frequentate (classi di 45 bambini) | 1 scuola russa + circa 100 sc. miste |
1 scuola russa ad Ašchabad + 24 sc. miste |
200 (erano 1300 in ep. sovietica) |
N. degli studenti | 181.000 | Circa 10.000 | 28.200 + 4000 PTU | 0 | 33.000 (20% degli studenti del paese) |
R - istruzione superiore |
Molto diffusa, 180 VUZ in russo + 5 univ. miste | Diffusa
8 VUZ + 6 univ. miste |
26 VUZ +3 univ. miste + 49 PTU | 0 | il russo è obbligatorio in 63 + 5 univ. miste |
Fonti: Pozdnjakov A., Leonov A., Novye Izvestija 6.12.2006 http://www.newizv.ru
Abdullaev E., Russkij mir v Central'noj Azii , vyp.1, Biškek 2007
MID RF Doklad Russkij jazyk v mire 2003, online:
http://www.learning- russian.gramota.ru/book/mid/ rulang2003.html
Russkij jazyk v mire: sovremennoe sostojanie i tendencii rasprostranenija , vyp. 3 M. 2005
Tabella 2. Conoscenza della lingua russa nei paesi dell'Asia Centrale (anno 2004)
|
Fonte : Russkij jazyk v mire: sovremennoe sostojanie i tendencii rasprostranenija , vyp. 3 M. 2005
Tabella 3. Dinamiche dei flussi migratori della popolazione russa
|
Fonti: Itogi Vsesojuznoj perepisi naselenija. 1970 god." T. 4. M, 1973. S. 12-15; "Naselenie Rossii. 1994 g.". Otv. redaktor A.G. Višnevskij. M., 1994. S. 135; "Naselenie Rossii. 2001 g.". Otv. redaktor A.G. Višnevskij. M., 2002. S. 141-145; "Russkie. Etnosociologičeskie očerki". Avtor proekta issledovanija i otv. redaktor Ju.V. Arutjunjan. M., 1992. S. 19, 21,46,47; "Naselenie i obščestvo". Informacionnyj bjulleten' Centra demografii i ekologii čeloveka Instituta narodnochozjajstvennogo prognozirovanija RAN. 2002. № 61-62.
- Maggiori dettagli sulle iniziative previste per celebrare il 2007 come anno della lingua russa nel mondo si possono trovare su Russkij jazyk za rubežom , n.3 2007.
- Si tratta di una relazione periodica fornita dal Ministero degli Esteri della FR, di cui si può leggere online l'edizione 2003: http://learning-russian.gramota.ru/book/mid/rulang2003.html I dati da me utilizzati in questa relazione sono quelli dell'ultima edizione ( Russkij jazyk v mire , vyp.3, M. 2005)
- L'elenco completo delle prime leggi uscite nei vari paesi è in Guboglo 1998, Jazyki etničeskoj mobilizacii , pag. 194
- Alle aspirazioni filooccidentali, che hanno caratterizzato la politica uzbeka negli anni '90, è subentrato di recente un atteggiamento di maggiore apertura agli accordi con Mosca. Questo è avvenuto in seguito ai cosiddetti “fatti di Andigian” (la violenta rivolta popolare del 12 maggio 2005 contro il governo di Karimov, soppressa nel sangue). Il 29 agosto 2005 il Parlamento uzbeko ha deciso di chiudere la base americana di Hanabad. L'isolamento politico del paese è servito a Mosca per garantire aiuti sul fronte della sicurezza nazionale, nonchè ripristinare il suo controllo sull'area.
I migliori rapporti con Mosca hanno favorito certamente atteggiamenti più distesi anche nei confronti dei russi residenti nel paese e della loro lingua. - Dati sull'entità della popolazione dei vari paesi della CSI all'inizio del 2007, come riferito dal Comitato Interstatale di Statistica si possono trovare su: http://demoscope.ru/weekly/2007/0283/barom01.php
- Pur non essendo fra gli scopi del presente articolo approfondire questioni politiche, tuttavia è importante sottolineare il ruolo di primo piano svolto dalla religione islamica nella riscoperta dell'identità nazionale nelle repubbliche centroasiatiche: Hanks parla di “reislamizzazione” di alcune repubbliche dell'area, in particolare il fenomeno è più sentito in Uzbekistan e Tagikistan (Hanks 2007, Karagiannis 2006). La cultura islamica, in effetti, era rimasta latente, come sopita, durante il regime sovietico. Nel caso dell'Uzbekistan, la politica di Karimov ha tentato di sopprimere ogni forma di Islam radicale, non ufficiale, nazionalizzando la versione più tollerante e compatibile con il ripristino dell'antica cultura di cui il paese ha ricche testimonianze. In Tagikistan, prima repubblica dell'Asia centrale a rivivere questo risorgimento, sono soprattutto due le correnti emergenti: il partito del Rinascimento islamico (IRP), che ha partecipato ufficialmente alle elezioni e ha ottenuto seggi in parlamento e un'altra forza di Islam radicale, Hizb ut-Tahrir (HUT), che rappresenta le istanze sociali più sentite dal popolo.
- Cfr. Decreto attuativo del Governo della FR (20.10.2006) che ratifica il Decreto Presidenziale del 22.06.2006 n. 637 “Sulle misure a sostegno del libero rimpatrio nella FR dei connazionali residenti all'estero” (O merach po okazaniju sodejstvija dobrovol'nomu pereseleniju v RF sootečestvennikov, proživajuščich za rubežom). Più concretamente, il Ministero delle Finanze della FR stanzia dei fondi di bilancio per erogare sussidi ad una quota prestabilita di soggetti della FR (comunicata all'ufficio Federale per l'Immigrazione), che vengono inseriti in questo programma regionale di rimpatrio. I sussidi variano a seconda della provenienza geografica dell'immigrato.
- Per un maggiore approfondimento delle normative russe sull'immigrazione e delle dinamiche più recenti dei flussi migratori in Asia Centrale si veda in particolare Korobkov 2007
- Le varie fasi della politica linguistica kirghiza, che hanno portato a questo cambiamento di rotta nei confronti dei russi sono ben illustrate in Šipilov 2007.
- Il testo del provvedimento si può trovare sul portale informativo dei “sootečestvenniki” (compatrioti): http://www.russedina.ru/frontend/library/legislation/rlegislation?id=1680
- Federal'naja celevaja programma , online sul sito: http://www.ed.gov.ru/ntp/fp/rus_lang/
- Rusintercenter online: http://www.rusintercenter.ru/?lang=ru
- L'ultimo di questi incontri è stato organizzato dall'Accademia delle Scienze di Mosca il 22-23 ottobre scorso con il titolo “Il russo nei paesi della CSI e del Baltico”.
- Si vedano: www.russkiymir.ru e www.russkiymir.ru/ru/magazine/
- L'ultimo incontro si è tenuto in Kirghizistan a Biškek il 7-9 dicembre 2006. Si vedano in proposito: http://moscow-expert.ru/content/41/index.html , http://www.kyrgyznews.com/news.php?readmore=1239.
- E. Aman, Chronika Turkmenistana , 11.07.2007
- Pervie šagi reformy turkmenskogo obrazovanija : http://www.turkmenistaninfo.ru/?page_id=6&type=article&elem_id=page_6/magazine_53/450&lang_id=ru
- E. Aman, Chronika Turkmenistana , 4.09.2007
- Sulejmenova distingue fra motivazione “strumentale” all'apprendimento della lingua (la lingua si studia per scopi funzionali, professionali, per migliorare la propria posizione sociale), motivazione “all'integrazione” (per comunicare con le altre etnie e integrarsi nella loro cultura) e motivazione “al risultato” (perché l'apprendimento linguistico dà risultati soddisfacenti). Il primo tipo di motivazione ha dato nel sondaggio percentuali più alte (motivazione allo studio del kazako 32,5%, allo studio del russo 35,4%) Sulejmenova 2006:291.
- Nella legge approvata in Uzbekistan nel 1993 “Sull'introduzione dell'alfabeto uzbeko su base latina” viene così spiegata la scelta del governo: <<La presente legge (…) intende creare condizioni positive, che favoriscano il progresso globale della repubblica ed il suo ingresso nel sistema di comunicazione mondiale>> (Šarifof 2007 online)
- Verso la fine degli anni ‘20 gli entusiasmi postrivoluzionari e le aspirazioni internazionalistiche spinsero perfino Lunačarskij ed altri membri del Commissariato per l'Istruzione popolare sovietica ad ipotizzare la latinizzazione dell'alfabeto cirillico in Russia. (Simonato, 2005, Vydrin online)
- A questa affermazione si potrebbe obiettare che il ritorno ad una grafia autoctona per i popoli uzbeki è assai improbabile, perché non di quella latina si tratterebbe, bensì della famosa scrittura ornamentale, l' arabskaja vjaz' . Quest'ipotesi è stata ventilata, ma al momento la sua realizzazione appare piuttosto remota. Se si volesse poi risalire ulteriormente alle origini del popolo uzbeko prima dell'islamizzazione, si dovrebbe far riferimento addirittura a due sistemi grafici: quello runico e quello ujgurico (Vydrin online)
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Monica Perotto, Università di Bologna monica.perotto@unibo.it
Датум последње измене: 2009-03-16 13:21:42